Comunicato numero 84. Le fonti storiche su Gesù (Parte seconda)

Stimati Associati e gentili Sostenitori, grazie a Dio oggi proseguiamo lo studio di alcune «Fonti storiche» che riguardano Gesù. Abate Giuseppe Ricciotti («Vita di Gesù Cristo», Imprimatur 1940, 7a Edizione, Rizzoli & C. Editori, Milano - Roma, 1941),

• FONTI CRISTIANE. Documenti estranei al Nuovo Testamento. § 94. Di Gesù trattano molti scritti cristiani composti nei primi secoli, ma che non fanno parte del Nuovo Testamento: essi talvolta si presentano sotto forme analoghe a quelle del Nuovo Testamento, come Vangeli, Atti, Lettere, Apocalissi, costituendo i cosiddetti libri Apocrifi, talvolta sotto forma di scritti ecclesiastici, come Costituzioni, Canoni, ecc., costituendo i cosiddetti libri Pseudo-epigrafi; talvolta, infine, consistono in piccoli detti o fatti attribuiti a Gesù i quali, senza aver riscontro nel Nuovo Testamento, si ritrovano in maniera staccata o in opere di antichi Padri, o in codici particolari del Nuovo Testamento, oppure in frammenti di papiri antichi recentemente scoperti, e tali minime particelle sono designate con nomi di Agrafa o di Logia. Gli studiosi recenti si sono molto occupati di queste diverse serie di scritti, ai quali invece nel secolo passato si prestava scarsa attenzione; ma queste nuove indagini, se hanno indubbiamente contribuito a far conoscere sempre meglio i vari ceti cristiani che produssero quegli scritti, hanno messo in luce sempre più chiara la deficienza d’autorità storica ch’è alla base degli scritti apocrifi, e per contrapposto la sodezza su cui poggiano quelli del Nuovo Testamento. Fra le due categorie di scritti, in realtà, c’e un abisso, come già ai suoi tempi giudicò il Renan; il quale, istituendo un confronto fra esse sotto l’aspetto puramente storico, trovava che i vangeli apocrifi sono volgari e puerili amplificazioni fatte sulla trama dei Vangeli canonici, senza aggiungervi alcunché di serio. Né a questo antico giudizio hanno apportato alcuna modificazione sostanziale gli studi recenti.

• § 95. In generale i vangeli apocrifi devono la loro origine al desiderio o di presentare alcune particolari dottrine come giustificate dalla vita e dall’insegnamento di Gesù stesso, oppure di accrescere con altri particolari biografici le notizie che i Vangeli canonici comunicano su Gesù, e che alle plebi cristiane sembravano troppo parsimoniose; nel primo caso si hanno gli scritti d’origine eretica o almeno tendenziosa, che sono i più numerosi: nel secondo i racconti di carattere popolare, amanti del meraviglioso. I due casi spesso si fondono insieme, senza che oggi si possano separare con certezza. Occasione a coteste fantastiche costruzioni era fornita sia dalle ammonizioni di uno degli stessi Vangeli canonici, il quale avverte che molti altri fatti di Gesù non sono contenuti in esso (Giovanni, 20, 30) e che a contenerli sarebbero necessari infiniti altri libri (ivi, 21, 25), sia anche dall’aver osservato che S. Paolo in un suo discorso riporta un aforisma di Gesù non contenuto in nessuno dei Vangeli canonici (Atti, 20, 35). Questo ampio ricamo immaginativo cominciò ben presto, già nel secolo II, per accrescersi sempre più in seguito e prolungarsi fino al Medioevo; ma a noi ne è pervenuta solo una minor parte, della quale spesso è difficile definire, oltreché la tendenza dottrinale, anche il tempo preciso. Essendo pertanto inutile scendere a molti particolari, ci limiteremo a brevi cenni sulle più antiche di queste composizioni.

