• Passiamo ora a confrontare il dominio imperiale con quello regale e con quello politico: perché, come risulta da quanto abbiamo detto, esso ha delle somiglianze con ambedue; e con quello politico concorda per tre caratteristiche. In primo luogo infatti riguardo all’elezione. Infatti, come i consoli e i dittatori romani, che reggevano politicamente il popolo, prendevano la carica o con l’elezione o dai senatori, così pure avveniva per gli imperatori che erano eletti talvolta dall’esercito romano, come - a quanto sappiamo dalla storia - Vespasiano in Palestina (anche Foca fu eletto in una maniera analoga da una rivolta militare in Oriente contro l’imperatore Maurizio, che poi uccise); talora poi gli imperatori venivano scelti dai senatori, come avvenne per Traiano e Diocleziano, anche se uno proveniva dalla Spagna, l’altro dalla Dalmazia. Così pure Elio Pertinace fu scelto dai senatori.

• Inoltre essi non sempre provenivano dalla nobiltà; che a volte erano di origine oscura, come risulta per gli imperatori Vespasiano e Diocleziano, che abbiamo menzionato prima, stando a quanto ci racconta la storia. Il che era avvenuto anche per i consoli e i dittatori romani, come abbiamo visto prima riguardo a Lucio Valerio e a Fabrizio. E Sant’Agostino nel De Civitate Dei racconta che Quinto Cincinnato, pur avendo soltanto quattro iugeri da coltivare, fu fatto dittatore. Altra somiglianza si riscontra nel fatto che il loro potere non passava ai loro discendenti, onde, non appena erano morti, finiva anche il loro potere.

• Quanto poi a queste due cose abbiamo un esempio anche nei tempi moderni, perché ci sono stati degli imperatori eletti, come Rodolfo che era semplice conte d’Asburgo e, alla sua morte, Adolfo di Nassau; ed essendo questi stato ucciso da Alberto, figlio di Rodolfo, fu fatto il nuovo imperatore nella stessa maniera. Questa dunque è regola generale, a meno che alcuni non vengano fatti imperatori, o per la loro bontà, o per merito del loro padre, come accadde per Arcadie e Onorio, figli di Teodosio I e per Teodosio il giovane, figlio di Onorio. Infatti, poiché governavano bene lo Stato e la Corte imperiale, meritarono che il potere rimanesse per qualche tempo nella loro famiglia.

• La stessa cosa era avvenuta per i consoli romani; poiché, anche se allora si eleggevano i consoli ogni anno, almeno per quanto riguarda la magistratura, come si vede nel primo Libro dei Maccabei, tuttavia piuttosto spesso avveniva che, per la probità della persona o della famiglia, il potere passava ai discendenti, come successe a Fabio Massimo; il quale, secondo quanto racconta Valerio Massimo, vedendo che il Consolato era stato tenuto da lui cinque volte e spesso dal padre, dal nonno, dal bisnonno e dai suoi antenati, con la massima severità fece notare al popolo, che ogni tanto bisognava dare alla famiglia Fabia degli intervalli, perché la magistratura più alta non restasse sempre in una sola famiglia.

• Capitò anche talvolta che il potere fosse usurpato con la violenza, e non per merito delle virtù, come accadde nel caso dello scelleratissimo Caligola, che era nipote di Tiberio, durante il cui impero ci fu la Passione di Cristo.

• Lo stesso va detto per Nerone. La stessa cosa capitò per i due consoli di Roma che con la loro empietà - come narra la storia - usurparono il potere, cioè per Silla e Mario, che misero a soqquadro la città e il mondo. Orbene, da tutti questi elementi emerge la somiglianza del potere imperiale con quello politico.

• Ma una somiglianza può riscontrarsi anche col dominio regale, sotto tre aspetti.

• In primo luogo per il modo di governare: poiché, come i Re, l’Imperatore ha una giurisdizione e anche a lui spettano, per via di una sorta di diritto di natura, tributi e rendite che non si possono omettere senza peccato, come nel diritto regale che abbiamo definito sopra: potere superiore a quello dei consoli e di qualunque altro reggitore di città che in Italia governi in modo politico, come diremo più avanti. Infatti in tal caso i tributi e le rendite sono devoluti all’erario pubblico. Ne parla appunto Sallustio, nel riferire come Catone in un suo discorso rimproverava i consoli romani del suo tempo.

• Infatti, dopo aver lodato gli antichi, perché «furono in patria operosi, fuori esercitarono un potere giusto, ebbero l’animo libero nel giudicare, non soggetto al capriccio e al delitto», aggiunge: «In luogo di queste cose noi oggi abbiamo il lusso e l’avarizia, la miseria del pubblico erario e l’opulenza privata».

• La seconda somiglianza degli Imperatori con i Re è la corona, perché vengono incoronati come i Re. Infatti ci sono due corone, per quelli che vengono eletti imperatori: una presso Milano, a Monza, dove sono sepolti i re longobardi: e questa corona ferrea si dice che sia il segno che il primo imperatore germanico, Carlo Magno, sottomise i Re longobardi e la loro gente. La seconda corona, d’oro, la ricevono dal Sommo Pontefice, allorché s’inchinano genuflettendosi, in segno della loro soggezione e fedeltà alla Chiesa Romana.

• Ora tale dignità non l’avevano né i consoli né i dittatori di Roma; perché, come sta scritto nel primo Libro del Maccabei, fra i magistrati romani nessuno portava il diadema né si vestiva di porpora; mentre i Re e gli Imperatori fanno ambedue queste cose.

• La terza somiglianza che gli Imperatori hanno coi Re, e per cui differiscono dai consoli e dai reggitori politici in generale, è la facoltà di fare leggi e la potestà arbitraria che esercitano sui sudditi nei casi già detti. Perciò il loro potere si chiama anche maestà, imperiale o regale: il che non compete ai consoli e ai reggitori politici, perché questi non possono agire se non secondo le direttive delle leggi che hanno ricevuto, ovvero secondo l’arbitrio del popolo; e non possono emettere giudizi al di là di questa norma. • Risultano dunque chiaramente le qualità del governo imperiale secondo i diversi tempi, e dal confronto di esso col governo politico o democratico e con quello regale.

Da San Tommaso d’Aquino, De regimine principum ad regem Cypri, Princìpi non negoziabili sulla società e sulla politica, Capitolo XX del Libro III: Paragone fra il dominio regale e quelli imperiale e politico.