Civiltà Cattolica (Anno Vigesimonono, vol. V, serie decima, 1878, pag. 236) ci consegna una rara lettera di Papa Pio IX, che avevamo reperito, non senza difficoltà, solamente sul Dizionarietto Dottrina politica dei Papi (vol. 1, Alleanza Italiana, 1960, pag. 180, n° 546). Tantissimo ha scritto, detto e fatto Papa Mastai Ferretti contro i cosiddetti liberali, tuttavia preferiamo, ora, riportare questo passo per la sua esclusività. L’autore di Civiltà Cattolica introduce in siffatti termini il Breve del Pontefice: «I funestissimi principii professati e praticati da certi cotali che s’intitolano liberali-cattolici, benché molte volte apertamente riprovati e condannati dal Vicario di Gesù Cristo, proseguono ad infettare le menti e guastare i cuori degli incauti; che, abbagliati da vani sofismi, credono potersi conciliare coi doveri d’un buon cattolico, non solo una certa indipendenza di giudizii e di opere, ma eziandio una superba presunzione di tracciare all’autorità ecclesiastica, ed allo stesso Sommo Pontefice, le vie da battere e le dottrine da tenersi nel reggimento della Chiesa. Laonde non è da stupire se il Papa Pio IX non cessa d’inculcare ai buoni che si guardino dalle arti e dalle insidie di codesti seduttori. Di che, non ha molto, il Santo Padre, in un Breve diretto al Presidente ed ai membri del Congresso cattolico a Bergamo, altamente ebbe a lodare il proposito loro di mantenersi sempre uniti a lui anche in mezzo all’imperversare della tempesta e della persecuzione; e scrisse loro, come leggesi nell’Osservatore Romano, n° 272, in questi precisi termini». Leggiamo, a questo punto, la citazione più completa tratta dal Dizionarietto al n° 546: «Mantenere con Noi una perfetta unanimità di pensieri e di opere per ribattere gli sforzi dell’empietà e della ribellione ripudiando ogni estranea investigazione e contesa. Guidati da sì prudente determinazione, accoglierete con docilità e riverente ossequio, ed eseguirete con esattezza i Documenti ed i consigli di questa Santa Sede, e per tal modo facilmente eviterete le frequenti insidie di coloro, che sapienti agli occhi propri ed arogantisi l’arbitraria missione di consigliare e persuadere quello che essi temerariamente pensano doversi fare per condurre l’ordine e la pace, non pochi dei Nostri figli, anche fra i più devoti a Noi, allettati dallo splendore dell’ingegno e della dottrina, a poco a poco distolgono dall’usata riverenza per i Nostri ammonimenti: e rompendo con ciò l’unanimità, dividono le forze cattoliche, che dovrebbero, unite, tener testa ai nemici. Noi pertanto preghiamo IDDIO che vi faccia continuare sempre a combattere per la giustizia con Noi e secondo gli avvisi di questa Cattedra di verità, e così meritare le grazie necessarie in sì difficile combattimento ed infine conseguire il premio preparato ai combattenti per una tale causa (Si Divinus Magister, 15 novembre 1877)». Papa Leone XIII nella Immortale Dei (1 novembre 1885) ci indica gli esempi da seguire e quelli da biasimare senza alcun dubbio (i liberali hanno il dubbio): «I principi e lo spirito dei popoli pagani erano allora quanto mai lontani dallo spirito e dai principi evangelici; tuttavia era dato vedere i cristiani, in mezzo alla superstizione, incorrotti e sempre coerenti con se stessi, introdursi animosamente ovunque intravedessero un varco. Esempio di fedeltà ai principi, obbedienti all’imperio delle leggi fino a che ciò non fosse in contrasto con la legge divina, diffondevano in ogni luogo un mirabile splendore di santità; si impegnavano ad aiutare i fratelli, a convertire tutti gli altri alla sapienza di Cristo, pronti tuttavia a ritirarsi e ad affrontare intrepidamente la morte, qualora non fosse stato loro possibile conservare gli onori, le magistrature e i comandi senza venir meno alla virtù. In tal modo fecero sì che il cristianesimo penetrasse rapidamente non solo nelle famiglie, ma anche nell’esercito, nel Senato e nello stesso palazzo imperiale. “Siamo nati ieri, ed abbiamo riempito ogni vostro luogo, città, isole, castelli, municipi, assemblee, gli stessi accampamenti, le tribù, le decurie, il palazzo, il Senato, il foro”, sicché la fede cristiana, quando la legge consentì la pubblica professione del Vangelo, apparve non come creatura ai primi vagiti e in culla, ma adulta e già sicura in un considerevole numero di città». Ciò premesso, incede glorioso e sapiente Leone XIII, «[...] veramente, i nostri tempi richiedono che tali esempi dei nostri padri siano riproposti. I cattolici, quanti sono degni di questo nome, devono anzitutto essere e manifestarsi apertamente figli amorosissimi della Chiesa, respingere senza esitazione tutto ciò che non possa conciliarsi con tale professione, servirsi delle istituzioni pubbliche, ogni volta che possano onestamente farlo, a difesa della verità e della giustizia, adoperarsi perché la libertà d’agire non travalichi i limiti stabiliti dalle leggi di natura e divine, contribuire a far sì che tutta la società si uniformi a quel modello e a quell’ideale cristiano che abbiamo descritto. Non è facile indicare un metodo certo e valido universalmente per realizzare tali propositi, dovendo esso adeguarsi a circostanze di tempo e di luogo che sono assai diverse tra loro. Nondimeno si dovrà anzitutto aver cura di conservare la concordia nelle volontà e l’uniformità nell’azione. L’una e l’altra si potranno pienamente raggiungere, se ciascuno si proporrà come norma di vita le prescrizioni della Sede Apostolica e se asseconderà i Vescovi, che “lo Spirito Santo pose a reggere la Chiesa di Dio” (At. 20,28)». Diamo ancora continuità al nostro Comunicato n° 29 (La Chiesa contro il buonismo: la vera concordia è cattolica), sempre citando la Immortale Dei: «La difesa poi del nome cattolico postula la necessità che, nel professare le dottrine tramandate dalla Chiesa, siano in tutti un solo sentire e un’incrollabile fermezza; su questo fronte occorre guardarsi dall’essere in alcun modo conniventi con le false opinioni, o dal resistere ad esse più debolmente di quanto non richieda la verità. Riguardo alle teorie opinabili, si potrà disputare con moderazione e con l’intento di ricercare la verità, evitando peraltro i sospetti ingiuriosi e le reciproche denigrazioni. A questo proposito, affinché accuse sconsiderate non mettano in forse la concordia degli animi, tutti tengano a mente alcuni punti fermi: che l’integrità della professione cattolica non può in alcun modo conciliarsi con opinioni che si aprano al Naturalismo o al Razionalismo, il cui intento è sostanzialmente quello di distruggere dalle fondamenta la concezione cristiana e di stabilire nella società il primato dell’uomo, dopo aver scalzato quello di Dio. Parimenti non è lecito tenere in privato una linea di condotta e in pubblico un’altra, cioè riconoscere l’autorità della Chiesa nella vita privata e sconfessarla in pubblico. Ciò significherebbe coniugare cose turpi e oneste, e accendere nell’uomo un conflitto interiore, mentre è doveroso essere sempre coerenti con se stessi e non allontanarsi mai, in alcuna situazione o scelta di vita, dalla virtù cristiana».

A cura di CdP