Mi si permetta una parentesi e mi si perdoni la rude e schietta parola. Io parlo di Catechismo, non di Apologia. Oggi, per riparare all’ignoranza religiosa, da parecchi - ignari della pedagogia cristiana e della didattica cattolica - si ricorre alle scuole di apologia. Orbene, l’apologia suppone, in chi l’insegna e in chi l’ascolta, una conoscenza esatta di ciò che si vuol difendere, e, di conseguenza, è possibile solo dopo lo studio completo e profondo del catechismo. Ecco perché il rimedio, in pratica, torna peggiore del male. Poiché non è ormai più un mistero per nessuno che l’apologia, nel modo col quale viene ammannita, non converte, ma crea mille dubbi e minaccia talvolta di far perdere la fede che vuol propugnare, tanto che, negli anni del modernismo, si fece un gran discorrere della necessità di nuovi metodi apologetici, e si voleva nientemeno che bruciare la apologetica tradizionale per sostituirla o col latte e miele del cuore, o con l’appello alla vita ed all’azione. La «mentalità» dei nostri contemporanei - si diceva - si ribella agli argomenti antichi, non si piega dinanzi a sillogismi, o dinanzi ai miracoli ed alle profezie! Occorre partire dalle esigenze intime e profonde dell’anima umana ed in loro nome appellare il soprannaturale, col metodo d’immanenza! Se questo era uno sproposito ed una forma di naturalismo che venne autorevolmente condannata, non si può negare l’inefficacia, e spesso il danno, dell’apologetica fatta inopportunamente, davanti a persone impreparate, che capiscono più la difficoltà delle soluzioni e che quindi, invece di apprendere la verità, accumulano in sé dubbi ed errori. Io non condanno - ripeto - l’apologetica tradizionale; la colpa non è di quest’ultima e del valore intrinseco delle sue prove; è della leggerezza di coloro che fanno dell’apologetica, quando mancano persino le prime nozioni del catechismo. Non si riflette che l’apologetica è quanto mai ardua e difficile in sé, perché implica tutta la filosofia e tutta la storia e ad esse si riduce; e diventa semplicemente un’impresa assurda, quando manca una conoscenza approfondita degli insegnamenti della fede. L’apologia importa la difesa della religione; come volete difendere una causa che non conoscete? Cominciate a studiare il Catechismo; è l’unico modo di poter poi procedere ad una utile discussione apologetica. I grandi Apologisti dei primi tempi, un San Tommaso d’Aquino e tutti i cultori più illustri dell’apologetica tradizionale, hanno mostrato come l’ossequio alla fede fosse ragionevole, - un vero rationabile obsequium, - perché non cadevano nell’irragionevolezza oggi dilagante di voler impostare un dibattito senza dapprima esaminare i termini della questione. Meno apologetica e più catechismo: ecco la parola d’ordine di ogni persona sensata e seria. È tempo di finirla con la scempiaggine così accreditata che ritiene il catechismo quasi un giocattolo per i piccoli. Non c’è una fede per la santa infanzia ed un’altra per gli adulti; il Dio del fanciullo è il Dio anche del padre e della madre di famiglia, è il Dio di Dante e di Volta. Non solo ai ragazzi, ma oggi soprattutto ai giovani, ai professionisti, agli uomini maturi, agli studiosi di scienze, di lettere e di filosofia, agli increduli che quando parlano o scrivono di cose nostre fanno ridere non solo i polli, ma anche il pollaio, in breve a tutti, dobbiamo dire: «Studiate il catechismo! Studiate il catechismo! Poi, se occorrerà, faremo dell’apologia!». Il presente volumetto non si propone altra finalità se non questa: non apologia, non discussioni teologiche, ma l’enunciazione semplice di ciò che insegna il Cristianesimo e che la maggior parte dei cattolici non conosce, quantunque si tratti della cosa più essenziale per ogni uomo che vuol risolvere il problema della vita. L’esposizione organica del Cristianesimo. Dunque - concluderà qualcuno - noi, uomini grandi, professori, industriali, scienziati o quasi, dobbiamo rileggere il piccolo catechismo, che abbiamo avuto fra le mani un giorno, nei nostri anni infantili? Ecco: questo non sarebbe un danno per voi, perché anche quelle brevi paginette sono state molto probabilmente dimenticate. Ma non è tale precisamente il mio pensiero. Io ritengo che voi avete bisogno d’una esposizione elementare del Cristianesimo rispondente alla vostra cultura. Ed è questo lo scopo del presente volumetto, il quale si propone di darvi in germe l’insegnamento cattolico. Un germe richiama subito alla mente l’idea dell’organismo, dove vi sono molte parti, o meglio molte membra, ma dove la molteplicità di esse vive nell’unità. Non si può intendere un libro organico, una dottrina sistematica, un vero poema, se non con questo metodo: riducendo, cioè, la molteplicità all’unità. In un libro vi sono molti capitoli, ed ogni capitolo, consta di molte pagine, di molte righe, di molte parole: tuttavia, se è un libro organico, non un’accozzaglia di mozziconi, ha un’unica idea, che lo pervade dalla prima all’ultima lettera; e nessuno può dire di comprenderlo, se non coglie, attraverso ogni punto del libro, l’unità dell’idea ispiratrice. Ecco perché non è facile capire Dante, e perciò gustarlo; ecco perché io sostengo che la quasi totalità dei miei lettori, anche se leggessero il Catechismo, (probabilmente, ndr) non comprenderebbero nella sua organica unità il Cristianesimo. La dottrina cristiana è