Un atto di empietà è abbandonare l’ossequio a Dio per soddisfare gli uomini: come pure trasgredire le leggi di Gesù Cristo per obbedire alle autorità dello Stato, o violare i diritti della Chiesa col pretesto di osservare il diritto civile. «È necessario obbedire più a Dio che agli uomini» (At. 5,29). È ciò che Pietro e gli altri Apostoli risposero alle autorità che imponevano cose ingiuste; è ciò che si deve sempre ripetere senza esitazioni in casi simili. Nessun cittadino, sia in pace sia in guerra, è migliore di un vero cristiano, memore del proprio dovere; ma questi deve essere pronto a sopportare tutto, anche la morte piuttosto che abbandonare la causa di Dio e della Chiesa. Perciò non hanno considerato adeguatamente la forza e la natura delle leggi coloro che riprovano questa decisione nella scelta dei doveri, e affermano che questa è sedizione. Parliamo di cose note al popolo e da Noi altre volte spiegate. La legge non è che un comando della retta ragione, promulgata per il bene comune da colui che ha un legittimo potere. Ma non c’è nessun vero e legittimo potere se non parte da Dio, sommo sovrano e padrone di tutte le cose, che solo può concedere ad un uomo il potere su altri uomini; e non deve essere ritenuta retta una ragione che dissenta dalla verità e dalla ragione divina: né vi è un vero bene se è contrario al sommo e immutabile bene o che allontani e svii dall’amore a Dio le volontà degli uomini. Sacro è per i cristiani il nome dell’autorità pubblica, nella quale essi riconoscono una certa immagine e un simbolo della maestà divina, persino quando è gestita da persone indegne. Alla legge è dovuto un giusto rispetto, non per la forza o le minacce, ma per la consapevolezza di un dovere: «Dio non ci ha dato uno spirito di timore» (2Tm. 1,7). Però se le leggi dello Stato dovessero essere apertamente in contraddizione con il diritto divino; se dovessero essere ingiuriose verso la Chiesa, o contraddire i doveri della religione o violare l’autorità di Gesù Cristo nella persona del Papa, allora è doveroso resistere ed è colpa ubbidire; e questo si collega al disprezzo verso lo Stato, perché si pecca anche contro lo Stato quando si va contro la religione. Nuovamente si chiarisce quanto sia ingiusta l’accusa di sedizione: infatti, non si ricusa la dovuta obbedienza al capo dello Stato e agli autori delle leggi, ma ci si oppone solamente alla loro volontà in quei precetti che essi non hanno alcun potere di imporre perché vengono emanati offendendo Dio, perciò mancano di giustizia e sono tutto fuorché leggi. Voi sapete, Venerabili Fratelli, che questa è la stessa dottrina del beato Paolo Apostolo, che dopo aver scritto a Tito che si dovevano ammonire «i cristiani di stare soggetti ai principi e ai governanti e obbedire ai loro ordini», aggiunse subito che «dovevano essere preparati per ogni opera buona» (Tt. 3,1). Dal che appare chiaramente che se le leggi umane dovessero stabilire qualcosa di contrario all’eterna legge di Dio, sarebbe giusto non obbedire. Con simile argomentazione il Principe degli Apostoli rispondeva con forte ed eccelsa nobiltà d’animo a coloro che gli volevano togliere la libertà di predicare il Vangelo: «Se è giusto al cospetto di Dio ascoltare voi piuttosto che Dio, giudicatelo voi stessi: non possiamo infatti non parlare di quelle cose che abbiamo visto e udito» (At. 4,19-20). È dunque grande dovere dei cristiani amare le due patrie, quella di natura e l’altra della città celeste, purché sia prevalente l’amore di quest’ultima sulla prima, e non si antepongano mai i diritti umani a quelli divini, e si consideri la città celeste come fonte dalla quale sgorgano tutti gli altri doveri. Il Salvatore del genere umano ha detto di se stesso «Io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza della verità» (Gv. 18,37). Come pure «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e che cosa voglio se non che si accenda?» (Lc. 12,49). Tutta la vita e la libertà del cristiano stanno nella conoscenza di questa verità, che è il massimo della perfezione della mente, e nell’amore a Dio che pure rende perfetta la volontà. E la Chiesa conserva e difende con continuo impegno e vigilanza questo nobilissimo patrimonio - cioè della verità e della carità - affidatole da Gesù Cristo. Prosegue qui ...

Leone XIII, «Sapientiae christianae»