Abbiamo fin qui esaminato la tradizione e cioè le testimonianze degli uomini; passiamo ora a studiare quella di Dio, attraverso la parola dei suoi Santi e a meditare quella dei miracoli. I Santi sono i grandi amici di Dio, il quale si serve delle loro virtù per illuminare gli uomini e mostrare a loro le vie della verità. Nei Santi non è la carne che giudica, ma lo spirito; la carne, domata, non annebbia l’intelletto e il loro giudizio, nelle cose di ordine soprannaturale o spirituale, è sempre più vicino alla verità di quello degli altri uomini. Il giudizio dei Santi circa la Santa Casa di Loreto è stato sempre uno solo, e cioè che essa è la Casa di Maria, nella quale il Verbo di Dio si fece carne. Casa povera, umile, ma ricca di bellezze soprannaturali, piena di profumo che il Figlio di Dio, la Benedetta fra le donne e Giuseppe, il Giusto, vi lasciarono; profumo di divinità e di grazie sublimi, di virtù eroiche di fede di carità, che i Servi di Dio, più di ogni altro sentirono, e dal quale furono attratti e inebriati. Alcuni di essi passarono intere giornate nella piccola Casa, vollero restarvi anche la notte, tutto dimenticando, perché sentirono che nella povera casetta il Figlio di Dio era stato e vi era ancora presente. Le pagine da loro scritte sono inni innalzati al piccolo lembo di Paradiso che Iddio ha voluto lasciare agli uomini.

• Leone XIII, nel Breve del 23 gennaio 1894, scriveva che nella Santa Casa i Servi di Dio «si sono sempre sentiti infiammati sia per progredire nella virtù, sia per tendere a una più sublime perfezione». Lunga sarebbe la citazione di tutti i nomi dei Santi che si recarono in pellegrinaggio alla Santa Casa; ne riporteremo l’elenco in appendice e qui citeremo soltanto qualcuno tra quelli più noti. Gli eremiti e i monaci che abitavano nelle vicinanze di Loreto, come il Beato Placido da Recanati, che visse nella seconda metà del secolo XIV, visitavano spesso la Santa Casa, ma questa era anche desiderata meta di tanti Servi di Dio che espressamente affrontando lunghi e faticosi viaggi, in umiltà e penitenza, ad essa pellegrinavano.

• Nel secolo XV troviamo il nome di San Francesco di Paola, al quale fu poi dedicato un altare nella Basilica e quello di San Giovanni da Capistrano. San Giovanni della Marca vi fu tra il 1421 e il 1422 e il suo biografo racconta che al Santo, mentre celebrava la Messa nella Santa Casa, rapito in estasi, apparve la Regina del Cielo che lo assicurò di avergli ottenuto quant’egli aveva domandato, e cioè la liberazione dalle tentazioni della carne.

• Nel secolo XVI sono i difensori della dottrina cattolica contro l’eresia protestante che vengono ad attingere alla Santa Casa, dove abitò la Divina Sapienza, la forza di combattere, la luce per illuminare, i divini carismi per richiamare i fuorviati alla retta via. Si può dire che tutti i paladini della Controriforma, tutti i fondatori delle Congregazioni religiose, sorte in quel tempo, per far ritornare il Clero e il popolo alla integrale osservanza delle leggi evangeliche, passarono per la Santa Casa, per la quale ebbero sempre parole ispirate, nella quale pregarono e piansero, invocando sopra di loro stessi e sopra i nuovi rami del grande albero della Chiesa di Cristo le benedizioni della Madre Celeste, un raggio della carità e della sapienza del divino Fanciullo. Basterebbe citare, fra i santi Dottori, San Pietro Canisio che non solo venerò le povere pareti dell’umile dimora, ma difese anche contro i protestanti, con abbondanza di argomenti, con profonda convinzione e mirabile ardore, la tradizione lauretana. Nel 1557 fu a Loreto; l’impressione che egli ebbe visitando la Santa Casa lo spinse a farsi difensore della sua autenticità. Attinse le notizie dagli storici suoi contemporanei e dal Beato Mantovano, le fece sue e vi aggiunse pensieri e considerazioni degne veramente di un grande santo. Egli scrive tra l’altro: «Mi sembra tanta la dignità, la gloria e la eccelsa maestà di questo luogo che non dubito punto di anteporlo ed equipararlo a tutti i luoghi più santi della terra». Continua dicendo che le SS. Scritture parlano di miracoli ben più grandi e quindi non si deve giudicare impossibile quello della traslazione. «Or dunque, se alla divina potenza niente può resistere, non so proprio come possa parere strano che anche la casetta di Maria SS.ma tanto preziosa agli occhi di Dio, sia stata per potenza misteriosa tolta agli infedeli». E in altro punto dice: «È impossibile descrivere quali portentosi tratti di cristiana pietà, quali effetti meravigliosi vadano uniti alla divozione dei pellegrini al Santuario di Loreto, in modo che si è giustamente costretti ad esclamare: “Vere Dominus est in loco isto“».

