Stimati Associati e gentili Sostenitori, rispondiamo ad alcune obiezioni utilizzando il volumetto SOS «Brevi risposte a varie difficoltà», G. Monetti, imprimatur 1944.

• Affermano i detrattori: La Confessione? È un’invenzione dei preti! È inutile che s’insista con me perché mi confessi! Nessuno mi caverà di mente che la confessione sia un’invenzione dei preti: invenzione interessata in grado superlativo, per dominare le coscienze, e quindi le attività degli uomini, per volgerle poi — al momento giusto — a proprio vantaggio! Rispondiamo.  — Speriamo che la tua avversione alla Confessione non sia la fissazione aprioristica di un ostinato che non vuol udire ragioni: quella, certo, sarebbe inguaribile dalla scienza teologica e storica; entrerebbe nel dominio della... patologia! Non so se mi spiego... — Perciò ragioniamo.

• Ti pare possibile che i preti abbiano mai «pensato» ad inventare la Confessione? Se erano proprio quei furbi matricolati che si vorrebbe far credere, astuti sino al punto di escogitare un’arte sì sopraffina per giungere ai pretesi loro fini di intrigo e di dominio, ci voleva poco per accorgersi che per tal via non avrebbero potuto abbindolare che i semplici; la gente avveduta avrebbe mangiato la foglia, e si sarebbe tenuta al largo... Quanto ai semplici, appunto perché semplici, c’erano altre maniere di arreticarli, senza compromettersi! — Veri furbi non avrebbero mai pensato sul serio ad un’istituzione di questo genere, naturalmente ripugnante a tutti: certo, se la Confessione non fosse un’istituzione divina, immediatamente, appena proposta, avrebbe suscitato nel campo dei credenti quelle proteste e quelle alienazioni d’animo che suscita oggi nel campo degli increduli! E a che bel fiasco sarebbero andati incontro i preti! L’arte dei furbi, invece, è precisamente quella di farsi innanzi pian piano senza urtare nessuna suscettibilità, senza far novità che dèstino sospetti e mettano in guardia: Non è vero?

• Ed anche se, per dannata ipotesi, i  preti avessero potuto immaginare da sé d’introdurre la Confessione, l’avrebbero essi «voluto» fare? Si  vede proprio che chi lo crede non ha neanche la più lontana idea della noia e della fatica che seco porta naturalmente una lunga seduta di confessionale; se no, un simile sproposito non gli sarebbe mai passato neanche per la mente! — Che gioia  ci sarebbe per un prete — caso mai la Confessione non fosse istituzione divina di Gesù Cristo stesso — nello starsene lì, confitto in confessionale, le lunghe ore, a sentire il racconto delle miserie di sconosciuti, spesso ripetute dagli uni dopo gli altri fino alla nausea, spesso anche dovute tirare fuori di bocca quasi con le tenaglie a penitenti rozzi o peritosi, condannando poi se stessi a ripetere le migliaia di volte dal più al meno le stesse raccomandazioni, ed a rimettere perciò ad altro tempo occupazioni ben più geniali, e materialmente più proficue? Quanto semplicismo! E pazienza ancora, se si trattasse soltanto di questo: ma i lunghi studi preparatori? E gli esami da subire in merito?

• E l’obbligo anche per i preti, di confessarsi essi stessi? Persino il Papa ha il suo confessore! E i preti son essi i primi a ritenersi in obbligo di confessarsi! Bell’affare, adunque, avrebbero combinato, assumendosi spontaneamente simili durissime obbligazioni! Del resto, anche i preti, come tutti gli altri, hanno diritto di non venire condannati senz’altro come falsari, bugiardi, mistificatori, senza prove — e ben chiare e convincenti — a loro carico: ora dove sono queste prove? Un’innovazione simile, per tutta la Chiesa, non può immaginarsi spuntata lì, come un fungo boschereccio dopo una nottata piovosa; avrebbe dovuto sancirsi da qualche solenne decreto o conciliare o pontificio, ovvero avrebbero dovuto introdursi a poco a poco insensibilmente, senza contrasto, per consuetudine, sino a che questa, stabilizzatasi universalmente ed ufficialmente, assumesse forza di legge. Ma intendi tu una consuetudine, che per volontà concorde ed efficace di popolo, faccia accettare un peso tanto grave quanto la Confessione, sino a crearne un obbligo imprescindibile? Sappiamo bene quanto gli individui ci tengano all’indipendenza, e le folle ripugnino alle coazioni! Dunque la confessione non fu introdotta per spontanea consuetudine. Ma neanche per decreti o disposizioni positive di Papi o di Concili, se si tratti della Confessione segreta, sacramentale, quale la intendiamo qui.

