Finalmente l’ultima cagione, e forse la più universale dalla quale si muove la trascuratezza delle pratiche religiose, è il rispetto umano. La gioventù certo non ha tentazione più grave a smettere le pratiche religiose, che quella che le proviene dalla derisione che altri fanno di esse. I fanciulli vedono i più grandicelli non curarsi più di preghiera né di Chiesa, e fanno altrettanto perché si dica di loro che sono uomini. I giovani, sia per i cattivi esempi che hanno, sia per evitare di essere derisi quali bigotti, si allontanano dalla pratica della religione. Certe classi d’uomini tengono come punto d’onore il non lasciarsi vedere nelle chiese, come quelli che non sono sicut ceteri hominum: Alcuni, più grossi d’intendimento, hanno bisogno di mostrarsi audaci spregiatori di Dio per aver qualcosa che li distingua dagli altri. Perfino certe vanissime donne si impegnano a non praticare la religione per non avere la reputazione di “santarelline”. Quanti siano costoro io non lo posso dire. Ognuno vede che si moltiplicano ogni giorno e che giungono fino a preferire la reputazione di ladri, di scostumati, di prepotenti e finanche di sacrileghi, piuttosto che di devoti. Quello che piuttosto è da osservare è la gravità dell’insulto che fanno a Dio. Un figliuolo, che s’inducesse a disconoscere il proprio padre in faccia ad una società qualunque perché lo vede abbietto, spregievole, in poveri cenci, sarebbe a buona ragione reputato un mostro; ma che cosa si dovrà dire di chi arriva a tanto di viltà da disconoscere l’autore della vita, Gesù Cristo? Converrà ormai dire che il trattare con Lui, il dipendere da Lui, l’ossequiarLo, l’obbedirGli sia uno di quegli atti che disonora un galantuomo? E, per verità, come volete voi che maestrati, nobili, militari, impiegati, giovani e generalmente il sesso più forte si abbassi a trattare con Gesù Cristo nella preghiera, a frequentare la Sua casa, a mondarsi prima l’anima per comparirGli dinanzi, a riceverlo nella Comunione? Come! Qui il Padre Franco usa il suo consueto sarcasmo e fa della pungente apologetica. Essi, uomini di quella condizione aver a che far con Gesù Cristo, con un fabbro così povero? Essi, di quel grado di autorità e di preminenza .... con Gesù Cristo che ha forma di servo? Essi, di quella sapienza, di quell’altitudine ai maneggi privati e pubblici, con Gesù Cristo, che mai non apprese lettere? Essi, di quella grandezza d’animo, di quella eccellenza, di quel valore, con Gesù Cristo obbrobrio degli uomini ed abiezione della plebe? E chi potrebbe sopportare un così strano abbassamento? Molto più, che questi atti di religione bisognerebbe praticarli in chiesa, cioè in comune con l’artiere, col bottegaio, col villano, col paltoniere, con la donnicciuola, e sotto la direzione e con l’intervento del sacerdote cattolico, di quell’essere cioè così vile e così abbominato! Ora chi potrebbe sopportarlo? Il puzzo, che se ne risente, ammorberebbe anche da lontano. Ohibò! Questo è pretendere troppo - insiste con le sollecitazioni il Padre Franco. Ah lettore, se non è qui luogo di esclamare che per queste anime indegne ci vuole un inferno apposta, quando lo sarà? Sciagurati! Vengano una volta a conoscere chi sia Gesù Cristo, la cui fede, la cui religione, la cui persona, la cui dignità disprezzano così iniquamente. Gesù Cristo è il Figliuolo unigenito dell’Altissimo, Dio, come Suo Padre, giusto, santo, buono, potente, perfetto di tutte le divine perfezioni. Prosegue negli articoli odierni del Centro Studi Vincenzo Ludovico Gotti (tag Credente non praticante) ...

da Padre Franco «Risposte alle obiezioni più popolari contro la religione», ed. IV, Capo XLV, Roma, Civiltà Cattolica, 1864, con Imprimatur, dalla pagina 429 alla pagina 438

(a cura di CdP)