Comunicato numero 214. I miracoli di Gesù e la critica razionalistaStimati Associati e gentili Sostenitori, le guarigioni operate da Gesù hanno tutti i caratteri del miracolo. Sono fatti certi, superiori alle forze della natura, operati da Dio. Egli ha un potere incondizionato, irresistibile, onnipotente. Gesù è medico, ma medico straordinario, incomparabile, divino. Egli guarisce in forza di una virtù propria. «Virtus de illo exibat et sanabat omnes» (Lc., VI, 19). Eppure quanta critica razionalista, oramai da qualche secolo, cerca in tutti i modi di confutare, inutilmente, la veridicità delle guarigioni operate da Gesù. Oggi andremo ad affermare la verità storica, a glorificare Nostro Signore Gesù Cristo (ricorre la Festa di Cristo Re) e, contestualmente, a confutare le ridondanti obiezioni dei razionalisti. Confuteremo pure quei perniciosi sofismi dei modernisti che occupano abusivamente le nostre chiese oramai dalle tristi tenebre del Vaticano Secondo. Utilizziamo, dunque, il prezioso volumetto «Le guarigioni operate da Gesù e la critica razionalista», del P. Vittorio Marcozzi SJ, collana S.O.S., Serie IV N. 6 (74), imprimatur 1941. Per approfondimenti sulla dottrina dei miracoli consigliamo la lettura del libro «Racconti Miracolosi: Con saggio introduttivo sui veri e sui falsi miracoli».

•  Fatti storici. Nel 1864 Davide Strauss, nel lavoro «Leben Jesu für das deutsche Volk», scriveva: «Vi sono poche personalità storiche di cui abbiamo così meschine testimonianze come per Gesù». Dopo mezzo secolo di indagini (1920), la critica razionalista giungeva alla deduzione diametralmente opposta: «Noi abbiamo per poche personalità dell’antichità così indiscutibili testimonianze storiche come per Gesù» (A. Schweitzer, «Geschichte der Leben Jesu Forschung», Tübingen, Mohr, 1938, 5 Auflage p. 6). E Dimitrj Merezkovskij, in un lavoro intitolato «Gesù sconosciuto», affermava: «...Il Vangelo è il libro più autentico di tutti quanti i libri passati presenti e certo anche futuri» (D. Merezkovskij, «Gesù sconosciuto», Firenze, Bemporad, 1937, p. 24). Quest’affermazione concorda perfettamente con quelle che i cattolici hanno sempre sostenuto, fino dai primi tempi della Chiesa, e cioè che i Vangeli sono i libri più autentici e veridici che possegga l’umanità. Essi furono scritti dai testimoni oculari della vita di Cristo che hanno riferito fedelmente ciò che con i loro occhi hanno visto, toccato con le loro mani, udito con i loro orecchi. «Vidimus oculis nostris, audivimus, manus nostrae contrectaverunt, spectatores illius magnitudinis facti sumus» (I Giov., c. I, v. 1). Nel presente lavoro noi presupponiamo questa verità, che si può trovare dimostrata altrove, né ci tratteniamo a dimostrare la storicità dei fatti evangelici, tanto più che ai nostri giorni anche molti razionalisti ammettono l’autenticità e veridicità dei Vangeli [Tra i razionalisti si è distinto specialmente A. Von Harnack nel dissipare, se mai vi fosse stato bisogno, gli ultimi dubbi intorno all’autenticità del Nuovo Testamento (cfr. I. Felder, «Gesù di Nazareth», Torino. Soc. Ed. Int. 1938, p. 46)]. Oggi generalmente non si negano più i fatti (alla narrazione evangelica dei medesimi fatti nessun contemporaneo poté avanzare obiezioni, ndr.), ma si tenta di spiegarli in modo naturale. Quasi tutti i razionalisti partono da un principio a priori, completamente gratuito: il miracolo è impossibile. I Vangeli parlano di miracoli. Dunque bisogna interpretarli (Cfr. I. Felder, ivi., p. 38). Saranno appunto queste interpretazioni l’oggetto principale del nostro studio. In quanto alla prima premessa dei razionalisti ci accontentiamo di osservare che per asserire l’impossibilità del miracolo bisognerebbe prima dimostrare la non esistenza di Dio o l’impossibilità che Dio intervenga, sospendendo il corso naturale delle leggi fisiche. Nessun incredulo o deista ha potuto mai dimostrare l’impossibilità di questi fatti. Al contrario argomenti della massima evidenza dimostrano l’esistenza di Dio e la possibilità di un suo intervento nel corso dei fenomeni fisici. Lo storico coscienzioso e sopratutto l’uomo che cerca la luce deve assolutamente tener conto di questa possibilità, se non vuole esporsi al pericolo di abusare del dono di Dio.

• Che cosa intendiamo per miracolo? Per miracolo intendiamo un fatto sensibile, che costituisca un’eccezione manifesta al corso ordinario delle leggi della natura, e che non possa essere compiuto che da Dio. Tre cose pertanto si richiedono perché un fenomeno si debba ritenere miracoloso. In primo luogo, dev’essere un fatto sensibile, cioè controllabile coi nostri sensi. Per esempio: un ammalato, supponiamo, un lebbroso, mi sta dinanzi. Io lo vedo, lo tocco, sento il fetore delle sue piaghe. E con me lo vedono, lo toccano, lo sentono, due, tre, dieci, quanti testimoni si vuole. Un uomo santissimo si presenta e pronuncia semplicemente queste parole: «Sii mondato». In quel medesimo istante, il pus scompare, le ferite si rimarginano, la pelle, delicata e morbida, come quella d’un fanciullo, si ridistende là dove esistevano piaghe purulenti. Il lebbroso è completamente ed istantaneamente guarito. Questo è il fatto sensibile, il quale consta precisamente di due momenti: la presenza della malattia, la scomparsa della medesima. È possibile controllare questi fatti? Nessuno potrà negarlo. Sono due fenomeni sensibili, facilmente controllabili, e che si succedono istantaneamente: la constatazione di una malattia, la scomparsa della medesima.

