Fortes in Fide, don A. Bussinello, S.A.T., Vicenza, 1922. Gesù maestro. Giunto N. S. Gesù Cristo all’età di trent’anni, lasciò la casetta di Nazareth e la sua Madre Santissima e diede principio alla sua vita pubblica. Dapprima volle ricevere il Battesimo da san Giovanni Battista là sulle rive del Giordano, digiunò per quaranta giorni nel deserto, scelse gli Apostoli che dovevano aiutarlo nella sua divina Missione e diede quindi principio alla predicazione del Vangelo. Buono e sorridente, passava per le borgate della Palestina facendo del bene a quanti incontrava, la gente gli si accalcava attorno per udire la Sua parola di vita eterna, oppure si schierava sulla spiaggia del lago di Genezareth, quando Egli, montato su di una barca, dalla poppa la istruiva. Era il Maestro buono che tutti conoscevano, che tutti amavano per la Sua dolcezza sovrumana. «Gesù Cristo, nella sua vita terrena, dice il Catechismo, c’insegnò con l’esempio e con la parola a vivere secondo Dio, e confermò con miracoli la sua dottrina». Vediamone oggi la prima parte, lasciando a domenica ventura la seconda. Con l’esempio. Abbiamo visto i meravigliosi esempi di preghiera, d’ubbidienza e di lavoro datici da Gesù buono nei trent’anni che passò a Nazareth, esempi che continuò poi durante la sua vita pubblica. «Coepit Jesus facere et docere» (Gli Atti degli Apostoli, I, 1), dice il S. Vangelo, che vuol dire: Gesù incominciò prima a fare e poi ad insegnare; e noi lo vediamo sempre paziente con gli Apostoli che capivano tanto poco, sempre compassionevole con le turbe che sfamava con i miracoli, sempre misericordioso con i peccatori che, contriti, gli chiedevano perdono delle loro colpe. Tutte le virtù erano in Lui e di tutte Egli ci ha dato l’esempio più perfetto, tanto da poterci dire: «discite a me» (S. Matteo, XI, 29), imparate da me! «lo vi ho dato l’esempio perché facciate come ho fatto io» (S. Giovanni, XIII, 15). L’esempio convince. «Le parole muovono, dice un proverbio, e gli esempi trascinano», ed è inutile sfiatarci tanto coi nostri fratelli minori, coi nostri amici, se non diamo loro buon esempio: noi per natura facciamo più facilmente quello che vediamo fare che quello che sentiamo dire. La conoscete la favola del gambero? I gamberi, da quando nostro Signore li creò fino ad oggi, si videro sempre andare indietro, eppure il padre di un gambero voleva un giorno che il suo piccolino andasse avanti. Prove e riprove, comandi, imposizioni, grida, tutto inutile! Stanco il gamberino di quella manovra e di quei comandi: ma come vuoi, disse al padre, ch’io vada innanzi, mentre tu vai sempre indietro? Insegnami col tuo esempio come si fa ad andare innanzi, che poi io cercherò imitarti! È una favola, è vero, ma insegna molto bene che l’esempio convince e spinge all’imitazione. Alle undici di ogni giorno, dopo otto ore di confessionale, il santo Curato d Ars saliva il pulpito per fare il Catechismo. All’udirlo la folla si commoveva, singhiozzava e sommessamente pregava. Era forse effetto della sua eloquenza, della purezza del suo dire, del portamento solenne? No, era l’autorità della sua vita santa, l’esempio delle sue virtù. Quel volto di un’estrema magrezza parlava chiaro di digiuni e di veglie, quel corpo gracile e già curvo diceva di penitenze rigorose, quella vita continuata per anni ed anni in un lavoro sfibrante, con pochissimo cibo, con un brevissimo riposo, parlava più della predica e commoveva e convertiva. Con la parola. Dopo l’esempio, la parola. Nei suoi tre anni di vita pubblica il Maestro Divino c’insegnò quello che dobbiamo credere ed operare per giungere a salvezza: le Sue parole non erano di un semplice uomo, la Sua dottrina non si era mai udita sulla terra... Questa dottrina sublime, o giovani, l’avete tante volte sentita nelle istruzioni e nelle