Comunicato numero 23. Papa Pio XII sulle migrazioni e sugli imperialismi

Stimati Associati, gentili Lettori, avendo preso molto spazio, la scorsa settimana, per il Comunicato numero 22 - Sui diritti e doveri del suddito (volgarmente detto ‘‘cittadino’’), oggi sarò brevissimo nello scrivere di ‘‘migrazioni’’. Citiamo direttamente Papa Pio XII al Concistoro del 20 febbraio 1946: «L’uomo, quale Dio lo vuole e la Chiesa lo abbraccia, non si sentirà mai fermamente fissato nello spazio e nel tempo senza territorio stabile e senza tradizioni. Qui i forti trovano la sorgente della loro vitalità ardente e feconda, e i deboli, che sono la maggioranza, dimorano al sicuro contro la pusillanimità e l’apatia, contro il decadimento della loro dignità umana». Difatti: «La lunga esperienza della Chiesa come educatrice dei popoli lo conferma». La Chiesa «ha cura di congiungere in ogni modo la vita religiosa coi costumi della patria [...] Il naufragio di tante anime dà tristemente ragione a questa materna apprensione della Chiesa e obbliga a concludere che la stabilità del territorio e l’attaccamento alle tradizioni avite [dei propri antenati, ndR], indispensabili alla sana integrità dell’uomo, sono anche elementi fondamentali della comunità umana». Nello stesso discorso ai nuovi Cardinali, il Pontefice ribadisce una delle numerose differenze fra la Chiesa e gli imperialismi: «Tutti, i popoli e gli uomini singoli, sono chiamati a venire alla Chiesa. Ma questa parola ‘‘venire’’ non richiama allo spirito nessuna idea di migrazione, di espatriazione, di quelle deportazioni con le quali i pubblici poteri o la dura forza degli avvenimenti strappano le popolazioni dalle loro terre e dai loro focolari; non implica l’abbandono di salutari tradizioni, di venerandi costumi; non la permanente o almeno lunga separazione violenta di sposi, genitori e figli, fratelli, parenti e amici; non la degradazione degli uomini nella umiliante condizione di una ‘‘massa’’». Tuttavia «questa funesta specie di trasferimenti degli uomini è purtroppo oggi divenuta più frequente, ma anch’essa, nelle sue forme antiche e nuove, in molteplici modi direttamente e indirettamente si ricollega con le tendenze imperialistiche del tempo». Così conclude il paragrafo il Papa: «La Chiesa eleva l’uomo alla perfe­zione del suo essere e della sua vitalità per dare alla società umana uomini così formati: uomini costituiti nella loro inviolabile integrità come immagini di Dio; uomini fieri della loro dignità personale [...]; uomini stabilmente attaccati alla loro terra ed alla loro tradizione; uomini, in una parola, caratterizzati da quest[i] [...] element[i], ecco ciò che conferisce alla società umana il suo solido fondamento e le procura sicurezza, equilibrio, uguaglianza, normale sviluppo nello spazio e nel tempo. Tale è dunque anche il vero senso e l’influsso pratico della soprannazionalità della Chiesa, che, - ben lungi dall’essere simile a un Impero, - elevandosi al di sopra di tutte le differenze, di tutti gli spazi e i tempi, incessantemente costruisce sul fondamento inconcusso di ogni società umana [...]».

a cura di Carlo Di Pietro