Il terzo comandamento ricorda di santificare la festa e ci ordina di onorare Dio nei giorni di festa con atti di culto esterno, dei quali per i cristiani l’essenziale è la santa Messa. È necessario onorare Dio con atti di culto esterno. Ma l’uomo, assorbito nelle occupazioni e necessità materiali, dimentica molto facilmente questo dovere. Per richiamarlo a questo dovere fondamentale Dio fissò alcuni giorni, riservandoli unicamente al culto divino.

Nell’Antico Testamento Dio aveva fissato il sabato di ogni settimana come giorno di riposo e di preghiera liturgica e pubblica, a ricordo del settimo giorno della creazione, nel quale Egli aveva riposato (v. Gn 2, 1-3; Es 20, 8-11).

I primi cristiani conservarono l’uso di santificare il sabato, ma poi, anche per meglio distinguersi dagli Ebrei, per meglio ricordare la redenzione, che è la seconda creazione di Dio, per commemorare la risurrezione del Signore e la discesa dello Spirito Santo nella prima Pentecoste, avvenute di domenica, sostituirono questo giorno al sabato.

La Santa Messa è il centro e l’atto principale di tutto il culto cattolico. È il sacrificio del Nuovo Testamento in quanto è la rinnovazione e la continuazione del sacrificio del Calvario. Nella Messa la Chiesa e i cristiani offrono, in unione con Cristo, un culto di adorazione, di ringraziamento, di propiziazione e d’impetrazione degno di Dio. Perciò per santificare il giorno festivo si richiede prima di tutto l’assistenza alla Santa Messa.

La Messa è uno dei pochi atti di culto esterni comandati. Dev’essere anteposta a qualsiasi altra pratica di culto.

[N.B. La Chiesa non obbliga a compiere atti impossibili. Laddove non fosse possibile partecipare alla Messa (es. i Sacerdoti sono stati uccisi, non ci sono Sacerdoti entro distanze ragionevoli: oggi facilmente si percorrono anche 200 km con un’automobile o con un treno, i nemici di Cristo reprimono il culto pubblico e non vi è maniera prudente di partecipare alla Messa, si celebrano solo “messe” di eretici o di scismatici e casi simili) il fedele può temporaneamente sopperire - secondo le indicazioni della Chiesa e come attestato dalla storia - con privati atti di culto (es. incrementare le preghiere, recitare il Rosario e le Litanie magari in famiglia), con la lettura e la meditazione personale del Vangelo (si consigliano vivamente edizioni con imprimatur ed antecedenti gli anni ’60 - Es. Bibbia Ricciotti, Sales, Garofalo, Tintori, ecc…), con particolari atti di misericordia corporale e spirituale, ecc… Seguire la Messa in tv o su internet non soddisfa mai il Precetto. Possiamo trarre esempio dalle consuetudini dei fedeli giapponesi durante la cruenta repressione dell’Impero, dalle consuetudini dei fedeli cinesi durante la persecuzione del Comunismo, ecc…, ndR - Il P. Chiolino, nel periodico «Le missioni Cattoliche», racconta che parecchi cristiani della sua missione compiono a piedi un viaggio di venticinque chilometri di andata e altrettanti di ritorno, per assistere alla Messa domenicale e santificare il giorno del Signore. A mezzogiorno del sabato partono dalle loro abitazioni e a sera giungono alla missione. Mangiano le quattro croste di pane bagnato nell’acqua, che hanno portato con sé, recitano le orazioni e si coricano su una stuoia con il capo appoggiato a un sasso. La mattina presto: Santa Messa, istruzione del Padre, un po’ di conversazione col missionario e poi ritorno. E quando il missionario li interroga se non si sentano stanchi, rispondono invariabilmente: «Di domenica non bisogna forse onorare Dio? Noi non abbiamo né Sacerdote, né catechista, né cappella, e se non venissimo qui come potremmo adempiere il nostro dovere? Ma credi, padre, noi facciamo molto volentieri questa fatica. Il pensiero di onorare Dio ce la rende leggera e soave»].

San Francesco d ’Assisi per spiegare la necessità del culto esterno diceva: «Se tu avessi perduto gli occhi, le mani, i piedi e le altre membra del corpo e qualcuno te le avesse restituite, non ti sentiresti in dovere di servire il tuo benefattore di tutto cuore e per tutta la vita? Or ecco che Dio ci diede non solo le mani, i piedi, gli occhi, ma tutto ciò che abbiamo di buono nell’anima e nel corpo. Sarà troppo se Egli pretende che noi Lo serviamo, L ’onoriamo e Lo amiamo con tutta l’anima e con tutte le forze del corpo? Con quale allegrezza non dovremo adempiere questo comandamento! Il culto esterno è l’omaggio che noi tributiamo a Dio anche con il nostro corpo».

