Accogliamo con la più viva compiacenza i sentimenti di devozione e di amore figliale verso di Noi e di questa Sede Apostolica, che Ci avete significati in nome vostro e dei vostri dilettissimi confratelli per l’onore della Porpora a cui foste chiamati. Ma se accettiamo i vostri ringraziamenti, dobbiamo pur dire, che le preclare virtù, di cui siete adorni, le opere di zelo, che avete compiute, e gli altri segnalati servigi, che in campi diversi avete resi alla Chiesa, vi rendevano pur degni di essere annoverati nell’albo del Nostro Sacro Senato.

E Ci allieta non solo la speranza, ma la certezza, che anche rivestiti della nuova dignità consacrerete sempre, come per il passato, l’ingegno e le forze per assistere il Romano Pontefice nel governo della Chiesa.

Se sempre i Romani Pontefici hanno avuto bisogno anche di aiuti esteriori per compiere la loro missione, questo bisogno si fa sentire più vivamente adesso per le gravissime condizioni del tempo in cui viviamo e per i continui assalti, ai quali è fatta segno la Chiesa per parte dei suoi nemici.

E qui non crediate, Venerabili Fratelli, che Noi vogliamo alludere ai fatti, per quanto dolorosi, di Francia, perché questi sono largamente compensati dalle più care consolazioni: dalla mirabile unione di quel Venerando Episcopato, dal generoso disinteresse del clero, e dalla pietosa fermezza dei cattolici disposti a qualunque sacrificio per la tutela della fede e per la gloria della loro patria; si avvera un’ altra volta che le persecuzioni non fanno che mettere in evidenza e additare all’ammirazione universale le virtù dei perseguitati e tutto al più sono come i flutti del mare, che nella tempesta frangendosi negli scogli, li purificano, se fosse necessario, dal fango che li avesse insozzati.

E voi lo sapete, Venerabili Fratelli, che per questo non temeva la Chiesa, quando gli editti dei Cesari intimavano ai primi cristiani: o abbandonare il culto a Gesù Cristo o morire; perché il sangue dei martiri era semente di nuovi proseliti alla fede. Ma la guerra tormentosa, che la fa ripetere: Ecce in pace amaritudo mea amarissima, è quella che deriva dalla aberrazione delle menti, per la quale si misconoscono le sue dottrine e si ripete nel mondo il grido di rivolta, per cui furono cacciati i ribelli dal Cielo. E ribelli purtroppo sono quelli, che professano e diffondono sotto forme subdole gli errori mostruosi sulla evoluzione del dogma, sul ritorno al Vangelo puro, vale a dire sfrondato, come essi dicono, dalle spiegazioni della teologia, dalle definizioni dei Concilii, dalle massime dell’ascetica, — sulla emancipazione dalla Chiesa, però in modo nuovo senza ribellarsi per non esser tagliati fuori, ma nemmeno assoggettarsi per non mancare alle proprie convinzioni, e finalmente sull’adattamento ai tempi in tutto, nel parlare, nello scrivere e nel predicare una carità senza fede, tenera assai pei miscredenti, che apre a tutti purtroppo la via all’eterna rovina.

Voi ben vedete, o Venerabili Fratelli, se Noi, che dobbiamo difendere con tutte le forze il deposito che Ci venne affidato, non abbiamo ragione di essere in angustie di fronte a quest’attacco, che non è un’eresia, ma il compendio e il veleno di tutte le eresie, che tende a scalzare i fondamenti della fede ed annientare il cristianesimo.

Sì, annientare il cristianesimo, perché la Sacra Scrittura per questi eretici moderni non è più la fonte sicura di tutte le verità che appartengono alla fede, ma un libro comune; — l’ispirazione per loro si restringe alle dottrine dogmatiche, intese però a loro modo, e per poco non si differenzia dall’ispirazione poetica di Eschilo e di Omero. Legittima interprete della Bibbia è la Chiesa, però soggetta alle regole della così detta scienza critica, che s’impone alla Teologia e la rende schiava. Per la tradizione finalmente tutto è relativo e soggetto a mutazioni, e quindi ridotta al niente l’autorità dei Santi Padri. E tutti questi e mille altri errori li propalano in opuscoli, in riviste, in libri ascetici e perfino in romanzi e li involgono in certi termini ambigui, in certe forme nebulose, onde avere sempre aperto uno scampo alla difesa per non incorrere in un’aperta condanna e prendere però gli incauti ai loro lacci.

Noi pertanto contiamo assai anche sull’opera vostra, Venerabili Fratelli, perché qualora conosciate coi Vescovi Vostri suffraganei nelle vostre Regioni di questi seminatori di zizzania, vi uniate a Noi nel combattere, Ci informiate del pericolo a cui sono esposte le anime, denunciate i loro libri alle Sacre Congregazioni Romane e frattanto, usando delle facoltà che dai Sacri Canoni vi sono concesse, solennemente li condanniate, persuasi dell’obbligo altissimo che avete assunto di aiutare il Papa nel governo della Chiesa, di combattere l’errore e di difendere la verità fino all’effusione del sangue.

Del resto confidiamo nel Signore, o diletti figli, che ci darà nel tempo opportuno gli aiuti necessari; e la benedizione Apostolica, che avete invocata, discenda copiosa su voi, sul clero e sul popolo delle vostre diocesi, sopra tutti i venerandi Vescovi e gli eletti figli, che decorarono con la loro presenza questa solenne cerimonia, sui vostri e sui loro parenti; e sia fonte per tutti e per ciascuno delle grazie più elette e delle più soavi consolazioni.

dal DISCORSO DEL SANTO PADRE PIO X AI NUOVI CARDINALI, 17 aprile 1907

*AAS, vol. XL (1907), pp. 259-262.