È tuttavia opportuno precisare che, da un punto di vista relativo, una forma di governo può essere preferibile rispetto ad un’altra, perché meglio si adatta alle caratteristiche e ai costumi di un certo tipo di nazione. In teoria quindi, i cattolici, come ogni altro cittadino, sono pienamente liberi di preferire una forma di governo piuttosto che un’altra, per il semplice fatto che nessuna compagine sociale si oppone, per se stessa, né ai dettami della retta ragione, né ai precetti della dottrina cristiana. Queste argomentazioni sono più che sufficienti per farsi una ragione della sapienza della Chiesa quando, nelle sue relazioni con i poteri politici, non tiene conto delle forme che li differenziano e tratta con essi dei grandi interessi religiosi dei popoli, ben sapendo di dover anteporre la loro tutela ad ogni altro interesse. Le Nostre precedenti Encicliche hanno già esposto questi princìpi, ma ritenevamo necessario richiamarli per sviluppare il tema che Ci interessa in questo momento. Se si scende dai concetti astratti e si entra nel contesto della realtà, occorre ben guardarsi dal rinnegare i princìpi appena definiti: questi restano inoppugnabili. Solo incarnandosi nella realtà assumono un aspetto contingente, in forza delle circostanze che li rendono operativi. In altre parole, se ogni forma politica è buona in se stessa e può essere applicata per governare i popoli, nella realtà il potere politico non si presenta nella stessa forma presso tutti i popoli, ma ciascuno ne possiede una specifica. Questa forma è originata dall’insieme delle circostanze storiche o nazionali, ma sempre umane, che, in una nazione, danno vita alle sue leggi tradizionali e anche fondamentali. Sono queste leggi che determinano una certa specifica forma di governo e un particolare modo di trasmettere i supremi poteri. È superfluo ricordare che tutti gli individui sono tenuti ad accettare questi governi e a non prendere iniziative per rovesciarli o per mutarne la forma. È per questo che la Chiesa, custode del più vero e più alto concetto della sovranità politica, perché la fa discendere da Dio, ha sempre riprovato le teorie e ha sempre condannato gli uomini ribelli all’autorità legittima. E questo anche quando i depositari del potere lo usavano indebitamente contro di lei, privandosi così del più valido sostegno accordato alla loro autorità e del mezzo più efficace per ottenere dal popolo l’ossequio alle loro leggi. (...) Occorre anche evidenziare ancora una volta con ogni cura che, qualunque sia la forma dei poteri civili di una nazione, non è possibile considerarla a tal punto definitiva da non essere soggetta a mutamenti, anche se questo era il proposito di chi, in origine, le ha dato vita. La sola Chiesa di Gesù Cristo ha potuto conservare, e la conserverà sicuramente fino alla fine dei tempi, la sua forma di governo. (...) Prosegue ...

Da Au milieu des sollicitudes (16 febbraio 1892)