Apocatastasi significa restaurazione, ripristinazione, e il termine ricorre una sola volta nel N. T. in un discorso di san Pietro agli Israeliti (Atti Ap. 3,21) nel senso di un rinnovamento finale del mondo in occasione della parusia di Gesù Cristo. Concetto che ritorna in termini equivalenti nella seconda Lettera di san Pietro stesso (3,13) e nell’Apocalisse di san Giovanni (21,1), dove si parla di nuovi cieli e di nuova terra. Anche san Paolo vi allude (Rom. 8,19 ss.) dicendo che tutto il creato è agitato dall’anelito di una liberazione. Del resto Gesù medesimo accenna a una palingenesi, quando il «Figlio dell’uomo» siederà sul trono della sua maestà (Mt. 19,28). I Padri toccano con timida riverenza questo punto misterioso della Rivelazione; ma Origene vi s’impegna a fondo e costruisce, con l’aiuto di elementi platonici, la teoria di una apocatastasi finale consistente nella purificazione e redenzione universale dal male e dal peccato per ogni creatura, anche per i demoni e i dannati. L’idea fu sviluppata dai seguaci di Origene (anche da Gregorio Nisseno) ed entrò a far parte di un complesso di errori attribuiti ad Origene, che vanno sotto il nome di Origenismo e che furono condannati nel 2° Concilio di Costantinopoli, sotto Papa Vigilio (a. 553). Si riconnettono a questa teoria le tendenze e le opinioni, che vorrebbero mitigare le pene dell’inferno o negarne addirittura l’eternità. Tali opinioni, sempre condannate dalla Chiesa Cattolica, hanno fatto presa tra gli scismatici e più ancora tra le sette protestanti.

L’Apocatastasi. Dal Dizionario di Teologia dommatica, A. Piolanti - P. Parente - S. Garofalo, Studium, Roma, 1952. SS n° 14, p. 4