Che si deve pertanto pensare di coloro i quali domandano, che lo Stato incameri i beni della Chiesa? Essi, che si dicono così amanti e gelosi dello Statuto, cominciano i primi con questa domanda a volerne violato un articolo principale, l’art. 29, che letteralmente stabilisce e dichiara - tulle le proprietà, senza verun eccezione, sono inviolabili; - perciò si dimostrano incoerenti a se stessi. Inoltre sono ingiusti verso la Chiesa, iniqui verso il clero, in odio del quale mettono avanti questo progetto; e finalmente sono spietati verso i poveri, che privano di questo aiuto, mentre essi li lasciano languire nella propria miseria, e loro non danno mai un obolo, sprecando il danaro al teatro, nei pranzi, nei giochi, alla bottega di caffè. E se volete di ciò un buon argomento, voi lo trovate nell’esperienza di quasi tutti i giorni. Vedete voi mai, che un povero si volga per soccorso a gente di questa fatta? No certo; ma, e sulle piazze e nelle contrade, se mirano un ecclesiastico, a lui si appigliano, e la ragione di questo diverso procedere del povero cogli uomini dei baffi lisciali e cogli uomini di Chiesa, sta appunto in ciò, che per lo più da questi riceve l’implorata elemosina, da quelli un rabbuffo, od una scrollata di spalle. Non sono dunque essi veramente spietati verso del povero, cui non danno soccorso, e cercano d’impedire, che loro si dia dai sacerdoti che ne sono i padri?

Avete qualche altra cosa da dire a disapprovazione del progetto d’incamerare i beni della Chiesa? Aggiungo, che questo progetto manifesta i suoi autori peggiori degli eretici e dei Turchi: poiché ho letto nei giornali, che la Prussia Luterana e l’imperatore dei Russi hanno dichiarato proprietà inviolabili i beni appartenenti al clero cattolico, e lo stesso Sultano Mahmoud ha proibito ai suoi ufficiali di molestare i Cristiani nella libera amministrazione delle loro chiese, e non volle, che si chiedessero loro i titoli di proprietà dei detti edifici.

Più sopra avete attribuito il desiderio, che i libertini nutrono di vedere i beni della Chiesa incamerati, all’odio ch’essi hanno per il clero; ma donde si ha a ripetere quest’odio? I libertini odiano in realtà il clero, perché alza sempre l’autorevole sua voce contro i loro vizi, si oppone alla corruttela dei costumi promossa da essi, e predicando sempre la soggezione alle legittime autorità, ne contraria i progetti rivoluzionari, che formano nelle tenebrose loro congreghe. Ma se dassi retta alle loro parole, dicono che odiano il clero, perché è avverso allo Statuto, ama che vengano gli Austriaci, e ritornino le cose all’assolutismo; ed in tutto questo, oltreché ben sanno, che mentiscono impudentemente, danno al clero una nera calunnia detestabile. E per verità chi del clero, dove, e quando pronunziò parola, o mosse pure un dito a danno dello Statuto? Se ne conta egli anche un solo, che fosse di ciò convinto e punito? Eppure i clericali di ciò accusati gridarono altamente all’ingiustizia nei fogli, e invitarono e provocarono le prime autorità dello Stato a procedere una volta contro i colpevoli, ed a porre in evidenza il loro torto, ma non ne fu mai niente. Che si vuole di più chiaro a stabilire l’innocenza del clero a questo riguardo?

Non si può per altro negare, che il clero non è soddisfatto dell’andamento delle cose, e ne desidera un altro. Questo è verissimo, ma non ne conseguita, che il clero sia nemico dello Statuto, anzi le innovazioni da lui bramate lo rivelano amico dello Statuto, e niente ostile. Non è una ciancia; è una verità, di cui facilmente vi persuadete, se svolgete per poco i fogli clericali. Quali sono i lamenti, che in essi riscontrate? Questi, non altri: lo Statuto dichiara Religione dello Stato la Religione Cattolica, e quindi induce in tutti i sudditi l’obbligazione di rispettarla; e intanto vi sono giornali infami, che non cessano di farne orribile scempio a danno dei fedeli, e loro non si pone alcun freno. La stampa è libera, ma non può prestarsi a censurare Sovrani, non a diffondere l’immoralità; e intanto il Romano Pontefice doppiamente Sovrano, è perpetuamente svillaneggiato da certi fogli, e non vi si mette alcun riparo; l’immoralità ha un fomite grandissimo in questi fogli; le popolazioni diventano irreligiose, e si corrompono; i delitti crescono a dismisura, e non si pensa a rimediare al male nella sua origine. La stampa è libera, ma non si può con essa creare odio ad un ceto di persone qualunque; e intanto i fogli suddetti non finiscono di versare il disprezzo sul ceto ecclesiastico: dal che ne viene, che il suo ministero non ha più sui popoli tutta la salutare sua influenza con temporale e spirituale loro detrimento; e niuno pensa a fermare un tanto male. Questi sono i lamenti dei clericali; ora sono essi contro lo Statuto, e non anzi a favore del medesimo? Quale appoggio ha ella dunque l’accusa, che contro di loro si muove, di avere in odio lo Statuto, e meditarne la perdizione? Errano totalmente (scrive «affatto»).

Questioni XXIII - XXVI. Dal Catechismo cattolico sulle rivoluzioni, S. Sordi, De Agostini, Torino, 1854. SS n° 7, p. 5