prediche che vi si tengono in Chiesa e qui all’Oratorio: è la dottrina di Gesù, sono le verità del Vangelo. Egli ci disse chiaramente che era il Figlio di Dio, mandato a salvare l’umanità perduta per il peccato di Adamo; ci disse che questa vita è una prova e che tutti siamo destinati all’eternità; ci parlò quindi della risurrezione del nostro corpo e dell’immortalità dell’anima nostra, ci parlò del giudizio finale dove tutti dovremmo rendere ragione del nostro operato; ci impose il dovere di credere e praticare quanto c’insegna la Chiesa che Egli allora istituì, e ci disse di pregare con le parole divine del Pater noster. Inoltre Egli ha confermato ed inculcato i dieci Comandamenti come mezzo necessario per ottenere il Cielo; ci ha detto che tutti quaggiù dobbiamo portare la nostra croce, poiché per la via del dolore si arriva al premio, e ci ha spinto ad essere perfetti come è perfetto il Padre Suo. Egli parlava spesso con similitudini e parabole per farsi meglio intendere da chi l’ascoltava; nei suoi discorsi ci ha lasciato le massime di quella sapienza divina che solo Egli poteva dare; ci ha detto che niente giova conquistare anche tutto il mondo se poi si perde l’anima; ci ha insegnato a non temere chi può uccidere il corpo, ma chi può mandare anima e corpo all’inferno; ci ha inculcato di fare il bene non per essere veduti e lodati dagli uomini, ma solo per amore di Dio; ci ha insegnato ad amare il nostro prossimo come noi stessi, anzi ad amare i nostri nemici, a far del bene a chi ci odia, a benedire chi ci maledice, a pregare per chi ci fa del male; ha detto parole terribili contro gli ipocriti e gli scandalosi; ha proclamato che, se un occhio, un piede, una mano ci è di scandalo, ossia fa del male all’anima nostra, dobbiamo tagliarli e buttarli via, perché è meglio, disse, andare in Paradiso con un occhio, con un piede, con una mano sola, che non all’inferno con tutti e due, ed intende dire che dobbiamo vincere qualunque vizio e qualunque passione quando si tratta di anima. Tutta la dottrina di Gesù è qualche cosa di celestiale che tocca le fibre più riposte del nostro cuore, e che intesa e praticata, fa godere anticipatamente quaggiù la contentezza del Cielo. Esempio: Tre giovani. Mentre Gesù predicava il Suo Vangelo per le contrade della Palestina, si presentarono a Lui, in tempo diverso, tre giovani. Il primo fu san Giovanni che seguì subito Gesù e divenne il Suo Apostolo prediletto. Il secondo fu un giovane ricco, che presentatosi a Gesù: Maestro, disse, che debbo fare per entrare nella vita eterna? E Gesù buono gli rispose: osserva i Comandamenti! Questo, replicò il giovane, l’ho sempre fatto, ora che mi resta a fare? Se vuoi essere perfetto, continuò Gesù, va, vendi quanto hai, danne il prezzo ai poveri, così ti acquisterai un tesoro nel regno dei Cieli, poi vieni e seguimi! Ma quel giovane voltò le spalle e più non si vide (S. Matteo, XIX, 16-22). Il terzo giovinotto si avvicinò a Gesù per ascoltarlo, ed il Maestro Divino lo chiamò a seguirlo, ma egli rispose: lascia che prima vada a seppellire mio padre, ossia, come dicono i sacri interpreti, verrò dopo che sarà morto mio padre, dopo che avrò messo a posto tutti gli affari di casa mia. Ma Gesù soggiunse: lascia che i morti seppelliscano i loro morti! (S. Luca, IX, 59-60) e neppure di questo giovane si sentì più parlare. Chi si comportò meglio di questi tre giovani? Certo san Giovanni, che ascoltò la parola di Gesù, seguì i Suoi esempi e divenne un Apostolo. Pratica. Giovani, gli esempi e la dottrina del Maestro Divino ci stanno sempre dinanzi, la via è tracciata, con tutta chiarezza, basta voler seguirla: mettiamoci in essa con tutta quella generosità di cui è capace il nostro giovane cuore e diverremo Suoi apostoli tra i nostri compagni e Suoi santi nel Cielo!