Che cosa è il Paradiso? R. - Il Paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra felicità, e, in Lui, di ogni altro bene, senza alcun male. D. Chi merita il Paradiso? R. - Merita il Paradiso chi è buono, ossia chi ama e serve fedelmente Dio, e muore nella sua grazia. Spiegazione. - Dio ha creato l’uomo perché in questa vita lo conosca, lo ami e lo serva, e perché lo goda poi per sempre nell’altra in Paradiso. Che cos’è il Paradiso? 1. - Per intendere un po’ che cos’è il Paradiso (poiché noi deboli creature non possiamo intenderlo esattamente) considerate che in sostanza esso è il premio che Dio darà ai buoni. Chi dà un premio, lo dà non solo proporzionato al merito di colui al quale lo accorda, ma anche alla propria grandezza e bontà. Dandoci il Paradiso, Dio ci darà un premio proporzionato alla Sua grandezza e alla Sua bontà. Quanto dev’essere dunque grande e prezioso il Paradiso se è degno di Dio! Io non sono capace di dirvelo, di descrivervelo. San Paolo, dopo essere stato rapito fino al cielo, scriveva poi così, ripetendo le parole d’Isaia: «Né occhio vide, né orecchio udì, né entrò in cuor dell’uomo quali cose ha Dio preparato per coloro che lo amano» (I Corinti, II,9). Un povero montanaro, osservando la sua capanna di paglia e di legno, non potrebbe mai formarsi un’idea dello splendore di una sala reale. Così noi non possiamo farci un’idea del Paradiso, perché le più splendide bellezze di questa terra, in suo confronto, sono immensamente meno di quello che sia la più umile capanna in confronto della più splendida sala reale. Nessuna cosa quaggiù, neppur la più splendida, può rappresentarci lo splendore del Paradiso. È facile dire ciò che il Paradiso non è e ciò che non vi si soffre; ma come dire invece ciò che esso è, e ciò che vi si gode? 2.- Tentiamo tuttavia, seguendo le parole del Catechismo, di farcene una qualche idea. Il Paradiso è: 1) il godimento eterno di Dio, nostra felicità. Goder Dio che è nostra felicità, ecco il Paradiso. Per intendere ciò bisognerebbe poter conoscere quello che è Dio, e come Dio è l’unico vero nostro Bene. Su questa terra si vedono e si godono molte cose belle e buone. Tutto quello che vi è di bello e di buono, non è che piccola partecipazione dell’infinita bellezza e bontà di Dio. - In Paradiso si starà con Dio, si vedrà Dio, si godrà Dio. Egli, che è l’infinita bellezza, ricchezza, bontà, il sommo Amore, riempirà e appagherà tutti i nostri desideri, le nostre aspirazioni, perché Egli, che è infinitamente felice, ci farà partecipi della Sua stessa felicità; - 2) Il Paradiso è ancora il godimento, in Dio, di ogni altro bene - questa parola altro è di troppo, non essendoci, fuori di Dio, altro bene - senz’alcun male. Dio è il sommo Bene: e godendolo si parteciperà a tutti i beni che ora non possiamo neppure immaginare. Dio è infinitamente perfetto e senza mescolanza di male, e perciò in Paradiso si gode ogni bene senza soffrire né temere nessuno dei mali che ci rendono infelici su questa terra, come infermità, tristezze, malinconie, incertezze, fame, sete, ecc. Ci dice lo Spirito Santo: «In Cielo non più fame, non più sete, non più calore o fatica» (Isaia, XLIX,10); «Asciugherà Iddio dagli occhi loro tutte le lagrime e non vi sarà più morte, né lutto, né strida, né dolore vi sarà più perché le prime cose sono passate» (Apocalisse, XXI,4); - 3) Il Paradiso è godimento eterno... Ecco quello che costituisce la corona della felicità del Paradiso. Essa non avrà più fine. Il limite di tempo, nel possesso di un bene preziosissimo, sarebbe già principio d’infelicità; e in Paradiso non vi sarà che gioia e contento, per sempre. 