Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Napoli, varie ed., 1759 - 1776. Della confidenza colla quale dobbiamo pregare, parte 2. Dice lo stesso Profeta, chi confida in Dio, si troverà sempre circondato dalla Divina Misericordia: Sperantem autem in Domino misericordia circumdabit (Psal. 31. 10). Sicché costui sarà talmente d’ogn’intorno cinto e guardato da Dio, che resterà sicuro dai Nemici, e dal pericolo di perdersi. Perciò l’Apostolo tanto raccomanda a conservare in noi la confidenza in Dio, la quale (ci avvisa) certamente riporta da Lui una gran mercede: Nolite itaque amittere confidentiam vestram, quae magnam habet remunerationem (Hebr. 10. 35). Quale sarà la nostra fiducia, tali saranno le grazie che riceveremo da Dio; se sarà grande la fiducia, grandi saranno ancora le grazie. Magna fides magna meretur. Scrive san Bernardo, che la Divina Misericordia è una fonte immensa, chi vi porta il vaso più grande di confidenza, quegli ne riporta maggior abbondanza di beni: Nec Oleum misericordiae nisi in vasa fiduciae (Domine) ponis. E già prima l’espresse il Profeta dicendo: Fiat misericordia tua, Domine, super nos, quemadmodum speravimus in te (Psal. 32. 22). Ciò ben si avverò nel Centurione, a cui disse il Redentore, lodando la sua confidenza: Vade, et sicut credidisti fiat tibi (Matth. 8. 13). E rivelò il Signore a santa Gertrude, che chi lo prega con confidenza, gli fa in certo modo tanta violenza, ch’Egli non può non esaudirlo, in tutto ciò che egli cerca. Oratio (disse san Giovan. Climaco) pie Deo vim infert. La preghiera fa violenza a Dio, ma violenza che gli è cara e gradita. Adeamus, dunque ci avvisa san Paolo, cum fiducia ad thronum gratiae, ut misericordiam consequamur, et gratiam inveniamus in auxilio opportuno (Hebr. 4. 16). Il Trono della grazia è Gesù Cristo, che al presente siede alla destra del Padre, non in trono di giustizia, ma di grazia, per ottenerci il perdono, se ci ritroviamo in peccato, e l’aiuto a perseverare, se godiamo la Sua Amicizia. A questo Trono bisogna, che ricorriamo sempre con fiducia, cioè con quella confidenza che ci dà la Fede nella Bontà e Fedeltà di Dio, il quale ha promesso di esaudire chi lo prega con confidenza, ma con confidenza stabile e sicura. Chi all’incontro lo prega con esitazione, dice san Giacomo, che costui non pensi di ricevere niente: Qui enim haesitat, similis est fluctui maris, qui a vento movetur et circumfertur; non ergo aestimet homo ille, quod accipiat aliquid a Domino (Jac. 1. 6. 7). Niente riceverà, perché la sua ingiusta diffidenza, da cui viene agitato, impedirà alla Divina Misericordia di esaudire le sue domande. Non recte petisti, quia dubitabundus petisti, dice san Basilio; non hai ricevuta la grazia, perché l’hai domandata senza confidenza. Disse Davide, che la nostra confidenza in Dio deve essere ferma come un monte, che non si smuove a qualunque urto di vento: Qui confidunt in Domino, sicut mons Sion, non commovebitur in aeternum (Psal. 123. 1). E ciò è quello di cui ci ammonì il Redentore, se vogliamo ottenere le grazie che cerchiamo Quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis, et evenient vobis (Marc. 11. 24). Qualsivoglia grazia che domandate, state sicuri di averla, e così l’otterrete. Ma dove, dirà taluno, io miserabile debbo fondare questa confidenza certa di ottenere quel che domando? Dove? Sulla promessa fatta da Gesù Cristo: Petite, et accipietis (Jo. 16. 24). Cercate, ed avrete. Quis falli metuet, dum promittit Veritas? dice sant’Agostino, come possiamo dubitare di non essere esauditi, quando Iddio ch’è la stessa Verità promette di concederci ciò, che pregando gli domandiamo? Non hortaretur ut peteremus, dice lo stesso Santo Dottore, nisi dare vellet. Certamente il Signore non ci esorterebbe a chiedergli le grazie, se non ce le volesse concedere. Ma questo è quello, a ch’Egli tanto ci esorta, e tante volte ce lo replica nelle sacre Scritture, pregate, domandate, cercate: Orate, petite, quaerite etc. ed otterrete, quanto desiderate: Quodcumque volueritis, petetis, et fiet vobis (Jo. 15. 7). Ed acciocché noi lo preghiamo con la confidenza dovuta, perciò il Salvatore ci ha insegnato nell’Orazione del Pater noster, che noi ricorrendo a Dio per ricevere le grazie necessarie alla nostra salute (che già nel Pater noster tutte si contengono), lo chiamiamo non Signore, ma Padre, Pater noster; mentre vuole, che noi cerchiamo a Dio le grazie con quella confidenza, colla quale un figlio povero, o infermo cerca il sostentamento, o la medicina al suo proprio Padre. Se un figlio sta per morir di fame, basta che lo palesi al Padre, il Padre subito lo provvederà di cibo; e se ha ricevuto qualche morso di serpe velenoso, basterà che rappresenti al Padre la ferita ricevuta, acciocché il Padre subito v’applichi il rimedio, che già tiene. Fidati dunque alle Divine Promesse domandiamo sempre con confidenza, non vacillante, ma stabile e ferma, come dice l’Apostolo: Teneamus spei nostrae confessionem indeclinabilem; fidelis enim est, qui repromisit (Hebr. 10. 23). Com’è certo intanto, che Dio è fedele nelle sue promesse, così dev’esser certa ancora la nostra confidenza, ch’Egli ci esaudisca, quando lo preghiamo. E benché alle volte, ritrovandoci forse noi in stato di aridità o disturbati da qualche difetto commesso, non proviamo nel pregare quella confidenza sensibile, che vorremmo sentire: con tutto ciò facciamoci forza a pregare, perché Dio non lascerà di esaudirci; anzi allora meglio ci esaudirà, poiché allora pregheremo più diffidati di noi, e solo confidati nella Bontà, e Fedeltà di Dio, il quale ha promesso di esaudire chi lo prega. Oh come piace al Signore in tempo di tribolazioni, di timori, e di tentazioni il nostro sperare, anche contro la speranza, cioè contro quel sentimento di diffidenza, che proviamo allora per causa della nostra desolazione. Di ciò l’Apostolo loda il Patriarca Abramo, dicendo: Qui contra spem in spem credidit (Rom. 4. 18). ...