• San Gaetano da Thiene visitò spesso la Santa Casa e una volta, trovandosi già all’altare per celebrare la Santa Messa, fu preso da tale sentimento di umiltà che proruppe in dirotto pianto e credendosi indegno di restare nella sacra stanza tornò in sagrestia senza aver celebrato.

• San Giuseppe Calasanzio, fondatore degli Scolopi, entrando nella Santa Casa, ne baciò più volte le pareti e, pensando al Mistero ivi compiuto, si commoveva sino alle lagrime. Celebrò anch’egli la Santa Messa nella Santa Casa e fu sempre grande la sua divozione verso la Vergine Lauretana, della quale volle che i suoi Chierici recitassero ogni giorno le Litanie.

• Anche San Camillo di Lellis, fondatore dei Ministri degli infermi, volle visitare la Santa Casa e prostrato in essa pregò lungamente e ne uscì infiammato di amore serafico.

• San Luigi Gonzaga, nel 1585, recandosi a Roma, per entrare nella Compagnia di Gesù, passò per Loreto, per soddisfare la propria pietà e adempiere il voto di visitare la Santa Casa che la sua genitrice aveva fatto e non aveva potuto mantenere. Il Santo si comunicò due volte e per tutto il tempo che rimase a Loreto non si allontanò mai dal santo luogo e, scrive il suo biografo, considerando il gran beneficio che ivi aveva ricevuto il genere umano e quanta maestà e santità ivi fosse nascosta, si risolveva tutto in lagrime e pareva che di là non si potesse dipartire.

• San Carlo Borromeo fu tre volte alla Santa Casa di Loreto. Nel 1579, in occasione di un altro suo viaggio a Roma, andò a piedi da Fossombrone fino a Loreto, insieme con l’Arcivescovo di Urbino, recitando salmi, pregando e meditando. Passò la notte nella Santa Casa in continua orazione e la mattina della sua partenza predicò con tanto fervore dell’Incarnazione del Verbo, che commosse tutti fino alle lagrime. Comunicò molti fedeli con grande gaudio e consolazione di tutti che vedevano in lui più del divino che dell’umano. Il 9 aprile 1566 scriveva da Milano alla sorella Anna: «A Loreto ho visitato la Santissima Casa di Nostra Donna, che mi è parsa mirabile e d’infinita devotione».

• San Francesco di Sales, nel 1591, volle rinnovare nella Santa Casa di Loreto il voto di castità che aveva fatto a Parigi, quando era ancora studente. I suoi biografi sono d’accordo nel dire che egli ricevette da Dio in quella santa cappella grazie particolari, che il suo spirito fu ivi rischiarato di nuovi lumi e che il suo cuore fu ripieno di carità così ardente che nulla gli pareva impossibile quando si trattasse della gloria di Dio e della salvezza delle anime. Tornò nuovamente nella Santa Casa, quando, fatto Vescovo si recò a Roma per sostenere l’esame dinanzi al Papa.

• San Serafino da Montegranaro, Laico Cappuccino, visitò più volte la Santa Casa nella quale ascoltava più Messe che poteva, e quando, ancora fanciullo, vi si recò la prima volta, passò a guado il fiume Potenza in piena, senza neppure bagnarsi gli abiti.

• San Giuseppe da Copertino, il 10 luglio 1677, mentre si recava al Convento di Osimo, al quale era stato destinato, giunto poco lontano da questa Città, ed entrato in una casa per riposare, lungamente guardò verso Loreto, e poi con un alto grido esclamò: «Oh Dio che co-s’è mai quello che vedo? Quanti Angeli vanno e vengono dal Cielo: carichi di grazie, scendono di lassù e tornano a ripigliarne altre». Avendo saputo che là si venerava la Santa Casa disse: «Non è meraviglia che colà discendano gli Angeli dal Paradiso: o felice luogo, o luogo Beato!». Rapito in estasi, anch’egli prese a volare e discese a pochi passi dal Santuario vicino ad un mandorlo fiorito. Ritornato ai sensi, pregò fra Pietro da Urbino di cantare insieme con lui l’antifona di Natale.