• Ma non basta il fatto sensibile perché un fenomeno si debba ritenere miracoloso. È necessario che esso superi la possibilità di tutte le forze della, natura. E non soltanto delle forze che noi conosciamo, ma anche di quelle che non conosciamo e che la scienza andrà via via scoprendo. Giacché, se il fatto fosse spiegabile con le forze naturali, sia pure ignote, è chiaro che esso non sarebbe più miracoloso ma semplicemente mirabile. Abbiamo criteri per stabilire, con certezza, che alcuni fenomeni non possono essere prodotti da nessuna causa naturale neppure sconosciuta? Sì, e lo vedremo fra poco, quando parleremo delle interpretazioni avanzate per spiegare le guarigioni operate da Gesù Cristo. Per il momento basta che si comprenda la necessità che il miracolo superi le possibilità di tutte le forze naturali. Ne segue necessariamente che, se un fenomeno non può essere naturalmente spiegato ricorrendo alle forze sensibili, dovremo ricercarne la spiegazione nel mondo delle forze non sensibili. Queste forze si dovranno senz’altro identificare col potere divino? No, perché chi ci vieta di pensare che, oltre al mondo sensibile, esista un mondo insensibile, ma creato, il quale possa esercitare un potere grandissimo sulla terra? Nessuno potrà mai dimostrare l’impossibilità dell’esistenza di questo mondo. Ora, se qualcuno di questi esseri intervenisse per produrre il miracolo, la sola constatazione che il fenomeno supera le forze naturali, non basta per concludere con certezza, che là vi è l’intervento di Dio.

• Ma noi saremo assolutamente certi che il prodigio è compiuto, almeno indirettamente, da Dio, se esso si compie in nome Suo e per un fine santo. Giacché sarebbe assurdo pensare che Iddio permetta si compia un miracolo in suo nome per confermare l’errore. Egli, la stessa santità, si renderebbe complice di una cattiva azione. Il fine pertanto del miracolo ci indica se esso viene da Dio o da un essere spirituale ribelle. Pertanto: fatto sensibile, superiore alle forze della natura, fine santo si richiedono per un miracolo. (Noi sappiamo, per esempio, che i “miracoli” operati presso gli eretici, gli scismatici, gli infedeli e presso ogni altra falsa religione non possono essere veri miracoli: Dio non conferma l’errore, ndr.). Le guarigioni operate da Gesù Cristo hanno questi tre requisiti? Se sì, noi dovremo concludere che esse sono miracolose e quindi che Dio era con Lui: Gesù è Dio.

• Le guarigioni operate da Gesù. Le guarigioni miracolose operate da Gesù sono innumerevoli. È impossibile determinarne il numero anche solo approssimativo. Frequentemente si trovano negli Evangelisti espressioni come queste: «E molti lo seguirono, ed Egli li guarì tutti» (Mt., XII, 15). «E (nell’uscire) visto gran folla, se ne mosse a compassione, e ne guarì gli infermi» (Mt., XIV, 14). «...Il popolo cercava di toccarlo perché scaturiva da Lui una forza che sanava tutti» (Lc., VI, 19). Ma oltre a queste espressioni generiche che ci danno la frequenza delle guarigioni da Lui operate, si trovano descritti nel Vangelo ventisei «casi» particolari che si possono classificare in speciali categorie: guarigioni di ciechi, di sordi, di sordomuti, di epilettici, di lebbrosi, di idropici, di paralitici e d’altri ammalati, nonché tre resurrezioni di morti. I casi sono riferiti con la massima semplicità e schiettezza, senza il minimo commento (e, lo ripetiamo, proprio all’epoca dei fatti non risultano obiezioni storicamente attendibili, ndr.).

• Qualche esempio. Due ciechi seguivano Gesù dalla casa dell’Archisinagogo, e gli dicevano: «Figlio di David, abbi pietà di noi». E Gesù disse loro: «Credete voi che Io possa farvi questo?». Ed essi risposero: «Si, o Signore». Allora Gesù toccò gli occhi dicendo: «Vi sia fatto secondo la vostra fede». E sì aprirono i loro occhi. Un’altra volta, discendendo dal colle, dove Gesù aveva tenuto il discorso delle Beatitudini, gli si accostò un lebbroso, che gli disse: «Signore, se vuoi puoi mondarmi». Gesù mosso a compassione, stese la mano dicendo: «Lo voglio, sii mondato». E la lebbra disparve subito dalla sua persona. A Cafarnao gli viene portato un paralitico, disteso sul suo tettuccio. Gesù gli dice: «Confida, figlio, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli Scribi mormorano in cuor loro: «Chi è costui che si arroga il potere di rimettere i peccati?». Ma Gesù che aveva visto i loro pensieri dice: «Perché pensate male in cuor vostro ? Che cosa è più facile dire: ti sono rimessi i tuoi peccati, oppure levati e cammina? Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’Uomo ha il potere di rimettere i peccati in terra, io dico a questo paralitico: alzati, prendi il tuo letto e cammina». E il paralitico si alzò e andò a casa sua. L’amico Lazzaro è morto da quattro giorni. Le sue carni esalano il fetore cadaverico. Le sorelle del defunto vanno incontro a Gesù piangendo e gli dicono: «Signore se foste stato qui, nostro fratello non sarebbe morto». Gesù risponde queste misteriose e semplici parole: « Io sono la resurrezione e la vita: chi crede in Me, sebbene sia morto vivrà e ognuno che vive e crede in Me non morrà in eterno». Lo conducono al sepolcro. È presente una folla di Giudei. Gesù ordina sia tolta la pietra sepolcrale. Marta gli fa osservare: «Signore, già puzza, chè è di quattro giorni». E Gesù le risponde: «Non ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Viene tolta la pietra. Allora Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre ti ringrazio d’avermi esaudito. Sapevo bene che sempre mi dai ascolto; ma l’ho detto per il popolo circostante, affinché creda che Tu mi hai mandato». E detto questo, con voce forte esclamò: «Lazzaro, vieni fuori». E uscì subito fuori il morto, legato mani e piedi con fasce e il volto coperto da un fazzoletto. Gesù disse ai circostanti: «Scioglietelo e lasciatelo andare». (Lazzaro era un uomo molto conosciuto dai Giudei dell’epoca, dunque il miracolo della sua resurrezione fece scalpore. La voce si diffuse rapidamente e questo suscitò l’ira della Sinagoga che, avendo dimenticato Dio ed avendo già tradito la legge di Mosè e la stessa religione di Abramo, si trovò impotente al cospetto della manifesta divinità di Cristo. Decretò, così, la sua uccisione delle più cruente, ndr.).

