Il sangue dei cristiani è feconda semente, diceva Tertulliano ai persecutori pagani, e più la falce ne miete, più il loro numero aumenta (Apolog. c. XXVIII). Infatti, chi considera la pazienza, la forza, la serenità, la perseveranza dei martiri, il loro numero grandissimo, i vari generi di supplizi inventati per abbatterne la costanza ed in ogni più crudele maniera messi in opera sui loro corpi, senza mai scuoterne l’animo; chi attentamente contempla quella moltitudine di persone di ogni età e condizione, vecchi, ragazzi e verginelle che correvano lieti al supplizio; costui non può fare a meno di riconoscere che la religione per la quale così si muore è una religione divina, è la sola vera religione. Perciò soltanto nella Chiesa cattolica, apostolica, romana s’incontrano Martiri, degni di questo nome. I Martiri spandevano l’odore celeste della conoscenza di Dio e della Sua legge; le nazioni pagane ne meravigliavano e un segreto impulso, lento talvolta e non di rado subitaneo, li spingeva a credere alla verità del Vangelo ed a Gesù Cristo. Di questo modo la predicazione del Vangelo trionfò su la bocca degli Apostoli; la fede soggiogò l’infedeltà, la verità dissipò l’errore, la carità estinse l’odio, la pazienza superò ogni sorta di tormenti e le più crudeli morti. Spesso alla vista del numero, della rassegnazione e dell’allegrezza dei Martiri, i giudici, i carnefici, i custodi delle prigioni si convertivano, abbracciavano il Cristianesimo e divenivano Martiri alla loro volta. Si trovavano trasformati da peccatori in apostoli, da leoni in agnelli, da grandi peccatori e riprovati, in grandi santi e abitatori del cielo (...).  «La vita si è manifestata, dice san Giovanni, e noi l’abbiamo veduta e le rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna, la quale era presso il Padre, e a noi apparve. Noi vi predichiamo quello che abbiamo veduto e inteso» (1 Ioann. l, 2-3). Noi ve la predichiamo con gli insegnamenti, con la vita, con i patimenti, col martirio, con la morte.

I Tesori di Cornelio Alapide.