L’avventurata sorte dei martiri è degna certamente di essere ambita. Ora tutti noi possiamo parteciparvi, ciascuno nel suo stato, perché vi sono altri generi di martirio, oltre quelli di sangue, e degni anch’essi di grande merito, e di ricca mercede. Non nella sola effusione del sangue per la fede sta il martirio, scriveva san Gerolamo, ma anche la perfetta soggezione alla volontà di Dio merita un tal nome (Epitaph. S. Paul.). Non sempre, né a tutti si presenta l’occasione di essere perseguitati, avverte san Gregorio, ma anche la pace ha il suo martirio; poiché chi non deve piegare il capo sotto la mannaia del carnefice, può almeno sottoporre al fendente della spada spirituale i carnali desideri che sente nascere dentro di sé (Homil. III In Evang.). E questo genere di martirio, col quale si assoggetta la carne allo spirito, sebbene, come osserva san Bernardo, non rattristi così la vista come quello che ha per strumento il ferro e il fuoco, non è tuttavia meno degno di premio, perché più penoso a cagione della sua durata (Serm. XXX in Cant.). Vi sono tre martirii che non esigono lo spargimento del sangue; e sono tuttavia assai meritori: 1° essere ricco e vivere interamente distaccato dai beni della terra, come Giobbe e Davide; 2° fare larghe limosine in una condizione ristretta, ad esempio di Tobia e della Vedova del Vangelo; 3° mantenersi casto nella gioventù, a imitazione di Giuseppe in Egitto (...) «Conservare intatta la purità, dice san Gerolamo, porta seco un certo qual martirio» (Ut sup.). Anche la povertà volontaria è un vero martirio; un vero e continuo martirio sono i tre voti che si fanno in religione, di castità, povertà, obbedienza, quando siano gelosamente conservati (...). Una vita impiegata nelle opere di pietà e di carità cristiana equivale ad un mirabile martirio (...). Tutto il merito del martirio ha finalmente la morte che s’incontra per servizio degli infermi affetti di pestilenza. Un memorabile esempio ce ne offre il Martirologio romano, dove sotto la data del 28 febbraio si legge: «Ad Alessandria commemorazione dei santi preti, diaconi, e altri fedeli in gran numero, i quali, ai tempi di Valeriano imperatore, in giorni in cui infieriva un’orribile pestilenza, portarono soccorso agli ammalati esponendo la loro vita alla morte; venerati perciò come martiri della pietà dei primi cristiani». Volete voi sapere, domanda san Pier Damiani, come in seno alla pace che ora gode la Chiesa, potete sostenere il martirio? Ascendete il tribunale della vostra ragione e condannatevi alla tortura. Faccia il pensiero da accusatore, lo spirito da giudice, la coscienza pentita da esecutore e manigoldo; un torrente di lagrime sgorghi dai vostri occhi e vi solchi le guance. Con questa imitazione del martirio, voi arriverete alla dignità di coloro che versarono il loro sangue per la fede (Serm. de S. Apollinar.). Grande e sublime martirio, dice san Lorenzo Giustiniani, è quello di esporre la propria vita per Gesù Cristo. I pii missionari, le venerabili religiose che lasciano le loro case, amici, parenti e patria per andare in remote, barbare contrade a strappare anime all’errore, al delitto, al demonio e darle a Cristo; questi eroi ed eroine della fede che si espongono ad ogni privazione, a mille rischi, a cento morti per sì nobile fine, avranno un merito uguale a quello dei martiri. Ascoltate quello che dice un vero martire, che fu anche martire della carità, san Paolo: «Miei fratelli, scriveva ai Corinzi (I, XV, 31), io muoio ogni giorno per la vostra gloria, in Gesù Cristo nostro Signore». Nessuno si scusi, dicendo: I felici tempi del martirio sono passati; i persecutori scomparvero; Nerone, Decio, Diocleziano tramontarono; perché ciascuno è spiato da nemici che lo perseguitano. Non passa istante senza che qualche nemico, sia poi esso il demonio, il mondo, o la carne, vi stia ai fianchi; talora si uniscono tutti e tre a congiurare ai danni vostri. Resistete da prodi; trionfate, e voi avrete la palma del martirio. Se voi fuggite quelli che v’invitano al vizio, se li respingete risoluti, come il casto Giuseppe, voi sarete martiri del pudore. Se sopportate senza stancarvi le ingiurie e le ingiustizie, sarete martiri della pazienza. Se accettate con gioia gli insulti e gli obbrobri, sarete martiri dell’umiltà (...). Se adempite esattamente le ingiunzioni dei superiori, anche troppo gravi e penose, sarete martiri dell’obbedienza. Qual cosa più confortevole e consolante? Vi è forse martirio più rigoroso di quello per cui volontariamente soffre la fame tra i conviti, si veste dimesso e povero in mezzo alle ricchezze, si preferisce la penuria all’abbondanza? Forse che non meriterà la corona di martire colui che si tura le orecchie alle promesse del mondo, respinge le tentazioni del demonio e, cosa più gloriosa ancora, trionfa di se stesso e frena la concupiscenza che si ribella? Ricordate, per essere coraggiosi nella lotta, che tale vita è un battesimo di sangue, un martirio continuo. Sì, è un martirio ed un certo quale spargimento di sangue, l’affliggere ogni giorno il proprio corpo e ridurlo in ischiavitù: il confessore che ha versato il proprio sangue per Gesù Cristo, riceve una corona di rose; il martire della purità una corona di gigli. Questo non ignorava san Pacomio il quale ad un monaco che voleva uscire dal chiostro per andarsene in cerca del martirio, sensatamente rispose: Corri da valoroso, figliuol mio, l’arringo del monaco, e combatti costantemente; se osservi la regola e cerchi di piacere a Gesù Cristo, tu avrai presso Dio il merito del martirio (Vite de’ Padri). Rallegriamoci con coloro che sacrificarono la vita per il nome di Gesù Cristo (...); invidiamo la loro fortuna, e dal momento che vi sono più sorta di martiri, cerchiamo di diventare tali anche noi in qualche modo, per meritarne la splendida corona (...).

I Tesori di Cornelio Alapide.