• Cristo ed i vari “taumaturghi”. I fatti che abbiamo esposto sono tali che non esitiamo a chiamarli miracoli. Alcuni razionalisti, comprendendo che non sarebbe stato facile spiegarli naturalmente, preferirono trattarli come miti o leggende inserite nel fondo del Vangelo. E per sostenere il loro argomento essi dissero: «Tutti i fondatori di religioni hanno fatto miracoli. Se ammettiamo che quelli di Cristo sono autentici, lo dobbiamo ammettere anche per quelli di Budda e di Maometto». Ma il confronto non regge, da qualsiasi lato lo si consideri. I miracoli di Gesù Cristo sono d’una serietà e dignità incomparabile. I prodigi di Budda e Maometto assomigliano piuttosto ai racconti di fate ed alle storie del «gatto con le scarpe», che si raccontano ai ragazzi. Ecco come i libri “sacri” Lalitta Vistara raccontano la nascita di Budda. «Quando giunse il momento, egli discese nel seno di Maya, sposa di un re famoso, in forma di un piccolo elefante bianco, con sei zanne e col capo rosso come cocciniglia, e i denti come una linea d’oro. Tutti gli dei, e Brahma stesso, vennero a visitarlo. Dieci mesi dopo la nascita, apparvero 32 segni portentosi...» («Lalitta Vistara», trad. dal Sanscrito di Ph. Ed. Foucaux, Parigi, Leroux, 1884, C. VI e seg. pp. 54 e segg.). Quanto alla potenza di Maometto, ecco che cosa ci dicono i suoi biografi. Un giorno alcuni nemici del profeta gli lanciano la sfida: «Se tu vuoi che noi crediamo in te, obbliga la luna a fare sette volte il giro della Caaba e a dirti: la pace sia con te, o apostolo di Dio! e poi ad entrare per la manica sinistra della tunica, e uscire dalla destra». E il profeta immediatamente rispose: «Io non sono di quelli che si ritraggono indietro», e subito fece i prodigi richiesti (P. E. Pinard de la Boullaye S. J., «Il taumaturgo e il profeta», Torino, Marietti, 1932, p. 90). (Oltre all’episodio in sé ridicolo, ma dal quale deriva la mezzaluna,  ricordiamo la risposta data da Gesù al demonio: «Non tenterai il Signore Dio tuo». Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato, ndr.). Certo insieme a questi racconti fantastici sono descritte anche presunte guarigioni, ma la presenza di quei racconti toglie ogni credibilità anche a quelli più seri. Nulla di simile nel Vangelo: mai un miracolo che sappia del fantastico o del ciarlatanesco. Quando si trovò davanti ad Erode che si aspettava di veder compiere da Lui qualche miracolo, Gesù nulla operò, e neppure disse una parola sola: non era un giocoliere! La carità con la necessità dell’insegnamento erano l’unico motivo dei suoi miracoli; e questi poi, nel modo come sono raccontati, dànno spesso tutta l’impressione di fatti vissuti. E ciò è naturale, poiché la vita di Gesù fu scritta da testimoni oculari delle sue azioni, o da chi ne aveva raccolto il ricordo da testimoni oculari, i quali riferivano tutto colla massima fedeltà e veracità. Invece le vite, per esempio, di Budda e di Maometto non furono scritte che lungo tempo dopo, anche qualche secolo dopo la morte degli “eroi”, quando già si erano infiltrati elementi leggendari. (Quando i testimoni oculari, che facilmente avrebbero obiettato, erano deceduti da lungo tempo, ndr.) Si aggiunga che i miracoli di Gesù non sono un elemento accidentale del racconto evangelico, ma piuttosto una parte così importante, che sopprimerli equivarrebbe a sopprimere tutto il Vangelo. (Per i modernisti, che dal funesto Vaticano Secondo occupano le nostre chiese, ordinariamente si tratta o di fatti leggendari, o di aggiunte postume, o di episodi narrati con enfasi ma spiegabili da ragioni naturali. In pratica essi - i modernisti - non hanno la fede cattolica e non credono veramente nel soprannaturale, ndr.). Posto tutto ciò, si comprende come anche Davide Strauss, che in un primo tempo aveva caldamente sostenuto la teoria del mito, finì per adottare l’interpretazione naturalistica. E cioè si ammettono i fatti, ma si tenta di spiegarli naturalmente.

