Domenica scorsa, o giovani, abbiamo visto che Iddio può fare tutto quello che vuole perché è l’Onnipotente, ed infine abbiamo appena accennato all’altra risposta del Catechismo «Dio non può fare il male, perché non può volerlo, essendo bontà infinita; ma lo tollera per lasciar libere le creature, sapendo poi ricavare il bene dal male», e ci siamo riservati di parlare oggi di questa verità. Iddio è bontà infinita, l’abbiamo visto altre volte, Egli è infinitamente buono, quindi in Lui è esclusa qualunque sorta di male. Abbiamo visto anche che Iddio è l’Essere perfettissimo, ossia che in Lui vi sono tutte le perfezioni senza limite o difetto alcuno, ma il male è un difetto, quindi in Dio non può mai esserci. Iddio non può né volere, né fare il male, ma solo lo permette, lo tollera, dice la Dottrina, lasciandoci completamente liberi e responsabili dei nostri atti. Eppure, proprio domenica scorsa a dottrina, un vostro compagno mi diceva: noi vediamo nel mondo tanto male! Vediamo malattie, guerre, terremoti, inondazioni; sentiamo bestemmiare, offendere, parlare male; assistiamo a scandali, furti, inganni, ecc. Se tutto questo c’è, vuol dire che Iddio lo vuole, perché, come dice il proverbio: «non cade foglia che Dio non voglia»! Adagio, Biagio! ho risposto. Intanto tu mi sposti la questione e mi consideri il male non in Dio, ma negli uomini, e poi abbracci insieme mali fisici e morali, metti insieme peccati con difetti puramente naturali: ad ogni modo voglio rispondere a questa tua obbiezione prendendo pure la parola male in questo senso generico, e vedrai se Iddio lo vuole veramente. Vedi, continuai, altro è volere una cosa ed altro è permetterla. Supponiamo che tuo padre non voglia che tu vada a cavallo, ma continuandolo tu ad importunare, finalmente ti permetta una prova, sicuro che, dopo qualche ruzzolone, ti passerà la voglia. Puoi tu dire che tuo padre vuole il tuo male, la tua caduta? No, ma egli la permette perché ti passi il ticchio di fare ciò che egli non vuole. Vedi dunque che altro è volere ed altro è permettere! Cosi Iddio, nostro Padre amorosissimo, non vuole il male, ma solo lo permette. E perché? Perché i peccatori si convertano ed i giusti si purifichino. Perché i peccatori si convertano. Un giorno un ragazzo, lavorando nel proprio campo, si punse il piede col rastrello. Avrebbe dovuto correre in farmacia e farsi disinfettare la piccola ferita per togliere anche il pericolo dell’infezione; invece asciugò il sangue col fazzoletto non tanto pulito, e continuò a lavorare. Il giorno dopo tra il pianto e le grida lo si dovette portare all’Ospedale, dove i medici dovettero amputargli il piede per salvargli la vita. Un altro ragazzo, giocando col proprio cane, venne morsicato nel naso. C’era pericolo che il cane fosse rabbioso, e prima di mandare il ragazzo all’Ospedale per la cura Pasteur, il medico gli cauterizzò la ferita, ossia gli applicò un ferro infuocato nel punto ove il cane aveva morso, immaginatevene i dolori: un ferro rovente sul naso! Ora in questi due casi potete voi dire che il medico abbia voluto il male di quei due ragazzi? No, voleva il loro bene, e permise solo quel male passeggero per salvare loro la vita. Così fa Iddio con noi. Egli permette che ci capitino addosso delle disgrazie perché ci ricordiamo che i beni, la sanità, le ricchezze, le membra del corpo, le facoltà dell’anima, tutto è Suo. Egli permette malattie, terremoti, guerre, inondazioni, perché i peccatori si ravvedano e tornino a Lui. «I mali che ci opprimono nel mondo, dice san Gregorio, ci spingono a rivolgerci a Dio». Tante volte questi mali sono conseguenze naturali della vita cattiva dell’uomo, ed il Signore non è certo obbligato a fare un miracolo perché non