L’albero dell’umanità - il paragone è della Santa di Siena - era puro e bello; ma, per la disobbedienza dei progenitori, da albero di vita divenne albero di morte. Per questo, canta la mistica senese, la Trinità sacrosanta, in un eccesso d’amore per l’uomo, innestò la sua «Deità nell’albero morto della nostra umanità». E quasi ciò non bastasse, il Figlio di Dio incarnato bagnò l’albero col suo sangue divino. Quantunque, dinanzi a simile immagine, noi subito comprendiamo come l’uomo innestato in Dio doveva produrre frutto di vita, tuttavia non possiamo a meno di chiederci: «Era possibile l’Incarnazione? È concepibile un Dio che si fa uomo? Non è questo un assurdo, implicando una mutazione in Dio e un annientamento quasi della divinità?». Risponde sant’Agostino. Anche il nostro pensiero s’incarna nella parola, che io stendo sulla carta; eppure esso non si cambia affatto. Così avvenne nell’Incarnazione. Il Pensiero, il Verbo di Dio, purissimo spirito, prese umana carne, vivificò l’inchiostro dell’umana natura; e ciò che si è modificato e mutato non è il Pensiero eterno e perfetto del Padre, ma l’uomo assunto da Lui. Ancora. Il mio pensiero resta nella mia mente, anche quando io l’ho scritto sulla carta, e l’ho incarnato nella espressione verbale; e non sono due, ma unico è il pensiero che è in me e che si trova sulla carta. Così, la seconda Persona della Trinità, incarnandosi, non ha abbandonato il Padre; è uno col Padre e con lo Spirito Santo e resta con loro, pur apparendo anche sulla terra. Ed unico è il Figlio di Dio, che sempre esiste in cielo e che visse un giorno in Palestina. E come qualora la carta venisse lacerata o soffrisse qualche deterioramento, anche il pensiero scritto scomparirebbe e se ne risentirebbe, quantunque il pensiero in sé non soffra nessuna diminuzione in quanto pensiero, così Gesù Cristo nella sua vita e nella sua passione non patì in quanto Dio, perché come Dio non poteva né patire né morire, ma solo in quanto uomo. Santa Caterina ricorre ad un altro splendido paragone. Il Verbo Incarnato, il Dio fatto Uomo è la Divinità, fulgente in sé come sole, ma velata dalla «miserabile nuvola» della natura umana. È vero: i profeti avevano predetto ed indicato chiaramente la venuta e la storia di Cristo; ed i prodigi compiuti da Lui, insieme con le profezie, erano una prova apodittica della sua divinità. Tuttavia, la nube della carne nostra, rivestendo il Verbo, lo nascose nell’occhio superficiale, che non vide, dietro quella nube, né salutò il Sole, quantunque di quando in quando il raggio d’un miracolo o d’una divina parola rompesse l’oscurità nuvolosa e ne rivelasse la presenza. E la Santa esclama: «Riguarda tu, o anima mia, e vedrai il Verbo nell’umanità nostra fatta come nuvola. La Deità non riceve lesione per la nuvola, vale a dire, le tenebre della nostra umanità, ma sta nascosta dietro il sole; e lo splendore divino, così come il cielo sereno talvolta si nasconde sotto la nuvola, la divinità del Verbo assistette alle sofferenze del corpo suo, ma, dopo la Risurrezione, cambiò in luce le tenebre della sua umanità e, da mortale che era prima, la rese immortale».

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