Che poi l’Orazione sia l’unico ordinario mezzo per ricevere i Divini doni, lo conferma più distintamente il medesimo Santo Dottore in altro luogo, dicendo che il Signore tutte le grazie che ab eterno ha determinate di donare a noi, vuol donarcele non per altro mezzo che dell’Orazione. E lo stesso scrisse san Gregorio: Homines postulando merentur accipere, quod eis Deus ante saecula disposuit donare. Non già, dice san Tommaso, è necessario il pregare, affinché Iddio intenda i nostri bisogni, ma affinché noi intendiamo la necessità, che abbiamo di ricorrere a Dio, per ricevere i soccorsi opportuni a salvarci, e con ciò riconoscerLo per unico Autore di tutti i nostri beni: Sed ut nos (sono le parole del Santo) consideremus in his ad Divinum auxilium esse recurrendum; et recognoscamus Eum esse bonorum nostrorum Auctorem. Siccome dunque ha stabilito il Signore, che noi fossimo provveduti del pane con seminare il grano, e del vino con piantare le viti; così ha voluto che riceviamo le grazie necessarie alla salute per mezzo della Preghiera, dicendo: Petite, et dabitur vobis; quaerite et invenietis (Matth. 7, 7). Noi, insomma, altri non siamo che poveri mendici, i quali tanto abbiamo quanto ci dona Dio per elemosina. Ego autem mendicus sum et pauper (Psalm. 39,18). Il Signore, dice sant’Agostino, ben desidera e vuole dispensarci le Sue grazie, ma non vuol dispensarle, se non a chi le domanda: Deus dare vult, sed non dat nisi petentim. Egli si protesta con dire: Petite, et dabitur vobis. Cercate, e vi sarà dato; dunque, dice santa Teresa, chi non cerca, non riceve. Siccome l’umore è necessario alle piante per vivere, e non seccare, così, dice il Grisostomo, è necessaria a noi l’Orazione per salvarci. In altro luogo dice il medesimo Santo, che come l’Anima dà vita al Corpo, così l’Orazione mantiene in vita l’Anima: Sicut corpus sine Anima non potest vivere, sic Anima sine Oratione mortua est, et graviter olens Dice graviter olens, perché chi lascia di raccomandarsi a Dio, subito comincia a puzzare di peccati. Si chiama anche l’Orazione cibo dell’Anima, perché senza cibo non può sostentarsi il Corpo, e senza Orazione (dice sant’Agostino) non può conservarsi in vita l’Anima: Sicut escis alitur caro, ita orationibus homo nutritur. Tutte queste similitudini, che adducono questi Santi Padri, denotano l’assoluta necessità ch’essi insegnano d’esservi in tutti di pregare per conseguire la salute. L’Orazione inoltre è l’arma più necessaria per difenderci da Nemici; chi di questa non s’avvale, dice san Tommaso, è perduto. Non dubita il Santo, che Adamo perciò cadde, perché non si raccomandò a Dio, allora che fu tentato: Peccavit, quia ad Divinum auxilium recursum non habuit. E lo stesso scrisse san Gelasio parlando degli Angeli ribelli: Dei gratiam in vacuum recipientes, non orando constare nequierunto. San Carlo Borromeo in una Lettera Pastorale avverte, che tra tutti i mezzi, che Gesù Cristo ci ha raccomandati nel Vangelo, ha dato il primo luogo alla Preghiera; ed in ciò ha voluto che si distinguesse la Sua Chiesa e Religione dalle Sette, volendo ch’ella si chiamasse specialmente Casa d’Orazione: Domus mea domus orationis vocabitur (Matth. 21,13). Conclude San Carlo nella suddetta Lettera, che la Preghiera Est omnium virtutum principium, progressus, et complementum. Sicché nelle tenebre, nelle miserie, e nei pericoli, in cui noi ci troviamo non abbiamo in che altro fondare le nostre speranze, che in sollevare gli occhi a Dio, e dalla sua Misericordia impetrare colle Preghiere la nostra salvezza: Sed cum ignoramus (diceva il Re Giosafatte) quid agere debeamus, hoc solum habemus residui, ut oculos dirigamus ad te (2 Par. 20,12). E così anche praticava Davide, altro mezzo non trovando per non essere preda dei Nemici che pregare continuamente il Signore a liberarlo dalle loro insidie: Oculi mei semper ad Dominum, quoniam ipse evellet de laqueo pedes meos (Psalm. 24,15). Sicché altro Egli non faceva, che pregare dicendo: Respice in me et miserere mei, quia unicus et pauper sum ego (ibid. v. 16). Clamavi ad te, Domine, salvum me fac, ut custodiam mandata tua (Psalm. 118,146). Signore, volgete a me gli occhi, abbiate pietà di me, e salvatemi: mentre io non posso niente, e fuori di Voi non ho chi possa aiutarmi. Ed infatti come noi potremmo mai resistere alle forze dei molti Nemici, ed osservare i Divini Precetti, specialmente dopo il peccato del nostro primo Padre Adamo, che ci ha resi così deboli ed infermi, se non avessimo il mezzo dell’Orazione, per cui possiamo già dal Signore impetrare la luce, e la forza bastante per osservarli? Fu già bestemmia quel che disse Lutero, cioè che dopo il peccato di Adamo si sia fatta assolutamente impossibile agli Uomini l’osservanza della Divina Legge. Giansenio ancora disse, che alcuni Precetti anche ai Giusti erano impossibili, secondo le presenti forze che hanno; e fin qui la sua proposizione avrebbe potuto spiegarsi in buon senso; ma ella fu giustamente condannata dalla Chiesa per quello che poi vi aggiunse, dicendo che mancava ancora la Grazia Divina a renderli possibili: Deest quoque Gratia qua possibilia fiant. È vero, dice sant’Agostino, che l’uomo per la sua debolezza non può già adempire alcuni precetti colle presenti forze, e colla Grazia ordinaria, o sia comune a tutti, ma ben può colla Preghiera ottenere l’aiuto maggiore, che vi bisogna per osservarli: Deus impossibilia non jubet, sed jubendo monet et facere quod possis, et petere quod non possis, et adjuvat ut possis. Eccellente questo testo del Santo, che poi fu adottato, e fatto Dogma di Fede dal Concilio di Trento. Sess. VI, cap. 11. ...

Della necessità della preghiera (Parte 2). Da Del gran mezzo della preghiera, sant’Alfonso Maria de’ Liguori. SS n° 2, p. 7 - 8