Ossia ribattezzatori, furono chiamati i gregari di una setta fanatica, che ribattezzava gli adulti ritenendo invalido il Battesimo conferito ai bambini. Era la logica conseguenza del principio luterano, secondo cui solo la fede giustifica: ora i bambini non sono capaci di un atto di fede, dunque il loro Battesimo è invalido. Il movimento ebbe inizio a Zwikau in Sassonia, nel 1521-1522, per opera di Nicola Storch e di Tommaso Münzer e si propagò rapidamente nella Germania meridionale, acquistando aderenti specialmente nel basso popolo (artigiani e contadini). Ben presto in seno al movimento si determinarono due correnti, l’una pacifica, l’altra rivoluzionaria; quest’ultima prevalse e coinvolse la setta in una lotta iconoclasta, che portò la distruzione e la desolazione in molte province (chiese distrutte, sacerdoti uccisi, beni confiscati), ma che provocò anche una violenta repressione (la guerra dei contadini). L’idea ispiratrice della setta era il regno di Dio instaurato nelle singole anime per diretto influsso divino, che si uniscono nella comunione dei Santi indipendentemente da qualunque forma esterna (pertanto soppressione dell’autorità ecclesiastica e civile, del sacerdozio, dei Sacramenti, della Bibbia), ma con la collaborazione dei singoli agli impulsi dello Spirito Santo (ammettevano pertanto il valore delle opere buone). Il sistema anabattista non ha di comune con il luteranesimo che il punto di partenza (solo la fede giustifica), che rigidamente applicarono al Battesimo dei bambini, ma che addolcirono poi ammettendo il valore delle opere buone. Dopo le sconfitte politiche l’anabattismo perdette il suo carattere rivoluzionario e si organizzò con criteri puramente religiosi (Mennoniti della Frisia). Attualmente gli anabattisti sono pochi, sparsi qua e là in Germania, in Inghilterra, negli Stati Uniti, essendo stato assorbito dai Battisti quanto di più vivo conservava il loro movimento.

Gli Anabattisti. Dal Dizionario di Teologia dommatica, A. Piolanti - P. Parente - S. Garofalo, Studium, Roma, 1952. SS n° 8, p. 3