(...) Ma confrontiamo la posizione in dignità dell’imperatore con quella del pontefice: tra di esse c’è tanta distanza quanto quegli si prende cura delle cose umane, questi di quelle divine. Tu, imperatore, dal pontefice ricevi il battesimo, prendi i sacramenti, richiedi preghiera, ti aspetti benedizione, richiedi la confessione. In una parola: tu amministri realtà umane, quegli ti elargisce le realtà divine. (...) Che sia questo al cospetto di Dio e dei suoi angeli il giudizio nel mondo: vogliamo essere spettacolo a tutto il mondo, nel senso che i sacerdoti diano un esempio di vita onesta e l’imperatore (un esempio) di modestia religiosa; infatti il genere umano è governato principalmente da queste due cariche e nessuna di esse deve essere tale da offendere la divinità, soprattutto poiché ambedue le cariche sono evidentemente perpetue e dall’una e dall’altra vengono prese le necessarie misure a favore del genere umano. Ti supplico, imperatore - (lo) avrò detto per la tua pace - ricordati che (sei) uomo, affinché possa usare (conseguentemente) il potere concessoti da Dio, poiché se anche secondo il giudizio umano le cose (di quaggiù) saranno riuscite felicemente, è necessario che siano esaminate sotto il giudizio divino. Forse dirai che è scritto che dobbiamo esser soggetti a ogni potere [cf. Tt 3,1]. Noi senz’altro accettiamo i poteri umani al loro (giusto) posto, fintantoché non erigano la loro volontà contro Dio. Del resto se ogni potestà è da Dio, tanto più quella che è costituita in ordine alle realtà divine. Sii deferente a Dio in noi, e noi saremo deferenti a Dio in te.

Dalla Ad augustae memoriae all’imper. Anastasio I, tra il 506 e il 512
Papa San Simmaco

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