Sicché per ottenere la Perseveranza, bisogna che sempre ci raccomandiamo a Dio, la mattina, la sera, nella Meditazione, nella Messa, nella Comunione, e sempre: specialmente in tempo di tentazioni, con dire sempre allora, e replicare: Signore aiutatemi, Signore assistetemi, tenetemi le mani sopra, non mi abbandonate, abbiate pietà di me. V’è cosa più facile di questa, che dire: Signore aiutatemi, assistetemi? Sulle parole del Salmista: Apud me oratio Deo vitae meae (Ps. 41. 10), dice la Glossa: Dicet quis non possum jejunare, dare eleemosynas; si dicitur ei, ora, non potest hoc dicere. Perché non v’è cosa più facile che il pregare. Ma bisogna che non lasciamo mai di pregare, bisogna che continuamente facciamo (per così dire) forza a Dio affinché ci soccorra sempre, ma forza che Gli è cara, e gradita. Haec vis grata Deo, scrisse Tertulliano; e san Girolamo disse, che le nostre preghiere, quanto sono più perseveranti ed importune, tanto più sono accette a Dio: Oratio quandiu importuna est, plus amica est. Beatus vir qui audit me, et vigilat ad fores meas quotidie (Prov. 8. 34). Beato quell’Uomo, dice Dio, che mi ascolta, e vigila continuamente colle sante preghiere alle porte della mia Misericordia. Ed Isaia dice: Beati omnes qui expectant eum (Isa. 30. 18). Beati coloro che sino alla fine aspettano (pregando) la loro salute dal Signore. Perciò nel Vangelo ci esorta Gesù Cristo a pregare, ma in qual modo? Petite, et accipietis; quaerite, et invenietis: pulsate, et aperietur vobis (Luc. 11. 9). Bastava l’aver detto petite, che serviva aggiungere quel quaerite, e pulsate? Ma no, che non fu superfluo l’aggiungerli; con ciò ha voluto il Redentore insinuarci, che noi dobbiamo fare, come fanno i Poveri che vanno mendicando: questi se non ricevono la limosina che chiedono, e sono licenziati, non lasciano di domandarla, e di tornarla a chiedere, e se più non comparisce il Padrone della Casa, si mettono a bussare le porte, sino a rendersi molto importuni e molesti. Ciò vuole Dio, che facciamo noi: che preghiamo, e torniamo a pregare, e non lasciamo mai di pregare, che ci assista, che ci soccorra, che ci dia luce, ci dia forza, e non permetta che mai abbiamo a perdere la Sua Grazia. Dice il dotto Lessio, che non può essere scusato da colpa grave, chi non prega stando in peccato o in pericolo di morte; o pure chi per notabile tempo trascura di pregare, cioè (come dice) per uno o due mesi; ma ciò s’intende fuori del tempo di tentazioni, poiché chi si ritrova combattuto da qualche grave tentazione, egli senza dubbio pecca gravemente, se non ricorre a Dio coll’Orazione, chiedendo l’aiuto per resistere a quella, vedendo che altrimenti si mette a prossimo, anzi certo pericolo di cadere. Ma dirà taluno: Giacché il Signore può e vuole darmi la santa Perseveranza perché non me la concede tutta in una volta, quando gliela domando? Son molte le ragioni, che ne assegnano i Ss. Padri. Iddio non la concede in una volta, e la differisce, primieramente per meglio provare la nostra confidenza. In oltre, dice sant’Agostino, acciocché maggiormente noi la sospiriamo; scrive il Santo, che i doni grandi richiedono gran desiderio, giacché i beni presto ricevuti non si tengono poi in quel pregio, che si tengono quelli che per lungo tempo sono stati desiderati: Non vult (Deus) cito dare, ut discas magna magne desiderare; diu desiderata dulcius obtinentur; cito autem data vilescunt. Inoltre lo fa, acciocché noi non ci scordiamo di Lui; se noi stessimo sicuri già della perseveranza, e della nostra salute, e non avessimo continuo bisogno dell’aiuto di Dio per conservarci nella sua Grazia, e salvarci, facilmente ci scorderemmo di Dio. Il bisogno fa, che i Poveri frequentino le case dei Ricchi. Onde il Signore, per tirarci a Sé (come dice san Giovanni Grisostomo), e per vederci spesso ai piedi Suoi, affinché possa così maggiormente beneficarci, a questo fine trattiene di darci la grazia compita della salute sino al tempo della nostra morte: Neque renuens nostras preces differt, sed hac arte, sedulos nos efficiens, ad Semet ipsum attrahere vult. Inoltre lo fa, acciocché noi col proseguire a pregare ci stringiamo con Esso lui maggiormente con dolci legami d’amore: Oratio (dice lo stesso Grisostomo) non parvum vinculum est dilectionis in Deum, quae cum Eo colloqui assuefacit. Quel continuo nostro ricorrere a Dio colle preghiere, e quell’aspettare con confidenza da Esso le grazie, che desideriamo, oh che grande incentivo e vincolo d’amore egli è, per infiammarci, e legarci più strettamente con Dio! ... (prosegue) ...