Signore significa che Dio è padrone assoluto di tutte le cose. Spiegazione. 1. La parola Signore, come quasi tutte le altre parole del linguaggio umano (Così, ad esempio, la parola uomo ora esprime l’essere umano che è distinto da tutti gli altri, e abbraccia uomini, donne, fanciulli, ecc.; ora esprime il sesso e distingue l’uomo dalla donna; altra volta indica l’uomo adulto e lo distingue dal fanciullo; talora anche l’uomo in senso nobile, l’uomo di carattere. In questo senso si dice: Quello è un uomo!), ha vari significati: è titolo di rispetto verso una persona; può indicare il ricco; può esprimere la padronanza, signore, e cioè padrone. Dio è Signore in questi tre significati; qui, però, la parola Signore esprime ed indica la sua padronanza, l’essere Lui il Padrone. 2. Dio è veramente Signore, ossia il Padrone di tutte le cose, poiché Egli le ha create e quindi gli appartengono in vera proprietà più che non appartengano a noi le cose fatte da noi. Però il Signore non è detto solo Padrone di tutte le cose, ma Padrone assoluto; ossia Egli solo è il vero e supremo Padrone. Le cose che ci appartengono sono nostre, e abbiamo diritto di rivendicarle contro chi ce le volesse togliere; ma la padronanza nostra non è assoluta, essa è solo secondaria o relativa, cioè dipendente dalla padronanza assoluta di Dio. Egli è il Padrone principale e assoluto; noi siamo padroni solo secondari e dipendenti. Pratica. Delle cose nostre e di tutto, noi dobbiamo usare riconoscendo la padronanza suprema di Dio. Onde il ricco, più che padrone, deve riconoscersi usufruttuario e amministratore dei propri beni, e amministrarli quindi secondo la volontà di Dio, facendo cioè la debita parte ai poveri. - Date per le opere buone e per le missioni. - Noi stessi siamo liberi bensì (cf. n. 64), ma non indipendenti; liberi e perciò responsabili, ma dipendenti da Dio; in dovere perciò di riconoscere la Sua padronanza su di noi e volontariamente sottometterci a Lui. - E dobbiamo sempre usare delle cose come vuole Dio che ce le dà e non abusarne mai, né usarne per il male. Esempi. Dio ha pensato a me! San Francesco d’Assisi, dopo un faticoso viaggio con un compagno, frate Masseo, si assise all’ombra di un albero presso un ruscello di acqua fresca. Mangiando un po’ di pane, san Francesco prese a piangere. Richiesto del perché, san Francesco disse: «Piango pensando alla bontà di Dio che da tutta l’eternità pensò a noi; egli previde che saremmo passati di qui accalorati, stanchi e assetati; e ha disposto che trovassimo qui una pianta alla cui ombra riposarci e un’acqua così limpida e fresca per dissetarci. Piango pensando alla sua bontà per noi». Benefizi di Dio. Un Santo osservò: «Se, stanco da un lungo viaggio, tormentato dalla fame e dalla sete, ti lasciassi cadere spossato a piè d’una torre e qualcuno a te, languente, calasse dalla torre cibo e bevanda, non alzeresti gli occhi per ringraziare chi tanto amorevolmente si piglia cura di te? E che altro fa Iddio se non dispensarci senza posa i doni più preziosi dall’alto dei cieli? Qual cosa vi è che Dio non ci abbia dato per sua grazia speciale? Eppure, ahimè! il nostro sguardo si leva in alto così di rado, e pensiamo così poco a ricambiare d’affetto il Benefattore tanto generoso verso di noi!». Ciò che v’è di più bello al mondo. Un giorno, il celebre Brancks, che s’è immortalato coi suoi viaggi e con le sue scoperte, andò a far visita a Re Giorgio d’Inghilterra. Durante la conversazione, il Re chiese ciò che egli aveva visto di più bello nel suo giro del mondo: «Il Padrone dell’universo, Sire», rispose l’illustre scienziato. - Risposta tanto vera quanto sublime; nelle cose vedere il loro Creatore e Signore! - Esclamava il celebre astronomo Keplero: «Ti ringrazio o mio Creatore e Signore di tutte le gioie che mi hai fatto gustare nell’estasi in cui mi ha rapito la contemplazione delle opere della tua mano. La grandezza di queste opere io mi sono studiato di proclamare innanzi agli uomini; e ho posto ogni cura nel far loro conoscere quanta sia la tua sapienza, la tua potenza, la tua bontà». Nota apologetica. La Religione. Dalle verità spiegate scaturisce la religione. In che cosa essa consiste? Nel riconoscere e trattare Dio per quello che è. Egli è Creatore e Padrone nostro; dunque dobbiamo essere a Lui pienamente sottomessi, onorarlo secondo la Sua infinita grandezza, adorarlo, riconoscere la Sua padronanza e dipendenza nostra; ubbidirlo col fare la Sua volontà conosciuta sia col lume della ragione (legge naturale), sia col lume della fede (legge cristiana). Le cose materiali sono necessariamente sottomesse a Dio per le leggi di natura, le animate per l’istinto; l’uomo dev’essere soggetto a Dio per la libera intelligenza e il doveroso riconoscimento della padronanza di Dio a cui deve rendere onore. La religione è un dovere naturale che abbiamo verso Dio. Per fare a meno della religione, bisognerebbe che Dio non fosse nostro Creatore e Signore e noi non fossimo sue creature, che noi non gli appartenessimo totalmente; che Egli non fosse Padrone nostro assoluto. La religione quindi - oltre ad altri vantaggi di cui si parlerà altrove - serve ad adempiere al primo ed essenziale dovere che abbiamo verso Dio: riconoscerlo e trattarlo da Dio. Dalla stessa verità consegue pure che non solo l’individuo ma anche la società civile deve riconoscere ed adorare Dio perché Egli è Creatore dell’uomo individuo e della società. E quindi è un assurdo e un delitto quando lo Stato non vuole riconoscere Dio e si proclama areligioso, cioè alieno o indifferente ad ogni religione. Ciò che diciamo dello Stato dobbiamo ripetere della famiglia. Non solo tutti gli individui della famiglia, ma essa, come piccola società, deve riconoscere ed onorare Dio. Essa pure, come famiglia, appartiene a Dio che ne è il Creatore e perciò il Signore assoluto. Perciò i genitori hanno anche il dovere di educare religiosamente la figliuolanza. I figli prima che dei genitori sono di Dio; a Dio appartengono come Padrone assoluto e Padre; per Lui quindi debbono essere educati, e cioè al Suo amore, al Suo rispetto, alla Sua ubbidienza.

Che significa Signore? Dal Nuovo manuale del Catechista, mons. G. Perardi, L.I.C.E., Torino, 1939. SS n° 8, p. 6 - 7