Gesù Cristo inculcò il culto esterno anche con il suo esempio. A dodici anni andò con San Giuseppe e Maria Santissima al tempio di Gerusalemme, per compiervi quegli atti di culto che prescriveva la legge di Dio. Ogni anno ritornava al tempio, nel tempo stabilito dalla legge. Dopo che ebbe iniziata la vita pubblica, quando entrò nel tempio e lo trovò trasformato in un mercato, cacciò indignato i profanatori, dicendo che la casa di Dio è casa di preghiera e che non dev’essere convertita in un luogo di mercato e di traffico. Egli stesso, nell’Ultima Cena, istituì il più solenne atto di culto del Nuovo Testamento, la Santa Messa, e comandò che fosse rinnovata dagli apostoli e dai loro successori.

Non basta adorare Dio internamente nel cuore, ma dobbiamo anche renderGIi il culto esterno comandato, perchè siamo soggetti a Dio in tutto l’essere, anima e corpo, e dobbiamo dare buon esempio; e anche perchè altrimenti si perde lo spirito religioso.

Non basta adorare Dio internamente nel cuore, ma dobbiamo anche rendergli il culto esterno comandato. Dio nell’Antico Testamento comandò il culto pubblico ed esterno, ne determinò il modo e la forma, fissò quali giorni dovevano essere riservati al suo culto, volle un tempio sontuoso, prescrisse i sacrifici e stabilì il modo di offrirli. Gesù Cristo partecipò al culto solenne del tempio, confermò i comandamenti che impongono il culto divino, istituì il sacrificio del Nuovo Testamento ed elesse gli apostoli e i loro successori come ministri del culto della Nuova Legge. Perciò è evidente che non basta onorare Dio con atti di culto puramente interno (atti di fede, di amore, di pentimento, ecc.), ma che si devono compiere atti esterni, che servano a manifestare l’adorazione, la fede, l’amore, la gratitudine, la riparazione, l’invocazione interiore.

Da Dio creatore e Padre provvido dipende non solo la nostra anima, ma anche il nostro corpo. Dipendiamo totalmente da Lui e perciò dobbiamo onorarLo, servirLo, amarLo con tutto il nostro essere, anima e corpo. Anche il corpo deve partecipare agli atti di culto, come l’adorazione, il ringraziamento, la riparazione e l’impetrazione.

Il Signore ci ha comandato: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinchè vedano le vostre opere buone e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 16). Non siamo monadi isolate e chiuse in se stesse, senza relazioni con le altre. Siamo esseri sociali e ogni nostro atto, buono o cattivo, ha un influsso sulla società in cui viviamo e sopra gl’individui con cui siamo in contatto, e servono d’incitamento al bene o al male. Abbiamo l’obbligo di dare buon esempio con le buone opere.

Ciò che gli altri vedono in noi non sono gli atti interiori, i sentimenti del cuore, i pensieri della mente e i propositi della volontà, ma sono gli atti esterni che danno buon esempio o scandalo (v. Mt 18, 6-8). Se ci limitassimo agli atti di culto interno non daremmo buon esempio agli altri e incorreremmo nella condanna che meritano coloro che danno scandalo, non onorando Dio.

L’atto interno, quando è accompagnato da quello esterno, diventa più intenso e più perfetto. Senza gli atti esterni la fede e l’amore a poco a poco illanguidiscono e si spengono. Chi comincia a trascurare la preghiera vocale, i’assistenza alla Messa, la partecipazione alla preghiera pubblica e sociale, a poco a poco s’intiepidisce, cade nel peccato e finisce con il perdere lo spirito religioso e la fede.

Vigiliamo e insistiamo, senza stancarci, per ottenere che i fanciulli del catechismo, giunti a una certa età non si credano emancipati e tanto evoluti da poter far a meno delle pratiche di culto esterno. È la via che conduce normalmente all'indifferenza, all’irreligiosità e all’empietà.

