«[San Girolamo] dal deserto della Siria, ove era esposto alle fazioni degli eretici, in questi termini scrive a Papa Damaso, volendo sottoporre alla Santa Sede, perché la risolvesse, la controversia degli Orientali sul mistero della Santissima Trinità: “Ho creduto bene di consultare la Cattedra di Pietro e la fede glorificata dalla parola dell’Apostolo, per chiedere oggi il nutrimento all’anima mia, laddove un tempo ho ricevuto i paramenti di Cristo... Poiché voglio che Egli sia per me unica guida, mi tengo in stretto legame con la Tua Beatitudine, cioè con la Cattedra di Pietro. Io so che su quella pietra è edificata la Chiesa [...] Decidete, ve ne prego; [...]” [Ep. 15, 1.2.4]. [...]. Sempre fedele, nello studio della Scrittura, a tale regola di fede, egli si vale di questo solo argomento per confutare un’interpretazione falsa del Testo sacro: “Ma la Chiesa di Dio non ammette affatto questa opinione” [In Dan. 3, 37], e con queste sole parole rifiuta un libro apocrifo, contro di lui sostenuto dall’eretico Vigilanzio: “Questo libro non l’ho mai letto. Che bisogno dunque abbiamo di ricorrere a ciò che la Chiesa non riconosce?” [Adv. Vigil. 6]. Uno zelo vivissimo nel salvaguardare l’integrità della fede lo trascinava in polemiche molto dibattute contro i figli ribelli della Chiesa, che egli considerava come nemici personali: “Mi basterà rispondere che non ho mai avuto riguardo per gli eretici e che ho impiegato tutto il mio zelo per fare dei nemici della Chiesa i miei personali nemici” [Dial. c. Pelag., Prolog. 2]; e in una lettera a Rufino così scrive: “Vi è un punto sul quale non potrò essere d’accordo con te: risparmiare gli eretici e non mostrarmi cattolico” [Contra Ruf. 3, 43]. Tuttavia, rattristato per la loro defezione, li supplicava di ritornare alla loro Madre addolorata, fonte unica di salvezza [In Mich. 1, 10 ss], e in favore di coloro “che erano usciti dalla Chiesa e avevano abbandonato la dottrina dello Spirito Santo per seguire il proprio criterio”, invocava con tutto il cuore che ritornassero a Dio [In Is. 1.6 cap. 16, 1-5]. Venerabili Fratelli, se fu mai necessario che tutto il clero e tutti i fedeli s’imbevessero dello spirito del Massimo Dottore, questo è soprattutto nella nostra epoca, quando numerosi spiriti insorgono con arroganza contro l’autorità della rivelazione divina e del Magistero della Chiesa. Voi sapete infatti — Leone XIII già ci aveva ammonito — “quali uomini si accaniscano in questa lotta e a quali artifici o a quali armi essi ricorrano”. Quale categorico dovere si impone dunque a voi, di suscitare per questa sacra causa i difensori più numerosi e più competenti che sia possibile: essi dovranno combattere non solo coloro che, negando ogni ordine soprannaturale, non riconoscono né la rivelazione né l’ispirazione divina, ma dovranno anche misurarsi con coloro che, assetati di novità profane, osano interpretare le Lettere sacre come un libro puramente umano, o rifiutano le opinioni accolte dalla Chiesa fin dalla più vetusta antichità, o spingono il loro disprezzo verso il suo Magistero fino al punto di disdegnare, di passar sotto silenzio o persino di cambiare secondo il proprio interesse, alterandole sia subdolamente, sia con sfrontatezza, le Costituzioni della Sede Apostolica e i decreti della Commissione Pontificia per gli studi biblici. Ci auguriamo di vedere tutti i cattolici seguire l’aurea regola del santo Dottore e, docili agli ordini della loro Madre, avere la modestia di non oltrepassare i limiti tradizionali fissati dai Padri e approvati dalla Chiesa». Da «Spiritus Paraclitus», 15 Settembre 1920.

Papa Benedetto XV: mostratevi cattolici e non abbiate riguardo per gli eretici