• § 96. Di un Vangelo secondo gli Ebrei parlano vari scrittori antichi, che ce ne hanno pure trasmesse alcune poche citazioni ma per questa scarsezza e per confusioni sorte più tardi è difficile farsi un concetto approssimativo dello scritto. Certamente era redatto in aramaico, e doveva circolare già nel secolo I. Pare che avesse stretta affinità col Vangelo canonico di S. Matteo, se pure non era in sostanza questo stesso vangelo rimanipolato in varie maniere, con accorciamenti e con aggiunte di provenienza incerta. Una di queste aggiunte, ad esempio, diceva che Gesù era stato trasportato, sospeso per uno dei suoi capelli, al monte Tabor per opera di sua madre, che sarebbe stato lo Spirito santo: in aramaico, infatti, «spirito» è voce di genere femminile, come giustamente ricorda S. Girolamo (in Michaeam, VII, 6), il quale riporta l’aggiunta dopo Origene (in Joan, II, 12). Non risulta con sicurezza se recensione particolare di questo apocrifo, ovvero opera ben diversa, fosse il Vangelo dei Nazarei o Nazorei, ch’erano membri di una comunità giudeo-cristiana accentrata attorno a Berea (Aleppo). Il Vangelo degli Ebioniti era particolare a questa setta, di cui propugnava idee e norme, ad esempio quella del vegetarianismo. Fu composto nel secolo II, ma ne rimangono pochi frammenti in citazioni di Epifanio. Era chiamato dagli Ebioniti Vangelo secondo gli Ebrei, ma pare che fosse ben diverso dal precedente: ad ogni modo era certamente anch’esso una tendenziosa rimanipolazione del Matteo canonico. Il Vangelo degli Egiziani era usato dagli eretici Encratiti, Valentiniani, Naasseni e Sabelliani. Fu composto in Egitto, verso la metà del secolo II; dai pochissimi frammenti superstiti si rileva che l’istituzione del matrimonio vi era condannata, conforme ai principii degli Encratiti. Il Vangelo di Pietro, già noto agli antichi e del quale nel 1887 fu ritrovato un esteso tratto relativo alla morte e resurrezione di Gesù, sembra che fosse composto in Siria verso l’anno 130 o poco dopo. L’autore si serve sostanzialmente dei Vangeli canonici, né appare con sicurezza che mirasse a propugnare idee eretiche; tuttavia cade in errori storici grossolani (ad es. fa condannare e condurre al patibolo Gesù da Erode) e aggiunge vari particolari chiaramente fantastici.

• § 97. Assai importante ed uscito da ambiente ortodosso è il Protovangelo di Giacomo, che risale a circa la metà del secolo II. Si diffonde molto sui fatti di Maria e dell’infanzia di Gesù: nel ciclo liturgico della Chiesa sono tuttora rispecchiati taluni fatti da esso narrati, quale la presentazione di Maria al Tempio, di cui i Vangeli canonici non fanno parola. La trama fondamentale della narrazione è quella dei Vangeli canonici, ma arricchita specialmente da gran quantità di prodigi, sempre inutili, spesso anche indecorosi; ad esempio, si finge che la perpetua verginità di Maria, che l’ortodosso autore vuol mettere in sommo rilievo, sia sottoposta ad una prova tanto decisiva quanto sconveniente (cap. 20). Questo apocrifo fu molto diffuso nella Chiesa antica, e in tempi più recenti ricevette varie rimanipolazioni, quali lo pseudo Vangelo di Matteo, del secolo VI, e il Libro della natività di Maria, del secolo IX. Di un Vangelo di Tommaso parlano antichi scrittori, segnalandolo come opera di eretici gnostici, composto verso la metà del secolo II. Ma le due recensioni che sono pervenute a noi di questo scritto - una più ampia, l’altra meno - non mostrano alcuna idea gnostica, e contengono solo numerosi miracoli, quasi tutti puerili, attribuiti appunto alla puerizia di Gesù dall’età di cinque anni in su. Più recenti, ma non più autorevoli, sono altri apocrifi non sempre bene noti che basterà nominare: il Vangelo di Filippo, del secolo III; il Vangelo di Bartolomeo, del secolo IV; gli Atti di Pilato, in parte anteriori al secolo IV, che si presentano come un resoconto del processo e della resurrezione di Gesù; le Lettere tra Abgar re di Edessa e Gesù (in Eusebio, Hist. eccl., I, 13), e la Dottrina di Addai, d’origine siriaca, del secolo IV; altre narrazioni scendono dal secolo V in giù. Numerosi scritti apocrifi, sotto la denominazione di Atti, Lettere, Apocalissi, oppure di Costituzioni, Canoni, Didascalie, si riportano direttamente ai vari Apostoli più che a Gesù stesso; ma di lui parla molto la cosiddetta Lettera degli Apostoli, che contiene dialoghi di Gesù con i discepoli e che, scritta in greco nel secolo II, è giunta a noi in una recensione copta ed una etiopica (quest’ultima è incorporata nell’apocrifo Testamento di nostro Signore Gesù Cristo). Escludendo già anticamente dal canone delle Scritture sacre questa congerie di scritti apocrifi e pseudo-apocrifi, la Chiesa ha fatto un’opera eccellente anche dal semplice punto di vista della scienza storica; in essi infatti, anche quando non si riscontrano concetti apertamente ereticali o tendenziosi, si ritrovano quelli che già S. Girolamo chiamava i sogni degli apocrifi.