• Federico Bahardt, professore di filosofia a Lipsia, ma espulso dall’insegnamento per la sua pessima condotta, e qualche altro suo degno collega, come Cabanès, escogitarono la seguente spiegazione delle guarigioni operate da Gesù. «Gesù non fu il santo che si crede, ma un furbo», essi dissero. Egli fu educato dalla setta segreta degli Esseni o Terapeuti, medici valentissimi, i quali gli avrebbero insegnato medicamenti dall’efficacia quasi portentosa, di cui egli si sapeva servire al momento opportuno per attirare l’ammirazione del popolo. Questo, secondo Cabanès («Remèdes d’autrefois. Les miracles de Jésus», Paris, 1913). Federico Bahardt, invece, sostiene che il maestro di Gesù fu un misterioso persiano. (Fillion, «Les étaper du Rationalisme», Paris, Lethielleux, 1914, p 29). «Gesù è un furbo !», affermano questi autori. Essi non hanno compreso nulla della sublime grandezza del Vangelo. La figura morale di Gesù è troppo luminosa perché i loro occhi possano contemplarla. Le nottole divengono cieche quando fissano il sole! Ma supponiamo pure che Gesù fosse andato a scuola dagli Esseni e dai Persiani, che cosa si spiega con questo ? Le sue guarigioni miracolose? Neppure per sogno. Non soltanto dai Terapeuti ma neppure dai migliori medici dell’antichità, come Ippocrate, Esculapio e Galeno, anzi neppure dai più grandi scienziati dei nostri giorni, Gesù avrebbe imparato il segreto delle sue guarigioni. Quale medico, per quanto sapiente ed esperto, ha mai guarito in un istante i lebbrosi, dato la vista ai ciechi nati, ridonato la vitalità ad una mano inaridita, ridato la vita ai morti? L’enormità era troppo palese perché altri razionalisti non se ne accorgessero. E si tentarono nuove fantasiose spiegazioni.

• Fascino d’uomo superiore. Ernesto Renan spiega le guarigioni di Gesù, ricorrendo ad ipotesi diametralmente opposte a quelle di Bahardt e di Cabanès. No, egli dice, Gesù non si intendeva affatto di medicina. Anzi ai tempi di Gesù non esisteva scienza medica tra gli Ebrei di Palestina, egli guariva con la presenza di uomo superiore, che tratta dolcemente l’infermo e lo rassicura della guarigione, prodigandogli i suoi sorrisi. Ecco le testuali parole: «La medicina scientifica, già fondata in Grecia da cinque secoli, al tempo di Gesù era cosa ignota agli Ebrei di Palestina. Con tali cognizioni, la presenza di un uomo superiore che tratti dolcemente il malato, e, con qualche segno sensibile, lo rassicuri sulla guarigione, è di sovente un rimedio decisivo. Chi oserebbe dire che in molti casi, salvo le lesioni appieno caratterizzate, il contatto di persona squisita non valga gli spedienti della farmacia? Il piacere di vederla guarisce. Essa dà quel che può, un sorriso, una speranza, e non è inutile» (E. Renan, «Vita di Gesù», Milano, Daelli, voi. IlI, pp. 128-129). Non si potrebbero dire più spropositi in così breve spazio. In primo luogo è falso che gli Ebrei non conoscessero la medicina. Il capo 28 dell’Ecclesiastico illustra molto bene la professione del medico, e la considera un’occupazione vantaggiosa, con l’assistenza di Dio, anche quando si ritenga che la malattia è un castigo dei peccati. «Onora il medico, scrive l’Ecclesiastico, perché fu fatto dall’Altissimo... L’Altissimo creò dalla terra i medicamenti e l’uomo prudente non li disprezzerà... Lo speziale (unguentarius) manipola unguenti salutari... Figlio mio quando sei ammalato, prega il Signore... e poi chiama il medico...; egli non si parta da te perché la sua presenza è necessaria». (Ecclesiastico, cap. 28 vers. 1-13). Gli Ebrei avevano medici e li tenevano in considerazione. Del resto l’Evangelista San Luca ci dice che l’emorroissa fu risanata, toccando la veste del Maestro, dopo aver sperimentato le cure di molti medici, per 12 anni (Lc., VIII, 43). La prima affermazione pertanto di Renan è falsa. La seconda sarebbe incredibilmente ingenua, se non fosse maliziosa. «Il sorriso d’una persona eletta e santa, egli afferma, vale meglio che tutte le specialità farmaceutiche». Gesù fu una persona eletta e santa. Che amabile concessione! Salvo poi ad accusare Gesù di impostura nella resurrezione di Lazzaro. Ma questa frase è poco gentile per i medici di tutti i tempi. Nessun medico ha mai operato prodigi col solo sorriso. Dunque nessun medico è stato eletto e santo. Ma essa è anche poco lusinghiera per tutti i non medici, perché per essere una persona eletta non è necessario ottenere la laurea in medicina. Eppure nessun uomo ha mai guarito istantaneamente tutte le malattie con la sola sua presenza. Bisogna concludere che Renan ha voglia di divertirsi, a meno che, come supponiamo, per «sorriso» non intenda parlare di suggestione e di ipnotismo.

