Pillola settimanale di Magistero
• Questo giudizio proceda dal volto (Sal., 16, 2) di colui che siede nel trono (Ap., 4, 10; 5, 7; 7, 15; 21, 5) e dalla cui bocca procede una spada dal doppio taglio (Ap., 1, 16; 19, 15) la cui bilancia è giusta, i cui pesi esatti (Lv., 19, 36); di colui, che deve venire a giudicare i vivi e i morti, cioè del nostro signore Gesù Cristo. Amen. • Giusto è il Signore e ama la giustizia; il suo volto scorge l’equità (Sal., 10, 8). La faccia del Signore si rivolge a quelli che operano il male, per disperdere dalla terra la loro memoria (Sal., 33, 17). Perisca, dice il santo profeta, la memoria di colui che non si è ricordato di usare misericordia, e che ha perseguitato il povero e il mendicante (Sal., 108, 15-17). Quanto maggiormente deve perire allora la memoria di chi ha perseguitato e turbato tutti gli uomini e la Chiesa universale, Pietro de Luna, chiamato da alcuni Benedetto XIII?
Quanto, infatti, questi ha mancato contro la Chiesa di Dio e tutto il popolo cristiano, favorendo, alimentando e protraendo lo scisma e la divisione della Chiesa di Dio; con quante frequenti, devote, umili preghiere di Re, Prìncipi e Prelati, con quante esortazioni e richieste è stato caritatevolmente ammonito secondo la dottrina evangelica, perché desse pace alla Chiesa, sanasse le sue ferite e riunisse le sue parti divise in una sola compagine e in un solo corpo come aveva giurato e com’era e fu a lungo in suo potere! Ma egli non volle in nessun modo ascoltare quelli che con cristiana carità lo riprendevano; quanti testimoni sono stati inviati e non furono in nessun modo ascoltati; fu necessario, conforme alla dottrina di Cristo nel Vangelo, dirlo alla Chiesa e, non avendo ascoltato neppure questa, dev’essere considerato come un eretico e un pubblicano (cfr. Mt. 18, 15-17). Tutto ciò lo dicono chiaramente i capitoli addotti contro di lui nella causa di inquisizione della fede e dello scisma alla presenza di questo santo Sinodo generale.
• Dopo aver quindi proceduto a norma delle leggi canoniche, dopo aver esaminato ogni cosa con la dovuta diligenza e dopo matura deliberazione su questo soggetto, lo stesso Sinodo generale, in rappresentanza della Chiesa universale, sedendo come tribunale per la suddetta causa di inquisizione proclama, stabilisce, dichiara con la presente sentenza definitiva, inclusa in questi atti, che Pietro de Luna, chiamato, come abbiamo detto sopra, Benedetto XIII, è stato ed è spergiuro, causa di scandalo alla Chiesa universale, fautore e alimentatore del vecchio scisma, della vecchia rottura e divisione della Chiesa di Dio, ostacolo alla pace ed all’unione di essa, perturbatore scismatico, eretico, fuorviato dalla fede, violatore incallito dell’articolo della fede «Unam sanctam catholicam ecclesiam», incorreggibile, con scandalo della Chiesa di Dio, notorio e manifesto. Egli si è reso indegno di qualsiasi titolo, grado, onore e dignità, è stato rigettato e tagliato fuori da Dio e viene ipso iure privato di qualsiasi diritto che potesse spettargli nel papato o che compete in qualsiasi modo al romano Pontefice e alla Chiesa di Roma; e, come membro secco, viene messo fuori della Chiesa cattolica. E poiché lo stesso Pietro sostiene di avere di fatto il possesso del Papato, questo santo Sinodo per maggior cautela lo priva, lo depone e lo allontana dal Papato, dal sommo Pontificato della Chiesa Romana, da ogni titolo, grado, onore, dignità; e da qualsiasi beneficio e ufficio. Gli proibisce di comportarsi in seguito come se fosse Papa o romano Pontefice; libera tutti i cristiani dalla sua obbedienza e da ogni dovere verso di lui, dai giuramenti e dagli obblighi a lui in qualsiasi modo prestati, e li dichiara liberi; proibisce a tutti e singoli i cristiani, sotto pena di considerarli fautori dello scisma e dell’eresia e di privarli di tutti i benefici, dignità e onori sia nel campo ecclesiastico che civile, e sotto le altre pene del diritto, anche se si tratti di dignità vescovile e patriarcale, cardinalizia, regale, ed imperiale - di cui, se agissero contro questa proibizione, siano, in forza di questo decreto e di questa sentenza, ipso facto privati - di obbedire, come a Papa, a Pietro de Luna, scismatico ed eretico incorreggibile, notorio, dichiarato, deposto; di stare dalla sua parte, di sostenerlo in qualsiasi modo contro la proibizione fatta, di ricettarlo, di prestargli aiuto, di dargli consigli, di favorirlo.