• § 98. Una classe particolare, che può richiedere un giudizio particolare, è costituita da quei brevissimi scritti che sopra chiamammo Agrafa o Logia. Per amor d’esattezza bisogna distinguere. Stando al significato delle rispettive parole gli Agrafa, cioè i «non scritti», sono quei brevi detti o aforismi attribuiti a Gesù che si ritrovano trasmessi fuori della sacra Scrittura (Grafè), o, secondo un’altra norma, fuori dei soli quattro Vangeli canonici. I Logia, cioè i «detti», sono egualmente brevi sentenze attribuite a Gesù e tutte appartenenti alla classe degli Agrafa; ma oggi questo termine è convenzionalmente riservato a designare quelle sentenze che si vengono man mano scoprendo, da un quarantennio in qua, nei frammenti di antichi papiri recuperati nell’inesauribile Egitto. Gli Agrafa invece si ritrovano in altri documenti antichi, anche fuori della letteratura apocrifa, come in opere di taluni Padri e in qualche singolare codice del Nuovo Testamento. Poiché S. Paolo stesso cita come parole di Gesù la sentenza ignota ai Vangeli: «È cosa più beata dare che ricevere» (Atti, 20, 35), non è astrattamente impossibile che altre di siffatte brevi sentenze si siano conservate a lungo oralmente nella Chiesa antica, per poi esser fissate in iscritto lungo i primi secoli del cristianesimo. Venendo poi al caso pratico, si riscontrano in realtà citazioni di questo genere in antichi Padri, lontani tra loro per tempo e per luogo. Così troviamo che, nel secolo I, Clemente romano attribuisce a Gesù il detto: «Come farete, così sarà fatto a voi; come darete, così sarà dato a voi; come giudicherete, così sarete giudicati; come sarete benigni, così si sarà benigni con voi» (I Corinti, 13); nel secolo II, il palestinese Giustino martire gli attribuisce la sentenza: «In quali (opere) io vi sorprenderò, in quelle vi giudicherò» (Dialog. cum Tryph., 47); nel secolo III, l’alessandrino Origene gli assegna l’aforisma: «Chi è vicino a me, è vicino al fuoco; chi è lungi da me, è lungi dal regno» (in Jer., XX, 3), aforisma che nel secolo successivo si ritrova in Didimo il cieco, egualmente alessandrino; e ancora nel secolo IV il siro Afraate, il «Sapiente Persiano», presenta come detta da Gesù la seguente ammonizione: «Non dubitate, sì che affondiate dentro il mondo, a somiglianza di Simone che dubitando cominciò ad affondare dentro il mare» (Demonstr., I, 17). E le citazioni, che talvolta contengono anche piccole particolarità della biografia di Gesù, potrebbero estendersi ad altre epoche e regioni. Che pensare di questi Agrafa di antichi scrittori cristiani?