• Suggestione? E allora consideriamo una nuova spiegazione dei miracoli di Gesù, sostenuta, specialmente tra i medici, da Martino Charcot, il noto fondatore della scuola di psichiatria della Salpêtrière a Parigi. Egli ammise che le guarigioni operate da Gesù, come quelle di Lourdes, fossero effetto di suggestione. L’ammalato suggestionato o ipnotizzato dall’idea di guarire, guarisce realmente. E porta come prova alcuni casi di guarigioni di persone isteriche (M. Charcot, «La foi qui guérìt», Paris, Alcan, 1897). Una teoria simile è sostenuta anche da alcuni autori  americani ed inglesi. Cfr Dr. Henson, «Spiritual Healing», in The Hibbert Journal, XXIII, 1925, p.p. 335-401.) È noto come gli isterici possono, in forza di un’apprensione più o meno fondata d’aver un male, prodursi essi stessi quel male. Ora, se si riesce a suggestionarli che essi non hanno nulla o che sono in via di guarigione, il loro sistema nervoso, all’idea «io devo guarire, io sto per guarire», agisce in modo da produrre realmente la guarigione. È tipico il caso della signorina Coirin, soggetto manifestamente isterico, addotto dallo stesso Charcot. Questa signorina cadde due volte da cavallo. La seconda volta batté il lato sinistro del torace su un mucchio di pietre. S’impressionò d’essersi fatta più male che in realtà. Il sistema nervoso, sotto l’influsso dell’idea «mi sono fatta molto male», incominciò a funzionare come se realmente fosse ammalata. Si formò dapprima un disturbo vaso-motore, poi un falso tumore, che si ruppe formando ulceri. Se si riesce ad impressionare l’ammalata ed a convincerla che essa guarirà, il male dovrebbe sparire. Infatti bastò a questa signorina mettersi la tunica del diacono giansenista Paris, perché il male scomparisse in trenta giorni. Non c’è dubbio che la suggestione può avere un influsso grandissimo sul corso di certe malattie. Per convincersene basterebbe pensare anche solo al fatto, a tutti noto, che la guarigione è assai più difficile quando ci sentiamo abbattuti e depressi che quando abbiamo l’animo sollevato e fiducioso. Per questo i medici cercano generalmente di tenere nascosta all’ammalato la vera natura del male, non solo per risparmiargli un dolore, ma specialmente perché essi sanno, per esperienza, quale influsso abbia lo stato d’animo sul fisico.

• Quanto alla cura delle malattie mediante la suggestione, esse possono dividersi in due gruppi: malattie funzionali e malattie organiche. Le malattie funzionali sono quelle che non presentano, almeno coi nostri mezzi attuali di indagine, lesioni anatomiche degli organi e dei tessuti, né grossolane o macroscopiche (come può essere un tumore, un processo infiammatorio, un’ulcerazione, ecc.) né microscopiche; e si devono attribuire in prevalenza a disturbi nervosi. È chiaro che la suggestione, nella cura di queste malattie, può essere di grande efficacia. È ammalato principalmente il sistema nervoso e la suggestione è diretta a questo. Famose sono le guarigioni di ammalati nervosi, in genere, e di isterici, in particolare, ottenute, col metodo dell’ipnotismo e della suggestione, da Charcot a Parigi, e dal Dubois a Berna. Il prof. Pazzini, dell’Università di Roma, asserisce di aver guarito, in breve tempo (45 secondi), un mutismo isterico che si prolungava da tre giorni (A. Pazzini, «I Santi nella storia della medicina», Roma, Libr. Catt. Inter., 1937, pag. 103). Bernheim, mediante la suggestione, sarebbe riuscito ad arrestare certe metrorragie. Grasset avrebbe fatto cessare delle emorragie gengivali dovute ad emofilia e delle epistassi (A. Pazzini, ivi., p. 103, nota 119). Tuttavia questi casi, per confessione degli stessi specialisti, non sono molti. Esistono moltissimi ammalati del sistema nervoso che non si possono guarire né migliorare col metodo della suggestione. Bernheim, specialista di malattie nervose, afferma: «Quando la nevrastenia è ereditaria, quando è dovuta ad una conformazione viziosa del sistema nervoso, allora il più delle volte è inguaribile». E, in un altro luogo, riferendosi ad altre malattie nervose, continua: «L’ammalato apparentemente è guarito, ma non pretendete lo sia di fatto; vi sono dei guasti che non si riparano» (Bernheim, «Hypnotisme, suggestion, psychothérapie», Paris, 1909 pp. 336-339).