avvengano. Così chi beve come una botte, chi mangia come un lupo, chi si dà a vizi scandalosi, va incontro certo a malattie orribili e spesso a morti improvvise. Quante volte si è visto un mangione morire d’apoplessia, un ubriacone cadere in un fosso ed affogare, oppure cadere malamente e fracassarsi la testa, un ballerino morire di polmonite! Quanti giovani si rovinano anima e corpo per il vizio disonesto e si procurano per tutta la vita dolori atrocissimi! È forse obbligato il Signore ad impedire questi mali procuratisi dall’uomo stesso? Mai più! Perché il giusto si purifichi. Ma, direte voi, come mai viene tribolata tanta gente che cerca di vivere bene e di non offendere Iddio? Ecco: questo il Signore lo permette perché, chi è buono, lo diventi sempre più e si acquisti dei meriti per il Paradiso. Il dolore e la tribolazione conservano la virtù nel cuore e la perfezionano sempre più: il dolore ci fa salire verso il Cielo. Statemi attenti! Per purificare l’oro e l’argento bisogna metterli sul fuoco; per far morire i microbi, ossia certi animaletti invisibili e dannosi, bisogna bollire l’acqua ad alto grado; per guarire certe malattie ci vogliono dei tagli dolorosi.... Così il Signore permette nei cuori tribolazioni e dolori per provarne la virtù, per purificarli da certi difetti, per guarirli da certi vizietti che apportano sempre del male. Per questo i Santi andavano in cerca delle tribolazioni e, tante volte, le domandavano a Dio. Essi consideravano i dolori di questa vita come benefici del Signore, perché, sopportandoli con pazienza, si acquistavano dei meriti grandi per il Cielo. «O patire, o morire!» diceva santa Teresa; «patire e non morire!» ripeteva santa Maddalena de’ Pazzi; e san Francesco d’Assisi, il santo poeta, esclamava spesso: tanto è il bene che m’aspetto ch’ogni pena mi è diletto! Esempio: Il Venerabile Nunzio Sulprizio. Il santo giovane Nunzio Sulprizio rimase orfano all’età di 14 anni. Ricoverato presso un suo zio, uomo cattivo ed empio, venne tolto dalla scuola e collocato presso un fabbro ferraio. I compagni di bottega si avvidero presto che Nunzio era un angelo di costumi e di bontà, e, per quella cattiva reazione che la virtù suscita nel cuore dell’empio, presero a beffeggiarlo, a motteggiarlo, a metterlo in odio presso lo zio. Un giorno d’inverno, mentre tutto era coperto dalla neve, costui comandò al paziente nipote di portare alcuni ferri, molto pesanti, sulla sommità di un colle. Nunzio ubbidì al duro comando, ma, per lo sforzo subito, tornò con una gamba gonfia, che gli faceva provare spasimi crudeli. Tacque per non irritare lo zio, ma non potendo più reggersi, cadde tramortito. Lo zio gli diede del poltronaccio e gli pestò per rabbia sulla gamba malata. Apertasi così una larga piaga venne ricoverato all’ospedale e, dopo molte peripezie, mosso a compassione il colonnello Felice Wochinger, della Casa Reale di Napoli, lo prese con sé. La piaga intanto si era fatta cancrena, e dalla ferita uscivano le schegge dell’osso corroso, ma Nunzio non si lamentava, anzi, al medico meravigliato per tanta impassibilità nel dolore, diceva: Che è mai questo a confronto di quello che patì N. S. Gesù Cristo? Morì di dolore a 19 anni, martire di pazienza e di purezza. Era l’anno 1836. Pratica. Giovani, nella vita incontrerete dolori e tribolazioni, perché tutti Iddio chiama a portare la propria croce! Siate forti allora, e non lamentatevi mai della mano di Dio che vi prova, ma ricordate sempre che il Signore permette in voi quei dolori per castigo dei vostri peccati, o perché diventiate più buoni! Per la croce si arriva alla gloria!

Il Credo all’oratorio. Dio non può fare il male. Da Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. SS n° 14, p. 1 - 2