• Gian Giacomo Olier, fondatore della Compagnia di San Sulpizio, fu nel 1630, a Loreto, compiendo il viaggio da Roma a piedi, malgrado la stagione fosse molto calda ed egli fosse preso da forte febbre. Scrisse in proposito queste belle parole: «È in questo (Santuario) che io sono nato alla grazia e la Madre della Misericordia mi ha fatto rinascere a Dio nello stesso luogo ove Ella ha concepito il Figlio di Dio». E, parlando delle diverse traslazioni della Santa Casa, diceva che Iddio le aveva volute per far risaltare sempre più il suo intervento.

• All’inizio del secolo seguente, San Luigi Grignon di Monfort, ispiratore della vera divozione a Maria, andando a Roma, si recò a piedi a Loreto dove volle fermarsi due intere settimane. E pregando nella Santa Casa trovò l’orientamento definitivo della sua missione: la Vergine di cui egli poi canterà la potenza nel trattato «Della vera devozione a Maria Vergine», che forse concepì nella stessa Casa di Maria, lo illuminò e gli indicò il cammino che doveva seguire, il compito che nella Chiesa lo attendeva.

• San Giuseppe Benedetto Labre, l’eroe della penitenza e del distacco dai beni terreni, che passò tutta la sua vita pellegrinando e chiedendo il pane della carità, dal 1775 al 1783, non mancò un anno di recarsi a Loreto, dove egli era diventato popolare e tutti lo amavano e volentieri l’ospitavano.

• Sant’Alfonso de’ Liguori passò tre giorni in orazione nella Santa Casa, senza prendersi il minimo riposo. Nel suo libro «Le glorie di Maria», difende l’autenticità della Santa Casa come sa fare un Santo.

• San Gabriele dell’Addolorata, dal Ritiro dei Passionisti di Recanati, si recò più volte a Loreto e nella Santa Casa passò ore di Paradiso.

• Pubblichiamo nell’appendice l’elenco dei Santi e dei Beati che vennero pellegrini alla Casa di Maria e chiudiamo questa breve rassegna, col riportare le belle parole che Santa Teresa del Bambino Gesù scrive nelle sue memorie: «Nel trovarmi sotto il medesimo tetto che albergò la Sacra Famiglia, nel contemplare quelle Mura, sopra le quali Nostro Signore aveva fissato i suoi sguardi divini, nel toccare quella terra che San Giuseppe aveva bagnata col suo sudore e dove Maria aveva recato fra le sue braccia Gesù, dopo averlo portato nel suo seno verginale, provai una profonda commozione. Vidi la stanza dell’Annunciazione, deposi la mia corona nella scodella di Gesù Bambino. Quanto sono mai cari cotesti ricordi! Ma la mia più grande consolazione fu quella di ricevere Gesù nella sua casa e divenire così tempio vivente nel luogo medesimo da Lui onorato con la sua divina presenza».

• Queste testimonianze così belle e così esplicite hanno un valore che non può essere messo in dubbio. Potranno ingannarsi mille fedeli nel giudicare un fatto straordinario e soprannaturale, ma non s’inganna un Santo e molto meno s’ingannano diversi Santi, perché essi portano nelle loro mani la lampada sempre accesa che li illumina e rischiara anche la nostra vita e il nostro sentiero. Essi hanno il sensus Christi, del quale parla San Paolo; hanno il giusto orientamento verso le cose divine, nelle quali, se non si può dire che siano infallibili, è certo che difficilmente sbagliano, specialmente quando della stessa cosa danno il medesimo giudizio (il consenso unanime, ndr.). Nel nostro caso tutti, concordemente, hanno creduto che la Santa Casa altro non è che l’umile tugurio nel quale la Vergine ricevette il saluto dell’Angelo e divenne Madre del Verbo di Dio. Non è quindi temerario affermare che, anche se non avessimo altre prove (mentre invece ne abbiamo di molte ed inconfutabili, ndr.), ci dovrebbe bastare questa, e cioè la testimonianza dei Santi, per credere nell’autenticità della Santa Casa di Loreto.

Da «Il Santuario di Loreto. Notizie critico-storiche», IVa Edizione, 1951, Congregazione Universale della Santa Casa di Loreto, imprimatur 29 novembre 1950.