• Quanto poi alle malattie organiche, la suggestione ha un influsso ben più limitato. Essa può talvolta renderla possibile, facilitarla anche, ma non mai renderla istantanea (Cfr. Lavrand citato da E. Le Bec, «Prove mediche del miracolo», Torino, Marietti, 1935, p. 83). Nessuno specialista, per quanto rinomato e valente, come Bernheim e Charcot, è riuscito a ottenere la formazione istantanea di brandelli di carne mancanti. Nessuno è riuscito a suggestionare un cieco nato così da dargli istantaneamente la vista, né a chiudere così le piaghe di un lebbroso. La stessa piaga della signorina Coirin, benché di origine isterica, ha impiegato 30 giorni per chiudersi. Ora domandiamo: è possibile spiegare tutte le guarigioni operate da Gesù Cristo mediante la suggestione? Concediamo pure, per un momento, che tutte le malattie nervose siano curabili mediante la suggestione, e istantaneamente; perciò mettiamo da parte senz’altro tutte le guarigioni operate da Gesù Cristo, in cui ci fosse un dubbio sulla loro origine nervosa. Via allora le guarigioni dei muti, dei paralitici, degli epilettici, degli ossessi. Restano però le malattie di natura certamente organica e certamente incurabili con la suggestione: i ciechi nati, i lebbrosi, gli idropici, ecc. Nessuno è mai riuscito a sanare istantaneamente un solo lebbroso. Gesù Cristo ne guarisce non soltanto uno ma dieci contemporaneamente. Si è obiettato che quelli non erano veri lebbrosi, ma ammalati di malattie cutanee. Gli Ebrei, si è detto, non distinguevano la lebbra dalle malattie della pelle. Ciò è falso. Gli Ebrei conoscevano esattamente questa terribile malattia (Cfr. K. U. Knur, «Christus medicus?», Firenze, Libr. Ed. Fior. 1907, p.p. 89-91). Il Levitico ce ne dà una minuta ed esatta descrizione e la distingue sufficientemente dalle altre malattie cutanee. I provvedimenti che si prendevano per i disgraziati, infetti dalla lebbra, erano draconiani, e ben diversi da quelli per gli altri ammalati. «Il lebbroso, si legge al capo XIII del Levitico, sarà isolato, per giudizio del Sacerdote, avrà scucite le vesti, il capo nudo, il volto coperto colla veste, e griderà di essere contaminato ed impuro. Per tutto il tempo che sarà lebbroso ed immondo, starà solo fuori dagli alloggiamenti (Levitico, cap. XIII, 46). La lebbra era ritenuta pressoché inguaribile, e questo è un altro carattere che ci dimostra come la distinguessero dalle altre malattie. Il Capitano Siro Naaman si presenta al Re d’Israele perché lo guarisca dalla lebbra. Il re si strappa le vesti ed esclama: «Sono forse io Iddio che possa risuscitare, perché abbia il potere di guarire la lebbra?» (Libro IV dei Re, cap. V, 1-11). Noi oggi abbiamo maggiori cognizioni intorno a questa malattia, ma non possiamo fare molto di più per curarla. Se, ai nostri giorni, un lebbroso guarisse istantaneamente, noi non rimarremmo meno sorpresi degli ebrei del tempo di Gesù. Ma anche ammesso che con la parola «lebbra» si dovessero intendere altre malattie cutanee, la guarigione istantanea di queste, con la scomparsa delle piaghe che le rendevano simili alla lebbra, non potrebbe spiegarsi, come osserva giustamente il Prof. Pazzini, con la sola suggestione. («I Santi nella Storia nella medicina», Libr. Catt. Inter., Roma, 1937, p. 106, nota 128). E poi come spiegare la risurrezione dei morti con la sola suggestione ? Nessuno è mai riuscito a dare la vita ad un morto. Gesù Cristo risuscita un morto di quattro giorni. Si è detto che Lazzaro non era veramente morto. Si trovava in uno stato di morte apparente: di catalessi. Ciò è in aperta contraddizione coi segni più certi della morte: il fetore cadaverico. Ma ammettiamo pure non fosse morto; anche in questo caso la suggestione è insufficiente a spiegare come venga risvegliato dal sepolcro. Lazzaro, supponiamo, ha sofferto una malattia che lo ha ridotto in uno stato da sembrare morto. Rimane quattro giorni chiuso nel sepolcro, senza prendere cibo ed acqua. Alla voce d’un uomo che lo chiama, egli esce dal sepolcro, sostenendosi da solo, in condizioni da poter camminare ed agire come un sano. Chi gli ha dato questa forza, chi lo ha rimesso completamente in salute? Ma poi i morti risuscitati da Gesù Cristo sono tre. Saranno stati tutti casi di morti apparenti ? Che combinazione curiosa che tutti i morti incontrati da Gesù non fossero veramente morti, mentre sappiamo che la catalessi è un fenomeno eccezionalmente raro! E come avrebbe potuto agire la suggestione in questi casi? La suggestione ha sempre un potere limitato.

• Ma i razionalisti suppongono che essa sia addirittura onnipotente e che tutte le malattie, sia funzionali che organiche, siano guarite istantaneamente mediante la suggestione. Ebbene: neppure se questo fosse vero, ed è falso, la suggestione dà la spiegazione delle guarigioni operate da Gesù. Perché la suggestione agisca bisogna che essa sia possibile, e cioè che l’ammalato si trovi in condizioni tali da poterne sentire l’influsso. Le persone assenti, le incredule, quelle che nutrono sentimenti ostili o che pensano a tutt’altro che alla loro guarigione, non sono soggetti atti ad essere suggestionati. La suggestione in essi non può aver luogo. Ora, in molti casi di guarigioni evangeliche, mancano assolutamente tutte le condizioni per la suggestione. Il servo del Centurione è guarito a distanza. Un Centurione Romano si presenta a Gesù Cristo e gli dice: «Signore, se voi dite una sola parola, il mio servo sarà salvo». Gesù gli risponde: «Va, e come hai creduto ti avvenga». Nello stesso momento il servo fu guarito, e, quando gli inviati tornarono a casa, lo trovarono sano. (Mt., VIII, 1-13; Lc., VII, 1-10). Gesù ha finita la sua accorata preghiera nell’orto del Getsemani. I soldati e i servi del Sinedrio, armati di spade e bastoni, vengono per imprigionarlo. Pietro tenta di difendere il Maestro. E con un colpo di spada taglia l’orecchio a un servo di nome Malco. Gesù rimprovera Pietro. Quindi accostatosi a Malco tocca l’orecchio di quello e lo guarisce (Lc., XXII, 50-52). La suggestione, anche in questo caso, è impossibile, perché Malco era animato da sentimenti ostili verso Gesù: «Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante», gli dice il Signore. La suggestione è parimenti impossibile negli incoscienti. Ora, Gesù guarisce un epilettico durante la crisi, quindi in stato d’incoscienza (Lc. IX, 38). Il Vangelo riferisce inoltre guarigioni, operate da Gesù, a vantaggio di persone che nulla chiedono e nulla aspettano da lui. Essendo egli entrato, un giorno di sabato, in casa d’un capo dei Farisei, questi gli tenevano gli occhi addosso per cercare di coglierlo in fallo. Gesù lesse questi pensieri, e, visto un idropico, che gli stava davanti, lo toccò e lo guarì sull’istante, per provare che le opere buone si possono compiere anche in sabato. (Lc., XIV, 1-6). Lo stesso avvenne di un uomo che aveva la mano secca (Mt. XII, 9-14). In tutti questi casi, anche ammettendo che Gesù avesse avuto un potere ipnotico immenso, la suggestione non basta, per la semplicissima ragione che non aveva luogo. Una persona lontana, o incoscia, o incredula, o ignara non può essere guarita per suggestione. Eppure Gesù guariva istantaneamente anche in questi casi. L’ipotesi della suggestione si mostra allora insufficiente a spiegare tutte le guarigioni operate da Gesù. È necessario ricorrere ad altre spiegazioni. Si fece allora appello alle forze occulte della natura [Alexis Carrel, dopo aver chiaramente affermato che le guarigioni miracolose di Lourdes sono autentiche, sembra volerle spiegare facendo ricorso a forze misteriose di natura psichica. «Tali fatti, egli scrive, mostrano la realtà di alcune relazioni, di natura ancora sconosciuta, fra processi psicologici e quelli organici» («L’uomo, questo sconosciuto», Milano, Bompiani 1937, pag. 164).].

