Achi si addica il dono dei miracoli. La Questione in esame è la numero 178 (Parte II-II), Articolo 2.

• Se gli iniqui possano fare dei miracoli. Sembra che gli iniqui non possano fare miracoli. Infatti: 1. I miracoli, come si è detto (a. prec., ad 1), vengono compiuti attraverso la preghiera. Ma la preghiera dei peccatori non può essere esaudita, stando a quel detto evangelico (Gv. 9, 31): «Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori». E nei Proverbi (28, 9) si legge: «Chi volge altrove l’orecchio per non ascoltare la legge, anche la sua preghiera è in abominio». Quindi gli iniqui non possono fare dei miracoli. 2. I miracoli sono attribuiti alla fede (Mt. 17, 20): «Se avrete tanta fede pari a un granello di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà». Ma «la fede senza le opere è morta», come dice san Giacomo (20, 20): per cui non può avere le sue operazioni proprie. Quindi i malvagi, che non sanno compiere le opere buone, non possono compiere neppure i miracoli. 3. I miracoli sono delle testimonianze divine, secondo l’espressione di san Paolo (Eb. 2, 4): «Dio testimoniava con segni e prodigi e miracoli di ogni genere». Per cui nella Chiesa alcuni vengono canonizzati per la testimonianza dei miracoli. Ma Dio non può testimoniare il falso. Perciò l’uomo iniquo non può fare dei miracoli. 4. I buoni sono più uniti a Dio dei malvagi. Eppure non tutti i buoni compiono miracoli. Tanto meno quindi li compiono i malvagi.

• In contrario: L’Apostolo (1 Cor. 13, 2) scrive: «Se possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla». Ma chi non ha la carità è un iniquo: poiché secondo sant’Agostino (De Trin. 15, 18) «è solo questo dono dello Spirito Santo che distingue i figli del Regno dai figli della perdizione». Perciò anche gli iniqui possono compiere miracoli. Rispondo: Tra i miracoli ce ne sono alcuni che non sono veri miracoli, ma giochi di immaginazione, con i quali l’uomo viene ingannato al punto di vedere ciò che non esiste. Altri invece sono fatti veri, ma non hanno la vera natura di miracoli, essendo compiuti in virtù di cause naturali. E questi due tipi di miracoli possono essere compiuti dai demoni, come sopra (a. prec., ad 2) si è detto. Invece i veri miracoli non possono essere compiuti che dalla virtù divina: Dio infatti li compie a vantaggio degli uomini. E ciò per due motivi: primo, per confermare la verità predicata; secondo, per mostrare la santità di una persona, che Dio vuole proporre quale esempio di virtù. Nel primo modo i miracoli possono essere compiuti da chiunque predichi la vera fede, o invochi il nome di Cristo, cose che possono fare talora anche gli iniqui. E in base a ciò anche gli iniqui possono compiere miracoli di questo genere. Per questo dunque, commentando quel passo evangelico (Mt. 7, 22): «Non abbiamo noi profetato nel tuo nome?», ecc., san Girolamo (In Mt 1) afferma: «Profetare, compiere miracoli e cacciare i demoni talora non è dovuto al merito di chi lo fa, ma all’invocazione del nome di Cristo, affinché gli uomini onorino Dio, invocando il quale si compiono così grandi miracoli». Nel secondo modo invece i miracoli non possono essere compiuti se non dai santi, la cui santità viene dimostrata dai miracoli compiuti sia durante la loro vita, sia dopo la morte, o da loro stessi o da altri. Si legge infatti nella Scrittura (At. 19, 11 s.) che «Dio operava prodigi non comuni per mano di Paolo, al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui, e le malattie cessavano». E anche in questo senso nulla impedisce che un peccatore possa fare dei miracoli attraverso l’invocazione di un Santo. Questi miracoli però non si dice che sono fatti da lui, bensì da colui per dimostrare la santità del quale essi vengono compiuti.

Soluzione delle difficoltà: 1. La preghiera, come si è visto sopra (q. 83, a. 16) trattando di tale argomento, nell’impetrare non si fonda sul merito personale, ma sulla misericordia di Dio, che abbraccia anche i peccatori. Per questo Dio talora esaudisce anche le preghiere di questi ultimi. Per cui sant’Agostino (In Ioh. ev. tract. 44) afferma che «quelle parole furono dette dal cieco nato quando ancora non era stato unto», cioè quando non era stato ancora perfettamente illuminato: «infatti Dio esaudisce i peccatori». L’affermazione poi che «la preghiera di chi non ascolta le legge è in abominio» va intesa quanto al merito del peccatore. Essa però talora ottiene il suo effetto per la misericordia di Dio: o in vista della salvezza propria, come nel caso del pubblicano della parabola evangelica (Lc. 18, 13 s.), o anche per la salvezza di altri e la gloria di Dio. 2. La fede senza le opere si dice che è morta rispetto al credente, il quale pur possedendola non vive la vita della grazia. Nulla però impedisce che una realtà viva operi con uno strumento morto, come l’uomo con un bastone. Ed è così appunto che Dio opera usando come strumento la fede di un peccatore. 3. I miracoli sono sempre testimonianze vere di ciò che sono chiamati a confermare. Perciò i malvagi che insegnano una falsa dottrina non compiono mai dei veri miracoli a sostegno di essa, sebbene talora siano in grado di compierli a gloria del nome di Cristo che essi invocano, e in virtù dei sacramenti che amministrano. Invece gli iniqui che insegnano la vera dottrina possono fare talora dei veri miracoli a conferma di essa, ma non quali testimonianze della propria santità. Da cui le parole di sant’Agostino (Lib. LXXXIII, quaest. 79): «È diverso il modo di compiere miracoli nel caso dei maghi, nel caso dei buoni cristiani e nel caso dei cattivi cristiani: i maghi li compiono in virtù di patti privati con i demoni, i buoni cristiani in virtù della giustizia pubblica e i cattivi cristiani mediante i segni di questa giustizia». 4. Come dice ancora sant’Agostino (ib.), «il dono dei miracoli non è conferito a tutti i santi perché i deboli nella fede non cadano nel pericolosissimo errore di credere che questi prodigi siano superiori alle opere buone, con le quali si acquista la vita eterna».

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