Per difendere la pubblica tranquillità e l’ordine resta soltanto la forza: ma anche la forza pubblica diventa molto debole se scompare l’aiuto della religione: risulta più atta a creare schiavitù che obbedienza; raccoglie già in se stessa i semi di gravi disordini. Il nostro secolo ha provato gravi, memorabili vicende, e non si sa se dobbiamo paventarne altre uguali. Pertanto il momento storico ci ammonisce da che parte bisogna cercare i rimedi, cioè ripristinare in tutte le componenti della vita sociale il modo cristiano di pensare e di agire della vita privata: questo è l’unico sicuro mezzo per eliminare i mali che ci affliggono e impedire i pericoli che ci sovrastano. A questo, Venerabili Fratelli, è necessario che ci dedichiamo; a questo dobbiamo portare ogni nostro sforzo con il massimo impegno: per questa ragione, sebbene abbiamo già altrove trattato queste cose, quando Ci fu data la possibilità, Ci sembra tuttavia molto utile descrivere i doveri dei cattolici più chiaramente in questa Lettera: questi doveri, se osservati con ogni cura, saranno di grande utilità per la salvezza dei beni sociali. Incorriamo quasi ogni giorno in grandi contrasti sui massimi problemi: ed è molto difficile non restare vittime di inganni, di errori e di vedere molti perdersi d’animo e soccombere. È nostro dovere, Venerabili Fratelli, ammonire, insegnare, esortare a suo tempo affinché nessuno abbandoni la via della verità. Non si può dubitare che siamo molti e maggiori i doveri dei cattolici che non di coloro che sono appena consapevoli della loro fede cattolica o ne sono completamente privi. Allorché Cristo, procurata la salvezza al genere umano, comandò agli Apostoli di predicare il Vangelo ad ogni creatura, impose pure questo dovere a tutti gli uomini: che imparassero e credessero alle cose che venivano loro insegnate; a questo dovere è congiunto il raggiungimento dell’eterna salvezza. «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo: chi non crederà sarà condannato» (Mc. 16,16). Ma l’uomo quando ha abbracciato la fede cristiana - come è suo dovere -deve perciò stesso sottomettersi alla Chiesa come figlio suo, e diventa partecipe di questa grandissima e santissima società, sulla quale spetta esercitare il sommo potere al romano Pontefice, sottoposto al capo invisibile Gesù Cristo. Ora, pertanto, se siamo obbligati per legge di natura ad amare e difendere particolarmente quella città nella quale siamo nati e cresciuti in questa luce, fino al punto che un buon cittadino non può dubitare di dover dare anche la vita per la patria, è molto più doveroso per i cristiani amare sempre la Chiesa. La Chiesa è infatti la città santa del Dio vivente, nata da Dio stesso e costituita dallo stesso Autore: è pellegrina qui sulla terra, ma sempre intenta a chiamare gli uomini per istruirli e condurli all’eterna felicità del cielo. Pertanto si deve amare la patria dalla quale abbiamo ricevuto il dono di una vita mortale: ma è necessario anteporle nell’amore la Chiesa, alla quale dobbiamo una vita che durerà in perpetuo: perché bisogna anteporre i beni dell’anima a quelli del corpo; i nostri doveri verso Dio sono molto più santi che non quelli verso gli uomini. D’altra parte, se si vuole giudicare rettamente, l’amore soprannaturale per la Chiesa e l’amore naturale per la patria sono entrambi figli della stessa sempiterna fonte, poiché hanno come causa e autore Dio stesso, dal che consegue che un dovere non può essere in contraddizione con l’altro. Possiamo e dobbiamo dunque amare l’una e l’altra: amare noi stessi; essere benevoli con il prossimo; amare lo Stato e il potere che vi presiede, e nello stesso tempo venerare la Chiesa come nostra madre, e con il massimo amore possibile tendere a Dio. Tuttavia questo ordine di precetti talora viene pervertito, sia per la calamità dei tempi, sia per la cattiva volontà degli uomini. Accadono anche circostanze in cui sembra che lo Stato richieda dai cittadini cose del tutto contrarie a quelle richieste dalla religione ai cristiani, per il fatto che le autorità dello Stato non tengono in nessun conto il potere sacro della Chiesa, oppure la vogliono soggetta a sé. Da qui sorgono il contrasto e l’occasione per mettere alla prova la virtù. Incalzano due poteri, per cui non si può obbedire contemporaneamente a coloro che comandano cose contrarie: «Nessuno può servire a due padroni» (Mt. 6,24), per cui se si segue uno, diventa inevitabile lasciare l’altro. Nessuno può dubitare quale dei due sia da anteporre. Prosegue qui ...
Leone XIII, «Sapientiae christianae». Bisogna amare la patria, ma prima ancora la Chiesa
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- Categoria: Centro Studi Vincenzo Ludovico Gotti