• Forze Occulte? È questa la spiegazione generalmente ammessa dalla maggioranza degli increduli e razionalisti. Quante forze della natura esistono, essi dicono, che noi non conosciamo ! Ora, chi ci può assicurare che, tra queste forze occulte, non ve ne siano alcune che operano le guarigioni che noi chiamiamo miracolose? Anche i selvaggi attribuiscono al fulmine e al terremoto il significato di manifestazioni della divinità, perché ne ignorano le cause fisiche. Non potrebbe essere il medesimo di noi rispetto al miracolo? Chi avrebbe sospettato, anche solo cento anni fa, che l’uomo sarebbe riuscito a parlare con persone lontane migliaia e migliaia di chilometri, che sarebbe riuscito a vederle e che il suo sguardo sarebbe penetrato attraverso i corpi opachi? Se un nostro buon antenato avesse visto le meraviglie della radio, della televisione, o della radioscopia avrebbe certamente gridato al miracolo. Ma quel grido di ammirazione non avrebbe espresso che la sua ignoranza. Non potrebbe essere il medesimo di noi nei riguardi delle guarigioni miracolose? Cominciamo ad osservare, a proposito del nostro buon antenato, che se si fosse trovato di colpo davanti alle invenzioni moderne, sarebbe sì stato colto dalla più grande meraviglia, ma la presenza d’un ricevitore radio, o d’un generatore di Raggi X, avrebbe presto suscitato almeno qualche sospetto. Noi sappiamo bene, dalle relazioni dei missionari, che quando i Negri dell’Africa centrale udirono per la prima volta la voce del grammofono, non gridarono al miracolo, ma andarono cercando dove fosse nascosto l’uomo che parlava da quella tromba. Quindi i nostri antenati poterono sbagliare, se giudicarono che non fosse mai possibile trovare dei mezzi con cui si riuscisse a parlare a distanza o a vedere nell’interno dei corpi, ma non sbagliarono giudicando la cosa impossibile con i mezzi che avevano allora a propria disposizione. Anche adesso, se un medico, senza nessun apparecchio, riuscisse a vedere, come in una autopsia, il cuore e i polmoni d’un malato, attraverso tutti i tessuti della cassa toracica, noi potremmo legittimamente gridare al miracolo. E più in generale, alla difficoltà sopra esposta possiamo rispondere che ammettiamo benissimo l’esistenza in natura di molte forze a noi occulte; ma ciò non toglie che alcune leggi e alcune forze le conosciamo abbastanza bene per poter affermare che qualche cosa è possibile o no, entro certi limiti e sotto determinate condizioni.

• Posto tutto ciò, possiamo senza esitazione affermare che qualunque sia la natura e la potenza delle forze naturali che l’ingegno e la potenza umana andranno scoprendo, per quanto siano grandi le meraviglie che la natura chiude ancora nel suo seno misterioso, è certo che noi non troveremo mai la forza fisica che dia la spiegazione delle guarigioni operate da Gesù Cristo. Tutte le forze naturali, cioè sensibili, agiscono nello spazio e per conseguenza nel tempo. Nessun fenomeno della natura può sottrarsi al fattore tempo. Il tempo infatti non è che la durata di un fenomeno; il numero dei suoi stadi successivi. Ora, tutti i fenomeni naturali, richiedono un certo tempo per svolgersi, perché sono legati alla materia stessa e cioè avvengono nello spazio. Per andare da un punto all’altro dello spazio è necessario passare per i punti intermedi. Ma passare per punti successivi è impiegare tempo. Questo tempo potrà essere breve, brevissimo, quasi istantaneo, come per la luce, ma non mai nullo. I fenomeni biologici richiedono sempre tempi considerevoli. Essi sono strettamente legati alla natura colloidale del plasma. I numerosi catalizzatori che si trovano in esso, facilitano e accelerano i fenomeni della vita ma non li rendono mai eccezionalmente celeri. Una divisione cellulare, nelle migliori condizioni, impiega in media mezz’ora [La durata della divisione cellulare, in cellule di embrione di pollo coltivate in vitro, oscilla fra 18 e 40 minuti; secondo Olivo attorno a 38 minuti. Alla durata della divisione cellulare (mitosi), bisogna aggiungere quella del riposo che segue fra una divisione e l’altra (durata dell’intercinesi), necessario perché la cellula si accresca e raggiunga lo stato di maturità che si richiede per la divisione. La durata dell’intercinesi, secondo esperienze di Olivo e Delorenzi, oscilla fra i valori da 7 ore a 21. (G. Levi «Trattato di istologia», Torino, U.T.E.T., 1935, pp. 164-165)]. Tempi molto più lunghi si richiedono perché una giovane cellula raggiunga la sua differenziazione specifica. Ora, si consideri il numero stragrande di cellule, che si trovano in un lembo di carne umana. Le cellule sono della grandezza di pochi millesimi di millimetro. Si tratta di parecchie migliaia. La formazione di queste non può essere contemporanea, perché ogni cellula ha origine da un’altra cellula per scissione. La cicatrizzazione procede dai labbri verso il centro della ferita. Supponiamo ora che esistano forze occulte potentissime, meravigliose: esse potranno accelerare di molto questi processi, ma non mai renderli istantanei o quasi. Per renderli istantanei sarebbe necessaria la formazione contemporanea di tutte le cellule, ciò che equivale ad una nuova creazione.