• Dichiara, inoltre, e stabilisce che tutte e singole le proibizioni, tutti i processi, le sentenze, le costituzioni, le censure, e ogni altro atto da lui compiuto che potessero in qualche modo contrastare con le cose da noi stabilite, sono irriti e vani; li rende vani, li revoca, li annulla, salve, naturalmente, le pene che le leggi stabiliscono per i casi predetti.
Nota: Papa Gregorio XVI - nel suo prezioso volume Il Trionfo della Santa Sede e della Chiesa, alle pagine 94 e 95 del Preliminare - riflette col Ballerini: "Benedetto XIII poteva essere considerato quale pubblico scismatico ed eretico - avendo pertinacemente impugnato l'articolo unam, sanctam -, ed in conseguenza per se decaduto dal pontificato, se anche ad esso fosse stato validamente innalzato. Per questa ragione il Concilio Pisano, avendolo già dichiarato in causa schismatis ed fidei contumacem, lo reputò indegno del titolo di pontefice ancor prima di pronunziare la sua sentenza, né mai lo chiamò col nome da lui assunto di Benedetto, ma lo chiamò sempre col proprio nome di Pietro di Luna. Se qualcuno - aggiunge Gregorio XVI - dovesse opporre che questa nostra risposta ripugna al privilegio dell'infallibilità pontifica, che difendiamo nel seguente trattato; gioverà fargli riflettere che si ritiene infallibile il Papa nelle sue dogmatiche definizioni, non mai nelle sue opinioni private. Molto meno, poi, quando tutto l'universo è testimone che in esso non parla la ragione ma la passione, parla l'interesse, a segno di farlo comparire evidentemente frenetico e delirante, come avvenne in Pietro di Luna. (...) Per non ammettere alcun inconveniente (ovvero per non cadere nell'errore dei conciliaristi e degli appellanti, ndR), bisogna dire che né il Concilio Pisano e né il Concilio di Costanza intesero di deporre con suprema potestà i due papi, ma unicamente di dichiararli per se decaduti dal loro pontificato". Papa Gregorio XVI sta rispondendo alla seguente obiezione: - Se il Papa è infallibile e non può essere giudicato da autorità umane, com'è possibile che il Concilio lo abbia deposto? Questo vuol dire che il Concilio è superiore al Papa in autorità? Questo vuol anche dire che il Papa non è infallibile? Il Pontefice ha risposto, usando la ragione e saldamente poggiato nel diritto divino positivo, con la dottrina comune di tutti Dottori e dei migliori teologi: In caso di scisma, di eresia o di papa dubbio, la Chiesa ha la possibilità di riunirsi legalmente in un Concilio generale imperfetto (come fece a Costanza), di investigare e finalmente di dichiarare il soggetto per se decaduto dal pontificato. Papa Gregorio XVI spiega le ragioni (pag. 94): "Questo (Concilio generale imperfetto) pronuncia infatti ed esegue la sua finale sentenza (di deposizione) non sull'appoggio della sua autorità sopra il Papa, ma sulla fondata supposizione che tale non è: nel qual caso è evidentemente certa la Potestà della Chiesa, quanto è evidentemente certo, che Gesù Cristo, volendo immutabile, visibile e perpetuo il governo da Se fondato per la sicurezza dei fedeli, deve aver provveduto la Chiesa di tutti quei mezzi che sono necessari per non lasciarsi governare da un capo illegittimo". Quindi, prosegue Gregorio XVI, "Gesù deve infallibilmente averle conferito (alla Chiesa) il diritto di potere nell'incertezza e nel dubbio ragionevole e fondato della legittimità di una Papa (es. è un pubblico eretico: basta che lo sia come persona privata), procedere all'elezione di un altro. E ciò soprattutto se quello, la cui legittimità è ragionevolmente sospetta, non smettesse di molestare la Chiesa in mille maniere; cosicché bisognerebbe accusare Dio medesimo di non aver sufficientemente provveduto all'indefettibilità della Chiesa, se in tali circostanze non l'avesse fornita delle opportune falcoltà (di deporre il reo)". (Carlo diP.)