• Ci sono, sì, decreti di Papi e di Concilii che riguardano la penitenza pubblica, ma quella non è precisamente la Confessione; non è sacramento, fu d’istituzione nettamente ecclesiastica, e col tempo disparve. — Così ci sono pure decreti e conciliari e Pontifici (in particolare il Decreto d’Innocenzo III e del Concilio Lateranense IV), in cui si tratta della Confessione propriamente detta: ma tali decreti non istituiscono davvero la Confessione. Essi non fanno che regolamentare l’uso, vigente già sino dal Cristianesimo primitivo, come attestano ininterrottamente i SS. Padri in ciascun secolo precedente, sino a risalire ai tempi apostolici, e poi a Gesù Cristo stesso, Autore della Chiesa, della Fede, dei Sacramenti, e quindi anche della Confessione. Da ultimo, posta la pregiudiziale dell’inganno da parte dei preti, come si sarebbe potuta mantenere a lungo una mistificazione sì enorme, senza venire o presto o tardi smascherata da malevoli, da eretici, da empi filosofi, da scismatici, da ribelli? E come potrebbe concepirsi oppressione sì ingiusta, proprio da parte dei Personaggi più santi che l’umanità abbia conosciuto, quali i Sacri Pastori della Chiesa, i SS. Padri, i SS. Dottori? — Falsari di tal fatto, obbrobrio del genere umano, non possono certo trovarsi tra il fior fiore della società cristiana!

• Dice il Catechismo (useremo il commento del P. Dragone) che la grazia di Dio perduta per il peccato mortale si riacquista  con una buona confessione sacramentale, o col dolore perfetto che libera dai peccati, sebbene resti l’obbligo di confessarli. Il peccato mortale, sebbene sia un male gravissimo e incalcolabile, non è irrimediabile. Se ne può ottenere il perdono con una buona confessione sacramentale. Infatti il sacramento della penitenza fu istituito da Gesù Cristo per la remissione dei peccati attuali di tutti i battezzati che lo ricevono con le dovute disposizioni (v. i nn. 143-144, e specialmente 355, 362-366). Per avere il perdono dei peccati gravi è necessario il sacramento della Confessione, o almeno il proposito di riceverlo quando sarà possibile. I cristiani dei primi secoli erano ben consci della necessità della confessione e vi si accostavano spesso. In seguito, diminuendo il fervore, anche la frequenza alla Penitenza andò scemando. Perciò la Chiesa, nel quarto Concilio del Laterano (1215), dichiarò obbligatorio per tutti i cristiani che hanno raggiunto l’uso di ragione accostarsi al sacramento della Penitenza almeno una volta l’anno. Con questa legge la Chiesa non impose un nuovo obbligo, ma rese più chiaro ed esplicito l’obbligo di confessare i peccati e ricevere la Santissima Eucaristia. Il Concilio non inventò la confessione, come dicono i protestanti, ma determinò quante volte ci sia l’obbligo di confessarsi. Il Concilio di Trento precisò: «Se qualcuno negherà che tutti e ciascuno dei fedeli cristiani siano obbligati a confessarsi (almeno) una volta l’anno, conformemente alla Costituzione del Concilio Lateranense, sia scomunicato» (DB 918). Per evitare il peccato grave e correggere a poco a poco i propri difetti è necessaria la grazia sacramentale della Confessione.

a cura di CdP