«Non solo essi hanno quell’immondezza e fragilità, alla quale siete inclinati per la vostra fragile natura (benché la ragione, quando lo vuole il libero arbitrio, faccia star quieta questa ribellione), ma quei miseri non raffrenano quella fragilità: anzi fanno peggio, commettendo il maledetto peccato contro natura. Quali ciechi e stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui sono; poiché non solo essa fa schifo a Me, che sono somma ed eterna purità (a cui tanto abominevole, che per questo solo peccato cinque città sprofondarono per mio giudizio, non volendo più oltre sopportarle la mia giustizia), ma spiace anche ai demoni, che di quei miseri si sono fatti signori. Non è che ai demoni dispiaccia il male, quasi che a loro piaccia un qualche bene, ma perché la loro natura è angelica, e perciò schiva di vedere o di stare a veder commettere quell’enorme peccato» (Santa Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza, cap. CXXIV). 

Per approfondimenti studiare la Casti Connubii.

Definizione propria e cattolica del rapporto contro natura: «Come già abbiamo notato, esiste una specie distinta di lussuria là dove si riscontra uno speciale disordine, che rende ripugnante l'atto venereo. E questo può avvenire in due maniere. Primo, perché ripugna alla retta ragione: il che si riscontra in tutti i peccati di lussuria. Secondo, perché oltre ciò ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell'atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura. Ciò può avvenire in più modi. Primo, quando senza nessun commercio carnale si procura la polluzione per il piacere venereo: e questo è il peccato di immondezza, che alcuni chiamano mollezza (o masturbazione). - Secondo, praticando la copula con esseri di altra specie: e questo si chiama bestialità. - Terzo, accoppiandosi con sesso indebito, cioè maschi con maschi e femmine con femmine, come accenna San Paolo scrivendo ai Romani: e questo è il vizio della sodomia. - Quarto, non osservando il modo naturale della copula; o non usando i debiti organi; o adoperando nell'atto altri modi mostruosi e bestiali» (San Tommaso d'Aquino, Somma teologica, II-II, q. 154, a. 11 co.).