così meravigliosamente una nella molteplicità dei suoi dogmi, dei suoi precetti, dei suoi sacramenti, di tutte le sue manifestazioni liturgiche e di tutte le esplicazioni della sua inesauribile fecondità, che per afferrare a fondo (non alla superficie) anche uno solo dei suoi insegnamenti, occorre considerarlo in connessione con tutto il resto del Cristianesimo. Il dogma della Trinità è in rapporto con tutti gli altri dogmi; e la vita cristiana, a sua volta, non può prescindere dalla Trinità sacrosanta; se finora - lo ripeto - per voi, che mi leggete, il mistero di Dio uno e trino nulla significa praticamente, è perché non lo avete mai studiato con questo metodo organico. Lo so anch’io: il dogma della Trinità non è quello dell’Immacolata o dell’infallibilità Pontificia; (...); la natura non può assolutamente essere confusa con la soprannatura; un ramo di una pianta è diverso da un altro ramo; ma come tutti i molteplici rami sono rami d’una identica pianta e sono organicamente connessi fra di loro, così vedremo che è un assurdo spiegare un punto di dottrina prescindendo dagli altri punti; è un assurdo dividere il campo teoretico dal campo pratico, il dogma dai comandamenti, le opere dalla fede, la grazia dalla natura elevata e redenta; vedremo come, posto un punto, si rischiara tutto il resto, e, tolto quello, minaccia di crollare tutto. Anche coloro che studiano il Cristianesimo e vi riportano la corona d’alloro in una gara catechistica, spesso hanno studiato le varie parti della dottrina cristiana, ma separatamente: vi sanno enunciare il mistero dell’Incarnazione, il dogma Trinitario, i vari princìpi intorno alla grazia, i diversi Sacramenti e così via; ma non hanno mai colto il nesso che unisce in una mirabile armonia tutto l’insegnamento e la vita cristiana. È inutile: io non posso ritenere come un vero dantista colui che mi sa a memoria per intero la Divina Commedia, mi sa commentare verso per verso, mi sa ricordare prontamente tutti i fatti, i personaggi, le notizie a cui alludeva il Poeta immortale di nostra gente, ma non ha mai capito l’unità delle tre cantiche, ossia l’anima unica, ispiratrice di ogni parola, di ogni verso, di ogni canto, di ogni invettiva, di ogni riferimento. Come non avrebbe capito cos’è il Duomo di Milano chi sapesse dire l’origine di ogni pezzo di marmo che lo compone e di ogni statua che lo adorna, ma non cogliesse l’unità armonica di tutta quella moltitudine di piccoli capolavori, così per capire davvero il catechismo in modo da averne un’istruzione educativa e formatrice, non basta conoscere alla superficie le singole parti del dogma o della morale, ma bisogna giungere all’unità organica, nella quale pensiero e vita, cielo e terra, natura e soprannatura, storia sacra e storia profana esultino nell’armonico nesso d’un tutto, straordinariamente ricco, ma inesorabilmente uno. Prego, quindi, il lettore ad aver pazienza e a seguirmi passo passo. Questo non è un volume, del quale si possa leggicchiare un capitolo qua e un capitolo là. Neppure per un volume di matematica, ad esempio, di algebra o di geometria, si applica questo metodo, perché è impossibile cogliere lo sviluppo delle formule algebriche o delle dimostrazioni geometriche, se non seguendone ordinatamente l’esposizione; tanto più si esige una lettura continuata per un libro di religione, dove si cerca di esporre la vita intima e l’interno dinamismo di questa, con un criterio didattico, che venne accuratamente vagliato e studiato. Leggerete, mediterete, rifletterete; quando sarete giunti verso la fine, al capitolo decimoquarto o al decimoquinto, comprenderete a fondo il terzo ed il primo capitolo; sono certo, anzi, che questo non sarà un libro che scorrerete una volta soltanto, ma lo rileggerete e lo mediterete ancora, appunto perché vi indicherà l’esistenza di un gioiello prezioso. Io voglio presentarvi appunto il divino gioiello della fede, che finora è stato per voi nascosto dalla notte dell’ignoranza. Non dubito del valore, della bellezza e del fascino di questo gioiello; temo soltanto di non saperlo abbastanza avvicinare all’occhio vostro con la mia debole mano e di non darvi una luce sufficiente. Oppure, se preferite un altro paragone, vi dirò che so benissimo che il mio volumetto è una navicella brutta, poco attraente; ma il mare che dobbiamo solcare è così divinamente bello, che, se vi imbarcherete insieme con me, non potrete addormentarvi né restare sotto coperta; un fremito vi scuoterà; e sulla tolda, dimenticando le imperfezioni della navicella, contemplerete estatici le acque ed i cieli. Immensa è l’ignoranza religiosa. Innumerevoli sono coloro, che non amano Gesù Cristo, perché non lo conoscono. Essi si possono distinguere in una triplice categoria: 1) Gli analfabeti perfetti, che nulla sanno di Cristianesimo; 2) I cristiani «praticanti», che però hanno solo una verniciatura di religione, senza che questa ispiri od influenzi la loro vita; 3) Molti cattolici «militanti» che conoscono superficialissimamente la fede da essi professata e difesa. Di fronte ad una simile ignoranza religiosa, occorre non tanto l’apologia, quanto il catechismo. Prima di discutere intorno alle verità cristiane, bisogna studiarle.

Catechismo e Apologia. Esposizione organica del Cristianesimo. Da Il Sillabario del Cristianesimo, mons. F. Olgiati, Vita e Pensiero, Milano, 1942. SS n° 2, p. 3 - 4