Sant’Anisia, vergine e martire, mentre si recava all’adunanza cristiana per partecipare alla celebrazione dei divini misteri, fu fermata da una guardia dell’imperatore Diocleziano, che le domandò dove andasse cosi umile e modesta. La fanciulla rispose: «Sono serva di Gesù Cristo e vado all’adunanza del giorno del Signore». Il soldato l’afferrò per un braccio dicendole: «Non ci andrai. Noi oggi adoriamo il dio sole e tu verrai con noi a offrire sacrifici!». Anisia, temendo per la sua virtù, gli alitò in volto dicendogli: «Va, miserabile! Gesù Cristo ti punirà». Il gesto indispettì il soldato e lo fece uscire di senno. Estratta la spada colpì e trafisse Anisia, che poco dopo spirava [martire, ndR].

Il terzo comandamento ci proibisce nei giorni di festa le opere servili. Non è possibile santificare la festa con atti di culto esterno e con la preghiera, quando si è occupati e assorbiti in lavori che, per loro natura, sono incompatibili con il raccoglimento e la devozione richiesti dal culto divino. Le opere più incompatibili sono i cosiddetti lavori servili.

Queste opere sono dette servili perchè un tempo erano riservate agli schiavi (servi) ed erano considerate disdicevoli per un uomo libero. I lavori ritenuti confacenti a un uomo libero erano detti opere liberali. Nei giorni di festa sono soltanto proibite le opere servili, non quelle liberali.

Le opere servili sono quei lavori che richiedono fatica fisica, sono fatti in vista di una mercede o guadagno e sono diretti a soddisfare le necessità materiali della vita, cioè a procurarsi il vestito e gli alimenti. Sono opere servili i lavori dei contadini, dei meccanici, dei sarti, calzolai, fabbri, falegnami, tipografi...; di coloro che lavorano nelle fabbriche e nelle officine, i lavori manuali (come raccogliere fiori e frutta a scopo di lucro), i lavori commerciali (comprare e vendere per mestiere), quelli forensi (citare in giudizio, discutere le cause, pronunciare le sentenze e sentire i testimoni in tribunale), eccetera …

Chi nei giorni di festa, senza vera necessità, impiega più di due ore nei lavori servili, non è scusato da peccato grave. Nei giorni di festa (domeniche e giorni di precetto) non sono proibite le opere liberali, che sono soprattutto lavoro dell’ingegno, allo scopo di istruirsi e ricrearsi. Sono opere liberali lo studio, l’insegnamento, la musica, il canto, la pittura, lo scrivere lettere o libri, ricopiare, fare o sviluppare fotografie, eccetera …

Oltre le opere servili e le opere liberali vi sono quelle cosiddette comuni, che sono proprie dei servi e degli uomini liberi, come andare in bicicletta, cavalcare, andare a caccia, pescare, viaggi e gite, competizioni sportive. Sono proibite solo quando impediscono il compimento dei doveri positivi per la santificazione della festa, come l’assistenza alla Messa.

Non stanchiamoci mai d’insistere sul dovere del riposo festivo tanto trascurato e conculcato.

San Gregorio di Tours racconta che un ardore simile al fuoco invase la mano destra di una donna della sua diocesi, che aveva profanato il giorno festivo compiendo lavori manuali. Il P. Krugdolf, missionario nelle Isole Filippine, narra che un giorno di festa vide alcuni cristiani della sua missione intenti alla pesca. Li esortò benevolmente perchè non facessero quel lavoro non necessario, ma non fu ascoltato. Due ore dopo passò nuovamente sulla spiaggia e constatò con raccapriccio che un furioso incendio aveva incenerito le capanne, le barche e i raccolti dei profanatori della festa.

Nelle domeniche e nelle feste di precetto sono proibite tutte le opere servili. Perchè siano permesse si richiede uno dei seguenti motivi: 

Sono permesse le opere servili necessarie alla vita propria o altrui, dell’anima o del corpo: 1) quelle che si devono fare ogni giorno (cuocere i cibi, spazzare e ordinare la casa...); 2) quelle necessarie al mantenimento proprio o della famiglia e che non si possono fare in altri giorni quando si è poveri (p. es. rattoppare i vestiti; 3) quelle dei panettieri, fornai, pompieri, ecc. quando sono richieste dal bisogno pubblico; 4) quelle che non possono essere interrotte senza gravi danni (p. es. nelle fabbriche di guerra, cantieri, fornaci, vetrerie); 5) quelle necessarie per preparare un viaggio per l’indomani, riparare gli strumenti di lavoro indispensabili per il giorno dopo, per riparare strade, ponti... necessari al traffico; 6) quelle necessarie per salvare il raccolto (del fieno, del grano, dell’uva...) dalla rovina o da gravi danni (della pioggia, della grandine, di un incendio...); 7) quelle necessarie all’utilità pubblica (servizio dei trasporti e comunicazioni...); 8) quelle che sono di una utilità straordinaria, come il preparare per una solennità religiosa, per un avvenimento pubblico, come la venuta del capo dello Stato.

