Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Napoli, varie ed., 1759 - 1776. Della perseveranza richiesta nel pregare, parte 1. E’ necessario, dunque, che le nostre Preghiere siano umili, e confidenti, ma ciò non basta per conseguire la Perseveranza finale, e con quella la salute eterna. Le preghiere particolari otterranno sì bene le particolari grazie che a Dio si chiederanno, ma se non sono perseveranti, non otterranno la finale Perseveranza, la quale, perché contiene il cumulo di molte grazie insieme, richiede moltiplicate preghiere, e continuate fino alla morte. La grazia della salute non è una sola grazia, ma una catena di grazie, le quali tutte poi si uniscono con la grazia della Perseveranza finale; ora a questa catena di grazie deve corrispondere un’altra catena (per così dire) delle nostre preghiere; se noi trascurando di pregare spezziamo la catena delle nostre preghiere, si spezzerà ancora la catena delle grazie, che ci hanno da ottenere la salute, e non ci salveremo. È vero che la Perseveranza finale non si può da noi meritare, come insegna il sacro Concilio di Trento, dicendo: Aliunde haberi non potest, nisi ab eo qui potens est eum qui stat statuere, ut perseveranter stet (Sess. 6. cap. 13). Nulladimeno dice sant’Agostino, che questo gran dono della Perseveranza in qualche modo ben può meritarsi con le preghiere, cioè pregando impetrarsi: Hoc ergo donum (Perseverantiae) suppliciter emereri potest, id est supplicando impetrari potesta. E soggiunge il P. Suarez, che chi prega, infallibilmente l’ottiene. Ma per ottenerlo, e salvarsi, dice san Tommaso, è necessaria una perseverante e continua preghiera: Post Baptismum autem necessaria est homini jugis oratio, ad hoc quod Caelum introeat. E prima lo disse più volte il nostro medesimo Salvatore: Oportet semper orare, et non deficere (Luc. 18. 1). Vigilate itaque omni tempore orantes, ut digni habeamini fugere ista omnia quae futura sunt, et stare ante Filium hominis (Luc. 21. 36). Lo stesso sta detto prima nel Vecchio Testamento: Non impediaris orare semper (Eccli. 18. 22). Omni tempore benedic Deum, et pete ab eo, ut vias tuas dirigat (Tob. 4. 20). Quindi l’Apostolo inculcava ai suoi Discepoli, che non lasciassero mai di pregare: Sine intermissione orate (1. Thess. 5. 17). Orationi instate vigilantes in ea (Coloss. 4. 2). Volo ergo viros orare omni loco (l. Tim. 2. 8). Il Signore ben vuole darci la Perseveranza, e la Vita eterna, ma dice san Nilo, non vuol concederla se non a chi perseverantemente ce la domanda: Vult beneficio afficere in oratione perseverantes. Molti peccatori coll’aiuto della Grazia giungono a convertirsi a Dio, ed a ricevere il perdono; ma poi perché lasciano di cercare la Perseveranza, tornano a cadere, e perdono tutto. Né basta, dice il Bellarmino, chiedere la grazia della Perseveranza una volta, o poche volte; dobbiamo cercarla sempre, in ogni giorno sino alla morte, se vogliamo ottenerla: Quotidie petenda est, ut quotidie obtineatur. Chi la cerca in un giorno, per quel giorno l’otterrà; ma se non la cerca nel domani, domani cadrà. E ciò è quel che volle darci ad intendere il Signore nella Parabola di quell’Amico, che non volle dare i pani a colui che glieli domandava, se non dopo molte ed importune richieste dicendo: Si non dabit illi surgens, eo quod amicus sit, propter improbitatem tamen ejus surget, et dabit illi quotquot habet necessarios (Luc. 11. 8). Ora se un tale amico, dice sant’Agostino, solo per liberarsi dell’importunità di colui, gli darebbe anche contro sua voglia i pani che chiede, quanto magis dabit Deus bonus, qui nos hortatur ut petamus, cui displicet si non petamus? Quanto più Dio, ch’essendo Bontà infinita ha tanto desiderio di comunicarci i suoi beni, ci donerà le sue grazie, quando gliele cerchiamo? tanto più ch’Egli stesso ci esorta a chiederle, e gli dispiace se non le domandiamo. Ben vuole dunque ... ... il Signore concederci la salute, e tutte le grazie per quella, ma vuole che noi non lasciamo di continuamente domandarcele sino all’importunità. Dice Cornelio a Lapide sul citato Evangelio: Vult nos esse Deus perseverantes in oratione usque ad importunitatem. Gli uomini della terra non possono sopportare gl’importuni, ma Dio non solo ci sopporta, ma ci desidera importuni in cercargli le grazie, e specialmente la santa Perseveranza. Dice san Gregorio che Dio vuole che se gli faccia violenza colle preghiere, poiché una tal violenza non già lo sdegna, ma lo placa: Vult Deus vocari, vult cogi, vult quadam importunitate vinci... Bona violentia, qua Deus non offenditur, sed placatur ...