• § 99. Un giudizio generale non si potrebbe dare, ed è necessario riportarsi a singoli casi. Molto spesso si tratta certamente di citazioni di Vangeli canonici fatte, non con quell’aderenza letterale che oggi sarebbe di rigore, bensì in maniera larga e oratoria, sì da mirare al concetto sostanziale più che alla parola materiale. Altre volte sembra che la citazione, specialmente se contiene una particolarità biografica, sia tolta da qualche scritto privato di edificazione, o anche da qualche apocrifo perduto. In altri casi potrà dipendere da una tradizione soltanto orale, senza però che oggi si possa decidere se quella tradizione risalisse veramente alle origini oppure fosse una pia elaborazione cristiana. In conclusione, pur rimanendo la possibilità astratta che taluni Agrafa siano autorevoli, la rispettiva dimostrazione è assai difficile a raggiungersi. Questa generica diffidenza è giustificata anche di fronte a taluni brevi tratti particolari, contenuti solo in qualche codice del Nuovo Testamento ma ignoti a tutti gli altri antichi documenti. Ad esempio, il codice D detto di Beza, del secolo VI, al passo di S. Luca, 6, 4, soggiunge questo tratto: «In questo stesso giorno, avendo (Gesù) visto un tale che lavorava di sabbato, gli disse: Uomo, se tu sai ciò che fai, sei beato; se poi non lo sai, sei maledetto e trasgressore della Legge». Tanto caratteristica è l’idea qui espressa, quanto è singolare il tratto che l’esprime, ignoto a tutti gli altri codici. Un’altra celebre aggiunta, caratteristica e del tutto solitaria, è quella contenuta nel manoscritto W (Freer) e messa appresso a S. Marco, 16, 14. Anche per questi tratti speciali di solitari codici, in forza delle stesse ragioni accennate sopra, sarà ben arduo dimostrare che l’autenticità astrattamente possibile debba considerarsi nei singoli.

• § 100. Una messe abbondante è fornita anche dai Logia, che si stanno ricuperando da un quarantennio e talvolta raggiungono una notevole ampiezza. Se ne ritrovarono già a Banhesa, l’antica Ossirinco (pubblicati da Grenfell e Hunt nella collezione Oxyrhynchus Papyri, dal 1897 in poi); in seguito l’Egitto ha largheggiato, oltreché con antichissimi papiri (Chester Beatty) strettamente neotestamentari, anche con altri che contengono sia brevi sentenze staccate, sia passi più ampi e ben connessi. Quest’ultimo è il caso del papiro (Egerton) pubblicato come «frammenti di un Vangelo sconosciuto» da Idris Bell e Skeat nel 1935, e che risale ad un’antichità eccezionale, essendo certamente non posteriore e forse anteriore alla metà del secolo II. Gli altri Logia si distribuiscono in genere fra i secoli II e III, ma sono costituiti da sentenze staccate e brevi che di solito cominciano con le parole: «Dice Gesù ...». È stato supposto che il papiro (Egerton) del «Vangelo sconosciuto» contenga una parte dell’apocrifo Vangelo degli Egiziani (§ 96); l’opinione è discutibile, mentre è certo che il suo contenuto dipende più o meno direttamente dai quattro Vangeli canonici, e specialmente da S. Giovanni. I restanti comuni Logia, invece, sono avanzi del naufragio che ha sommerso antiche raccolte di detti di Gesù: i cristiani dei primi secoli componevano quelle raccolte a proprio uso privato, estraendone il materiale da varie parti, anche dai vangeli apocrifi, non senza adattarlo e modificarlo secondo le attitudini e gli scopi personali. Quando i primi di tali Logia cominciarono a tornare alla luce, parecchi studiosi li giudicarono reliquie di antichi repertori anteriori ai Vangeli canonici, e da cui questi dipenderebbero: credettero quindi d’entrare in possesso parziale o dei Logia di S. Matteo, di cui parlerebbe Papia (§ 114 segg.), o degli scritti di quei molti che secondo S. Luca (1, 1-4) avevano narrato prima di lui i fatti di Gesù. Ma, purtroppo, quella rosea ipotesi e l’entusiasmo che l’accompagnava non erano giustificati. Oggi, che il materiale è notevolmente cresciuto e si può giudicare con migliore cognizione di causa, l’opinione quasi unanime è che la relazione fra i due gruppi di scritti sia l’inversa a quella allora supposta, ritenendosi cioè che questi Logia siano posteriori e dipendano dai Vangeli canonici, oltreché da altre fonti.