• Ora è proprio questo che si osserva nella maggioranza delle guarigioni operate da Cristo. Esse sono caratterizzate dall’assenza del fattore tempo. Inoltre, tutte le forze naturali sono deterministiche, fatali, cioè, poste le medesime circostanze, agiscono necessariamente. La forza miracolosa di Gesù Cristo invece obbedisce alla sua libera volontà. Egli compie il miracolo quando e come vuole, nelle circostanze più differenti. Egli inoltre è padrone della sua forza al punto da poterla comunicare agli altri, anche dopo la sua morte. Che un uomo possa avere un potere misterioso, si comprende, ma che egli ne sia talmente padrone da poter dire: «Se credete in me potrete compiere prodigi maggiori dei miei», è inspiegabile, se non si ammette che quell’uomo abbia Dio con sé. Ora, Gesù dice ai suoi Apostoli proprio queste parole: «Annunziate il regno di Dio e durante il vostro viaggio guarite gli infermi, risuscitate i morti, rendete sana la carne dei lebbrosi» (Mt., X, 7-8). E più tardi: «Chi crede in me compirà opere simili alle mie e anche maggiori». E, notate bene la spiegazione che aggiunge, «perché io torno al Padre mio, e tutto quello che voi chiederete a mio Padre, nel mio nome, io lo farò: hoc faciam» (Gv., XIV, 11-14). Ma ciò che più ancora sorprende è che questa promessa si è adempiuta alla lettera. L’Evangelista San Luca e l’Apostolo San Paolo ci attestano che l’ombra di San Pietro guariva come l’ombra di Cristo (Atti, V, 12-16), che San Paolo risuscitava i morti e tutti gli Apostoli moltiplicavano guarigioni miracolose (Mc., XVI, 20). È inutile ricorrere all’ipotesi della fede che guarisce «la foi qui guérit» poiché non è che la medesima ipotesi della suggestione o auto-suggestione di cui abbiamo dimostrato l’insufficienza. Ora, è possibile ammettere che la scienza, fra due o quattro mila anni, spiegherà questi fatti? Che arriverà un giorno, più o meno lontano, in cui i nostri nipoti, più sapienti di noi, dimostreranno che l’impossibile è la cosa più naturale del mondo e l’assurdo è verità? Noi pensiamo che, per quanto il calcolo matematico progredisca, rimarrà sempre vero che due più due fa quattro e non mai cinque, e sarà sempre falso il contrario, per quanto spiriti stravaganti si sforzino di provare la falsità della nostra asserzione. Sino a tanto che esisterà lo spazio, le forze che agiscono in esso richiederanno il tempo. Migliaia e milioni di cellule d’un lembo di carne, con relativi muscoli, tendini, nervi, conservando la loro natura, non si potranno mai formare in un istante. Ed anche ammesso che questo potere qualcuno lo avesse, non potrebbe cederlo a chi vuole e quando vuole, anche dopo la sua morte, purché lo si chieda con fede. Ora, tutto questo si osserva nelle guarigioni di Gesù. Dunque le guarigioni di Gesù non si spiegheranno mai naturalmente. Ma vengono esse da Dio o da un altro essere immateriale? Gesù le compie in nome di Dio e in conferma della verità. L’onore e la santità di Dio ne sono strettamente interessate. È assurdo pensare si tratti d’uno spirito maligno. Dunque Dio interviene. Gesù è Dio!

• Conclusione. Pertanto le guarigioni operate da Gesù  hanno tutti i caratteri del miracolo: sono miracolose! Sono fatti certi, superiori alle forze della natura, operati da Dio. A un cenno di Gesù la lebbra scompare, le ferite si rimarginano, gli idropici guariscono, le pupille spente dei ciechi si schiudono alla luce, i morti ritornano alla vita. Egli ha un potere incondizionato, irresistibile, onnipotente. Gesù è medico, ma medico straordinario, incomparabile, divino. Egli guarisce in forza di una virtù propria. «Virtus de illo exibat et sanabat omnes» (Lc., VI, 19). Le guarigioni da Lui operate si moltiplicheranno sino quasi ai piedi del Calvario. Inchiodato sul duro legno della Croce, che si profila austera come un monito, Egli ha il corpo piagato più di un lebbroso, le braccia tremanti come un paralitico, il petto rigonfio come un idropico, gli occhi velati di sangue come un cieco, la lingua riarsa come un muto. Uomini ubriachi di odio gli gridano, insultando al suo dolore: «Se sei il figlio di Dio discendi dalla croce». «Tu che hai sanato gli altri, sana te stesso» (Lc., XXIII, 35). Un brivido di trepidazione dev’essere passato per gli astanti. Accoglierà Egli la sfida? I  buoni devono aver fissato il Crocifisso con speranza, i cattivi con terrore. Ma Gesù risponde: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che si fanno». Il Medico che ha sanato tutte le piaghe, che ha lenito tutti i dolori, che ha guarito tutte le infermità rifiuta di guarire Se stesso, il più grande degli infermi. Egli muore, lasciando aperte le sue ferite del corpo, per chiudere quelle più profonde e sanguinanti delle anime nostre. Medico divino sino all’ultimo, Egli ha compiuto sulla Croce la Sua guarigione più miracolosa: la guarigione delle anime. Ma noi uomini siamo così materiali, così aderenti alla realtà sensibile, che non avremmo, forse, mai creduto al più grande dei miracoli, il miracolo della salute delle anime, se Egli prima non avesse chiuso, col Suo potere divino, le ferite aperte della nostra carne dolorante.

Per P. Vittorio Marcozzi SJ e per gli onesti autori menzionati: + Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis. Requiéscant in pace. Amen. +

A cura di CdP