Oggi vigoreggia e si diffonde dovunque un movimento liturgico. Giova conoscere con esattezza la vera natura della liturgia, per dissipare certe idee seducenti, che possono abbagliare col loro falso splendore, ma che disconoscono e rovinano il valore ed il significato della vita liturgica della Chiesa. Cosa non è la liturgia. Tre errori, principalmente, serpeggiano ai giorni nostri a proposito di liturgia e vengono diffusi persino con opere letterarie ed in romanzi rinomati. a) Alcuni confondono la liturgia con la gioia estetica e col senso artistico, che fa sussultare alcuni spiriti colti e fa loro gustare le emozioni squisite, dinanzi ai riti della Chiesa. Ahimè! Purtroppo si può entrare nel tempio con tutta l’erudizione scientifica, col gusto più raffinato per il simbolismo, - con le finestre dell’anima aperte al soffio della bellezza, al fascino dell’arte, ai profumi dell’incenso, - senza penetrare nella sorgente della vita liturgica. Il soprannaturale non lo si coglie con la superficialità, neppure se questa fosse - come nel caso nostro - una superficialità dorata. b) Persino alcuni buoni cattolici scambiano la liturgia col complesso delle cerimonie, che si compiono nell’azione liturgica. Non sanno che il cerimoniale è necessario, come sono indispensabili per un oratore le regole della grammatica e della sintassi; ma che direste voi - domanda un valoroso benedettino, [...]- di un critico letterario, che non cercasse nei discorsi del Bossuet se non l’applicazione dei precetti grammatici e sintattici? c) Ancora: l’origine storica dei riti, la significazione dogmatica e simbolica delle azioni liturgiche, giovano immensamente a rendere intelligibile e feconda la partecipazione ai sacri misteri ed alle funzioni; ma anche questo è la scorza, è la parte esteriore, non è l’anima della liturgia. Cos’è la liturgia. Per cogliere quest’anima, occorre partire dal principio che il cristiano non è un atomo isolato, un individuo separato dal mondo soprannaturale, ma è un membro della Chiesa, ossia del corpo mistico di Cristo. Unito, per mezzo della grazia [se non la ha perduta col peccato grave, ndR], alla Chiesa ed a Gesù, suo capo, egli deve avere la coscienza di tale unione, per vivere della pienezza della vita divina, che pulsa in questo organismo. Ora, tale organismo, ossia la Chiesa, «con la sua vita intima, il suo pensiero, le sue aspirazioni, le sue tradizioni, tutta la sua anima, si è trasfusa nella sua lingua che è la preghiera» e precisamente nella preghiera liturgica. Si noti: v’è una forma di preghiera, la preghiera individuale, che le singole persone fanno, quando si raccolgono in sé, pensando a Dio e meditando; e ben lungi dall’essere superflua, è la condizione indispensabile per giungere all’altra preghiera della liturgia, che è preghiera collettiva, ufficiale, rivestita necessariamente di un elemento esteriore, compiuta da persone autorizzate, ossia dalla gerarchia stabilita da Cristo. Ecco cos’è la preghiera liturgica: per essa, l’uomo non è più lasciato alle sole sue forze naturali nel glorificare Dio, né abbandonato a sé, anche se ha la grazia soprannaturale nel cuore; non è più «una goccia d’acqua presa isolatamente»; ma è unito a Gesù Cristo ed alla Chiesa tutta, partecipa della potenza e della immensità di quest’oceano, e perciò - come scrive lo Chautard - «la sua preghiera si divinizza ed abbraccia tutti i secoli, dalla creazione degli Angeli e dalla loro prima adorazione, sino ai giorni nostri. Essa va da Adamo e dai suoi affettuosi colloqui nel Paradiso terrestre col suo Creatore alle oblazioni di Abele, di Melchisedecco, di Abramo, […] e dalle preghiere e riparazioni di Davide e di tutti i Santi dell’antica Legge fino al Calvario, centro della liturgia, - e fino all’Eucaristia, suo memoriale vivente. Essa comprende tutte le generazioni di anime sante che la Chiesa ha create dal giorno della Pentecoste; anzi... si identifica col Verbo; mediante quella lode divina, che scaturisce incessantemente dal focolare di Amore infinito che è la Santissima Trinità». Così pregavano i primi cristiani. Quando di notte si raccoglievano per assistere al Sacrificio e per ricevere la Comunione, essi si sentivano veramente fratelli in Cristo, ossia uniti nell’organismo della Chiesa insieme con Lui; e con Cristo e con la Chiesa offrivano al Padre l’Ostia ed il Calice.

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