San Giovanni Evangelista racconta che vide nella destra di Colui che stava assiso sul trono, un libro scritto dentro e fuori, e chiuso con sette sigilli (Apoc. V, l). Qual è questo libro chiuso da sette sigilli? Moltissimi Dottori insegnano che esso è la Sa­cra Scrittura; e nel primo sigillo vedono la profondità della Scrittura in se stessa; nel secondo, la molteplicità dei sensi che racchiude; nel terzo, la varietà delle figure; nel quarto, la sublimità della dottrina; nel quinto, l’oscurità dei misteri; nel sesto, la soavità del senso tropologico (o senso morale, ndR); nel settimo, l’ineffabile e trasparente verità mescolata alle cose misteriose... Gesù Cristo ha aperto questo libro suggellato, quan­do, prima di salire al cielo, diede ai suoi Apostoli l’intelligenza delle Scritture (Luc., XXIV, 45). Li confermò in quest’intelligenza e l’accrebbe in loro quan­do mandò sopra di loro lo Spirito Santo. La Sacra Scrittura è un oceano senza fondo; sublimi, profondi, impenetrabili all’ingegno umano sono i suoi molteplici sensi; di ma­niera che sant’Agostino esclamava: «Mirabile è la profondità delle vostre Scritture, o Signore; esse non si possono considerare senza timore: timore di rispetto e timore di amore». Altrove confessava essere nella Sacra Scrittura molte più le cose ch’egli ignorava, che non quelle che sapeva. Perciò con grande diffidenza di noi medesimi, e non senza la scorta di eruditi e provati interpreti, dobbiamo imprendere la lettura e lo studio dei libri divini. «Nella Sacra Scrittura, l’umile agnello, secondo la frase di san Gregorio, nuota; il superbo elefante si annega». San Gerolamo attesta di se medesimo che fin da fan­ciullo non aveva mai cessato dal leggere e dal consultare i dotti, e non si era mai fidato ai suoi lumi. Alla fine si era recato in Ales­sandria a trovare Didimo, perché lo illuminasse e gli sciogliesse tutte le difficoltà che trovava nelle Sacre Scritture. Altrove, cioè nella lettera a Paolino, il medesimo santo Dottore ricorda come Paolo Apo­stolo si riteneva onorato di avere imparato la legge di Mosè e i Pro­feti ai piedi di Gamaliele. Ruffino cosi parla dei santi Basilio e Gregorio Nazianzeno: Questi due nobili giovani, i più eruditi di Atene, e stretti in amicizia da tre­dici anni, messi da parte tutti i libri profani dei Greci, fecero loro unica occupazione lo studio delle Sacre Scritture, e ne cercavano l’intelligenza non nel loro ingegno, ma negli autori più dotti e più accreditati, e da quelli che discendevano dagli Apostoli (Histor.). Dimostravano così in se medesimi il contegno del vero saggio il quale, come dice l’Ecclesiastico, interroga la sapienza di tutti gli antichi, studia continuamente nei Profeti; fa tesoro dei detti degli uomini; cerca di penetrare il senso delle parabole e di scoprire il senso occulto dei Proverbi. Fra gli interpreti poi della Sacra Scrittura si devono preferire quelli che alla dottrina accoppiano la santità, perché, come dice san Gerolamo, «la vita dei Santi è interpreta­zione vivente della Scrittura» (Ep. ad Paulin.). L’esempio degli eretici ci sta dinanzi a mostrarci in quali scogli rompe ed in quali errori precipita chi, non secondo l’interpretazione approvata dalla Chiesa, ma a proprio talento, si mette a studiare i Sacri Libri. La Sacra Scrittura si deve leggere con profondo rispetto: vi erano anticamente nelle chiese due tabernacoli, l’uno dirimpetto all’altro: in uno si conservava la santissima Eucaristia, nell’altro la Bibbia. Prova palpabile ed evidente della riverenza grandissima ed infinita in cui la Chiesa ha sempre tenuto e l’Eucaristia e i Libri Sacri. San Carlo Borromeo non leggeva mai la Sacra Scrittura se non in ginoc­chio ed a capo scoperto.

I Tesori di Cornelio Alapide.