Sono permesse le opere servili necessarie al servizio di Dio, come suonare le campane, portare statue in processione, scopare la chiesa e addobbare altari (almeno per consuetudine).

Sono permesse le opere servili giustificate dalla pietà, come il servire gl’infermi e i poveri, seppellire i morti, lavorare per i poveri veramente bisognosi.

Sono permesse le opere servili giustificate da altro grave motivo, come può essere la consuetudine di considerare permessi certi lavori, o la dispensa che il Sommo Pontefice può dare per tutta la Chiesa, il Vescovo per la sua diocesi e, in certi casi determinati, il Parroco nella sua parrocchia.

Il lavoro nei giorni di festa non ha mai portato fortuna e ricchezza. Mentre i figli d’Israele erano nel deserto trovarono un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato. Lo presentarono a Mosè, ad Aronne e a tutta l’assemblea, che lo misero in prigione, non sapendo che dovessero farne. E il Signore disse a Mosè: «Quell’uomo sia messo a morte e lapidato da tutta la moltitudine, fuori del campo ». E avendolo condotto fuori e lapidato, egli mori, come il Signore aveva comandato (Nm 15, 32-36).

Il riposo festivo è solo la condizione necessaria per poter santificare il giorno del Signore, poiché le opere servili sono incompatibili con la santificazione della festa, che consiste nell’assistere devotamente alla Santa Messa e in altre opere di pietà e pratiche di culto. Il giorno festivo dev’essere impiegato nell’onorare Dio con atti di culto e nel procurare il bene dell’anima propria.

Conviene occupare i giorni di festa a bene dell’anima. Il bene dell’anima nostra si ottiene glorificando Dio e arricchendoci di meriti. A questo è destinata la festa. Ciò che ci procura maggiori meriti e benedizioni dal cielo e dà maggior gloria a Dio è la Santa Messa. Oltre la Messa, che è obbligatoria, è bene occupare il giorno di festa nel purificare la nostra anima dal peccato accostandoci ai Sacramenti, esaminando la nostra coscienza, facendo buoni propositi...

Il giorno festivo è prima di tutto per il bene della nostra anima. Il primo bene dell’anima è la fede. Occorre alimentare e accrescere la nostra fede, e quindi frequentare l’istruzione religiosa … Se non vi è l’istruzione religiosa la fede s’indebolisce e muore.

Compiendo qualche opera buona, specialmente qualcuna delle opere di misericordia spirituale o corporale, come istruire i fanciulli aiutando a fare il catechismo, aiutare i poveri con qualche elemosina, visitare gli ammalati e i carcerati.

Perfino gli animali da fatica hanno bisogno di riposo. E anche il nostro corpo, dopo le fatiche dei lavori della settimana, ha bisogno di riposarsi e riprendere forze. Dio aveva imposto agli Ebrei anche il riposo degli animali da lavoro.

Se sempre è proibito assecondare i nostri vizi, nei giorni festivi riveste una sconvenienza maggiore. Invece di santificare il giorno del Signore lo si profanerebbe indegnamente con il peccato. La festa perciò non è per il ballo, per le partite spettacolose e dispendiose, per l’osteria, il gioco e i divertimenti proibiti!

La festa è il giorno del Signore; in essa dobbiamo essere maggiormente uniti a Lui con la pietà, la devozione, la preghiera. Sono perciò disdicevoli tutti quei divertimenti e sollievi che distolgono la mente e il cuore da Dio, disponendoli al peccato. Si devono quindi evitare le gare rumorose e spettacolari, i giochi dei baracconi e delle fiere.

La festa, istituita per l’onore di Dio e il bene spirituale del cristiano, per molti è il giorno dei peccati più gravi e più numerosi. Insegniamo ai fanciulli a riparare a tanti peccati e scandali.

Cristoforo Colombo, durante l’interminabile viaggio che lo portò alla scoperta dell’America, esigeva che i suoi equipaggi santificassero le feste con il riposo, con la preghiera e le opere buone. Anche per questo il Signore benedisse quel viaggio che doveva aprire alla civiltà una nuova epoca.

da Padre Dragone, Commento al Catechismo di San Pio X. Dalla pagina 232 alla pagina 238. Disponibile in commercio la ristampa anastatica del Centro Librario Sodalitium, Verrua Savoia.

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