• § 101. Diamo come saggio il primo frammento di papiro pubblicato nel 1897 (in Oxyrhynchus Papyri, I, n. 1), ricordando a fianco ai singoli detti i luoghi dei Vangeli canonici da cui dipendono: (Dice Gesù:) ... e allora tu vedrai bene d’estrarre la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello (cfr. S. Matteo, 7, 5; S. Luca, 6, 42). Dice Gesù: Se non digiunate dal mondo, non troverete il regno di Dio; e se non sabbatizzerete il sabbato (cioè, se non santificherete tutta la settimana) non vedrete il Padre. (Il concetto di digiunare dal mondo ritorna in Clemente Alessandrino, Stromata, III, 15, 99; al concetto del sabbato spirituale allude Giustino, Dialog. cum Tryph., 12). Dice Gesù: Stetti in mezzo al mondo e apparvi ad essi nella carne; e li trovai tutti ubriachi, e nessun assetato trovai fra loro; e l’anima mia è afflitta a causa dei figli degli uomini, perché sono ciechi nel loro cuore e non vedono... (?) e la povertà. Dice Gesù: Ove siano (due, essi non) sono senza Dio, e ove sia uno soltanto, dico che io sono con lui. Solleva la pietra, e là mi troverai; spacca il legno, e io sono colà (cfr. S. Matteo, 18, 20). Dice Gesù: Non c’è profeta accetto nella patria sua, né un medico opera guarigioni fra quei che lo conoscono (cfr. S. Matteo, 13, 57; S. Marco, 6, 4; S. Luca, 4, 23-24; S. Giovanni, 4, 44). Dice Gesù: Una città costruita su cima d’alto monte e rafforzata, non può crollare né restare occulta (cfr. S. Matteo, 5, 14). Dice Gesù: Tu ascolti con uno dei tuoi (orecchi), ma (l’altro tieni serrato?). In ultima conclusione, le fonti cristiane estranee al Nuovo Testamento - siano esse scritti apocrifi, o Agrafa, o Logia - sono prive nella loro enorme maggioranza di autorità storica riguardo alla biografia di Gesù. In qualche caso può rimanere una certa possibilità in loro favore: ma tali casi sono cosi rari, e la dimostrazione della loro autorità effettiva è così difficile, che praticamente non se ne può trarre alcun vantaggio apprezzabile. Questo vantaggio, nella migliore delle ipotesi, equivarrebbe ad una coppa d’acqua aggiunta in un lago: cioè, quand’anche i pochissimi passi meglio accreditati si potessero accettare come sicuramente autentici, acquisteremmo qualche decina di righe da aggiungere come appendice ai Vangeli canonici, senza per altro che tal minuscola appendice modificasse il contenuto di quelli o ne accrescesse notevolmente il patrimonio biografico o concettuale. Prosegue ...

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Da «Vita di Gesù Cristo», Imprimatur 1940, Giuseppe Ricciotti (preghiamo l'Eterno riposo ...), 7a Edizione, 32° - 36° migliaio, Encomio solenne della Reale Accademia d’Italia, Rizzoli & C. Editori, Milano - Roma, 1941.