Dio premia i buoni e castiga i cattivi, perché è la giustizia infinita. Spiegazione. - 1. - Procurate di intendere bene questa risposta, perché il suo insegnamento vi premunisce contro molte cose che vi accadrà di sentire nel mondo. Dio premia i buoni e castiga i cattivi perché è la giustizia infinita. Il bene merita premio, il male punizione. Dio che non solo è giusto, ma è la giustizia infinita, premia i buoni col Paradiso e castiga i cattivi con l’Inferno; Egli non sarebbe giusto se non premiasse i buoni che lo hanno amato e servito e che hanno faticato e sofferto per Lui, e se non punisse coloro che Lo hanno gravemente offeso. Provereste ben fatto che un padre lasciasse ugualmente i suoi beni a due figliuoli dei quali uno gli fu sempre ubbidiente, rispettoso, laborioso, l’altro invece sempre ribelle, scialacquatore di gran parte del patrimonio e che avrà tentato persino di uccidere il padre? Sarebbe ben fatto, che in punto di morte, il padre chiamasse i due figliuoli e dicesse loro: «Mi siete ugualmente cari: divido tra voi i miei beni, abiterete insieme nella casa mia»? Quello che non sarebbe ben fatto da parte di un padre terreno, non lo fa certo il Padre celeste, Dio. 2. - Dio è giustizia e perciò deve rendere realmente secondo che ognuno merita, premio o castigo. Che cosa accade nel mondo? Vi sono degli uomini dati ad ogni empietà, ladri e assassini, uomini che riescono a nascondere i loro delitti e riscuotere il rispetto dei galantuomini. Sarebbe giusto Dio se lasciasse impuniti questi delitti? Vi sono uomini che soffrono ogni pena per la giustizia, che sono vittime dell’iniquità altrui: derubati, calunniati, uomini che si fanno poveri per assistere e aiutare i poveri, uomini che praticano eroicamente tutti i loro doveri anche sacrificando la vita. Sarebbe giusto Dio se non li premiasse nell’eternità? (Cfr. anche N. 97). 3. - La verità che qui ci espone il Catechismo, è quella che spiega molte cose: 1) molti si atteggiano a miscredenti perché appunto temono Dio giustizia infinita; per sentirsi liberi nei loro disordini si sforzano di persuadersi che Dio non esiste; se lo ripetono per convincersi; 2) ed è per questo che il vero credente sarà sempre un galantuomo; egli sa e crede di dover un giorno rendere conto di tutto il suo operare a Dio giustizia infinita; si sforza di vivere in modo da meritare premio e non condanna. Invece il miscredente quanto più o riesce a persuadersi che non c’è Dio giusto o almeno a dimenticarlo, non pensarlo, tanto più si sentirà libero a secondare le passioni e i piaceri e i vantaggi a scapito di ogni onestà. Pratica. - Dio è la giustizia infinita e perciò premia tutto il bene e punisce ogni male [...] nell’eternità. Non abusiamo della Sua bontà e misericordia, per non cadere sotto i flagelli della Sua giustizia punitrice. Esempi. - Le due braccia. - Il filosofo Democrito diceva che vi sono due mezzi per governare gli uomini: Premiare i buoni e punire i cattivi. Ciro chiamava, il premio e il castigo, le due braccia del Sovrano. - È veramente così; anche il Signore ha due braccia, e con esse premierà e castigherà gli uomini secondo i loro meriti. Le ingiustizie. - Nulla è così evidente come le ingiustizie che trionfano sulla terra. Quanti ladri riescono a godersi impunemente i beni rubati, quanti buoni perseguitati, calunniati, oppressi! Osservate i tiranni ed i martiri; questo terribile quadro che si perpetua e che in molte forme si rinnova e riproduce. Se Dio non premiasse gli ultimi e non punisse i primi, sarebb’Egli ancora giusto? E per la Sua giustizia, può Egli non punire i cattivi e non premiare i buoni? Pensiero del premio e della pena. - Ci sono di coloro che vorrebbero che si facesse il bene e si evitasse il male non per la speranza del premio o pel timore del castigo, ma solo pel culto del bene e per sentimento umanitario. Osservò giustamente il nostro D’Azeglio: «Sarei curioso di sapere perché farei quello che non mi piace, fuor dell’idea di un premio e di una pena nella vita futura. Fuori di tale idea, tutto si riduce ad una questione attuale d’impunità: cioè imparare a fare quello che mi piace in modo che non mi procuri in altro modo dispiaceri. Che cosa dovrò dunque dire, qual ragione addurre all’allievo, onde non faccia quello che gli piacerebbe, e diventi un galantuomo? Gli avrò a dire che bisogna esserlo, se si vuol far fortuna? Mi riderebbe in viso, fosse pure a balia! Gli avrò ad esporre le tesi socratiche: Non esservi altro bene che il giusto, né altro male che l’ingiusto? ecc. Riderà più di prima. Bisogna, adunque, che raccomandi la morale ad un dogma!» (I miei Ricordi, Cap. VIII). Il pensiero che consola. - Il pensiero di Dio giusto e misericordioso che vuole dare il Paradiso a coloro che lavorano per meritarlo, è il pensiero che consola i giusti in punto di morte. Ecco Leonardo da Vinci che dice spirando santamente: «a Mi duole solo di non aver vissuto con abbastanza timor di Dio e con maggior amore del prossimo!». E Silvio Pellico: «Al Paradiso, al Paradiso!... È per me un gran conforto morire dopo aver potuto espiare le mie colpe sopra la terra!». E S. Vincenzo de’ Paoli: «Fratello, non vi scandalizzate, se non mi vedete prepararmi a questo passaggio. Son venti anni che Dio mi dà la grazia d’addormentarmi col pensiero di non risvegliarmi più». E Federico Ozanam: «Perché dovrei temere? Ho amato tanto Gesù!». I veri saggi sono coloro che intendono la vera condizione della vita di quaggiù, raffigurata in questa parabola. Un principe, vedendo molti fanciulli poveri trascorrere oziosa la giornata, li chiamò a sé e disse loro: «Amo vedervi lavorare ed essere buoni. Chi lavorerà e obbedirà ai miei famigli, dopo un po’ di tempo verrà ammesso nel mio castello a far parte della mia famiglia». Quei fanciulli ascoltarono meravigliati; tutti promisero di lavorare e ubbidire, tanto più che il lavoro era leggero e i famigli erano buoni. Ma dopo qualche giorno alcuni, poi altri, preferirono di tornare alla vita oziosa; e furono pochi quelli che perseverarono e che, trascorsi pochi anni, vennero ammessi alla vita del castello. Quali fanciulli sono stati saggi? - Applicate questa parabola a voi stessi e alla vita vostra in rapporto a Dio che ce l’ha data e ci ha chiamati al Suo servizio. Fulminato mentre ruba. - Nel mese di ottobre 1916, in Torino, alcuni ladri penetrarono nell’officina dei fratelli Scrivano per rubare. Questi, gli Scrivano, perché già derubati altre volte, avevano collocato fili elettrici in modo che aprendosi la porta dessero l’allarme e continuassero a far suonare il campanello anche dopo che fosse nuovamente chiusa la porta. A quest’allarme, uno dei ladri afferrò i fili per strapparli, ma rimase fulminato dalla corrente elettrica. - Quanti infelici muoiono nell’atto del peccato, e chiunque pecca si espone al pericolo di morire nell’atto stesso in cui pecca o in stato di peccato mortale.