Sebbene questa pretesa - «Io sono credente, ma non sono praticante» - sia molto più che una contraddizione, è un pratico ateismo: ed è chiaro, poiché chi, professandosi cattolico, non esercita le pratiche del culto cattolico, in qual altro modo onora la divinità? Non canta salmi certo coi Giudei (sic!), non partecipa alla “cena” dei protestanti, non osserva il ramadan dei Turchi, non adora gli idoli coi Gentili, che cosa fa? Nulla, nulla. Vive sulla terra al par dei bruti, senza provvidenza dell’avvenire, senza pensiero di anima, senza culto del Signore. Questi è peggiore dei selvaggi più feroci che dominano i deserti dell’Africa o le pianure dell’America, i quali, per quanto privi di umanità, di cultura, di educazione, pure, ammaestrati anche dalla sola natura, come riconoscono qualche divinità, così la onorano con qualche pratica religiosa. Nonostante essi errino nell’oggetto che riconoscono come “dio”, o nel modo con cui credono doverlo onorare. Questo è, che principalmente intendiamo affermare, quando diciamo che la corruzione che nasce dalla civiltà è peggiore della corruzione barbara: dato che questi ultimi, i barbari, non estinguono coi sofismi e con gli errori fino agli ultimi raggi che la ragione fa balenare alla mente; laddove nella corruzione nata dalla civiltà, anche questi ultimi raggi si finisce per offuscare. Ma quale sarà poi la ragione intima, per cui un cattolico si induce ad astenersi da ogni manifestazione esterna del culto, che pure si gloria di professare? Non può certo, senza qualche ragione ben salda, buttarsi ad un partito così mostruoso? Ora, avendola io indagata con qualche attenzione, dice Padre Franco, ed avendo anche interrogato non pochi di quelli che miseramente si trovano in quello stato, ho dedotto che senza dubbio le ragioni stanno o nell’ignoranza, o nell’accidia, o nella vita reietta, o nel rispetto umano. Prosegue negli articoli odierni del Centro Studi Vincenzo Ludovico Gotti (tag Credente non praticante) ...

da Padre Franco «Risposte alle obiezioni più popolari contro la religione», ed. IV, Capo XLV, Roma, Civiltà Cattolica, 1864, con Imprimatur, dalla pagina 429 alla pagina 438

(a cura di CdP)