Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Napoli, varie ed., 1759 - 1776. Dell’umiltà con cui si deve pregare, parte 1. Il Signore ben guarda le preghiere dei suoi Servi, ma dei Servi umili: Respexit in orationem humilium (Ps. 101. 18). Altrimenti non le riguarda, ma le ributta: Deus superbis resistit, humilibus autem dat gratiam (Jac. 4. 6). Dio non sente le orazioni dei Superbi, che confidano nelle loro forze, e perciò li lascia nella loro propria miseria; ed in tale stato essi, privi del Divino soccorso, senza dubbio si perderanno. Ciò piangeva Davide: Priusquam humiliarer, ego deliqui (Ps. 118. 67). Io (diceva) ho peccato, perché non sono stato umile. E lo stesso avvenne a S. Pietro, il quale quantunque fosse stato avvisato da Gesù Cristo, che in quella notte tutti essi Discepoli dovevano abbandonarlo: Omnes vos scandalum patiemini in me in ista nocte (Matth. 26. 31), egli nondimeno, invece di riconoscere la sua debolezza, e di domandare aiuto al Signore per non essergli infedele, troppo fidando alle sue forze, disse che se tutti l’avessero abbandonato, egli non l’avrebbe mai lasciato: Et si omnes scandalizati fuerint in te, ego nunquam scandalizabor (Ibid. 33). E con tutto che il Redentore di nuovo particolarmente gli predisse, che in quella notte prima di cantare il gallo l’avrebbe negato tre volte, pure fidando al suo animo, si vantò dicendo: Etiam si oportuerit me mori tecum non te negabo (Matth. ibid. 35). Ma che avvenne? Appena il miserabile nella casa del Pontefice entrò, e fu rimproverato per discepolo di Gesù Cristo, egli tre volte infatti lo negò con giuramento, dicendo di non averlo mai conosciuto: Et iterum negavit cum juramento: Quia non novi hominem (Matth. 26. 72). Se Pietro si fosse umiliato, e avesse domandato al Signore la grazia della costanza, non l’avrebbe negato. Dobbiamo tutti persuaderci, che noi stiamo come sulla cima d’un monte, sospesi sull’abisso di tutt’i peccati, e sostenuti dal solo filo della Grazia: se questo filo ci lascia, noi certamente cadiamo in tale abisso e commetteremo le scelleraggini più orrende. Nisi quia Dominus adjuvit me, paulo minus habitasset in inferno anima mea (Ps. 93. 17). Se Dio non mi avesse soccorso, io sarei caduto in mille peccati, ed ora starei nell’Inferno; così diceva il Salmista, e così deve dire ognuno di noi. Questo intendeva ancora S. Francesco d’Assisi, quando diceva, ch’esso era il peggior peccatore del Mondo. Ma, Padre mio (gli disse il compagno) questo che dite non è vero; vi sono molti nel mondo, che certamente son peggiori di voi. Sì ch’è troppo vero quel che dico (rispose il Santo), perché se Dio non mi tenesse le mani sopra, io commetterei tutt’i peccati. È di fede, che senza l’aiuto della Grazia non possiamo noi fare alcuna opera buona, e neppure avere un buon pensiero. Sine Gratia nullum prorsus, sive cogitando, sive agendo faciunt homines bonum, diceva S. Agostino. Come l’occhio non può vedere senza la luce, così (diceva il Santo) l’Uomo non può fare alcun bene senza la Grazia. E prima già lo disse l’Apostolo: Non quod sufficientes simus cogitare aliquid a nobis quasi ex nobis, sed sufficientia nostra ex Deo est (2. Cor. 3. 5). E prima dell’Apostolo lo disse già Davide: Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laboraverunt, qui aedificant eam (Ps. 126. 1). Invano si affatica l’Uomo a farsi santo, se Dio non vi mette la Sua mano. Nisi Dominus custodierit civitatem, frustra vigilat, qui custodit eam (Ibid.). Se Dio non custodisce l’Anima dai peccati, invano attenderà ella a custodirsi colle sue forze. E perciò si protestava poi il Santo Profeta: Non enim in arcu meo sperabo (Ps. 43. 7). Dunque non voglio sperare nelle mie armi, ma solo in Dio, che può salvarmi. Onde chi ritrovasi fatta qualche cosa di bene, e non si trova caduto in maggiori peccati di quelli, che ha commessi, dica con S. Paolo: Gratia autem Dei sum id, quod sum (1. Cor. 15. 10). E per la stessa ragione non deve smettere di tremare, e deve temere di cadere in ogni occasione. Itaque qui se existimat stare, videat ne cadat (1. Cor. 10. 12). E con ciò l’Apostolo vuole avvertirci, che sta in gran pericolo di caduta, chi si tiene sicuro di non cadere. E ne assegna la ragione in altro luogo, dove dice: Nam si quis existimat se aliquid esse, cum nihil sit, ipse se seducit (Galat. 6. 3). ...