3. - Il Paradiso è un premio. Nella scuola il maestro dà forse il premio a tutti? No, ma solo a quelli che lo meritano collo studio e colla condotta. Così Dio dà il Paradiso ai buoni, cioè a chi lo ama e lo serve fedelmente, e che inoltre muore nella Sua grazia, nella Sua amicizia, senz’alcun peccato mortale. Il che significa che se taluno, dopo aver amato e servito fedelmente Dio per molti anni, lo offendesse gravemente e non ritornasse in grazia di Lui, non andrebbe in Paradiso. La grazia (come si dirà più chiaramente ai NN. 68 e 270) è un dono soprannaturale di Dio che ci rende santi, amici e figli adottivi di Dio; è come una nobiltà soprannaturale che ci eleva sopra la nostra semplice condizione di uomini. Coll’essere buoni noi, colle sole nostre forze naturali, non potremmo meritar il Paradiso; lo meritiamo colla grazia che Dio ci ha conferito nel Battesimo, per la quale le nostre opere buone acquistano merito pel Paradiso. Per andare in Paradiso bisogna morire in grazia di Dio. I buoni hanno tutto da sperare, poiché vivono in grazia di Dio, mentre i cattivi hanno tutto da temere vivendo in sua disgrazia. Pratica. - Ognuno attende con tanti sacrifizi e lavori a farsi un buon stato quaggiù, a guadagnare beni incerti, che poi si possono perdere da un giorno all’altro, che non possono mai rendere felice nessuno poiché non appagano il cuore, e che, in ogni modo, bisogna abbandonare presto per la morte. - Pensate invece, prima di tutto, a guadagnarvi il Paradiso. Questa è la cosa più importante, la sola veramente necessaria. - Ogni giorno che trascorre vi avvicina alla morte; vi avvicini pure al Paradiso. Esempi. «Buono pel Paradiso». - Mons. Tissot, Vescovo di Visigapatam in India, era venerato da tutti, insieme ai suoi Missionari e Suore pel loro spirito di sacrificio. Un giorno il capo della missione protestante si lamentava con lui perché i suoi ministri, pur lautamente pagati, dopo un po’ di tempo se ne tornavano in patria, e i convertiti tornavano al paganesimo; e domandava perché nessun Missionario pensava mai a tornarsene. E il Vescovo, sorridente, rispondeva: «Io ho un mezzo che non avete voi protestanti: voi date denari e beni; io invece dò loro fatiche, privazioni, ma con una specie di cambiale: Buono pel Paradiso». Due nidi. - Due uccellini andarono una mattina di primavera a costruire il loro nido. Uno di essi trovò un albero e fabbricò il suo nido fra i rami di esso. Era un posto davvero delizioso: i fiori riempivano l’aria con la loro fragranza; un ruscello mormorava ai suoi piedi, e le acque tremolavano e luccicavano al sole, riflettendo di notte le stelle scintillanti sul cielo turchino. Ma una notte scoppiò un furioso temporale, e le acque scorsero minacciose prima per il letto del torrente, poi ne varcarono le rive, invasero la campagna circostante e sradicarono anche gli alberi che le fiancheggiavano. Anche l’albero su cui l’uccello aveva fatto il nido fu portato via, e la povera casuccia fu distrutta. L’uccello aveva pensato solo ai giorni sereni e alle notti placide e quiete. L’altro uccello salì fra le rocce e costruì il nido nel crepaccio di una vecchia rupe. Ben presto il nido fu pieno di vita. Il temporale che aveva devastato la valle soffiò pure intorno alla vecchia rupe, ma non poté smuoverla. Al mattino tornò a risplendere il sole e la casa dell’uccello fu salva. - E noi, dove eleviamo il nostro edificio spirituale? Fra i verdi rami di puramente umane amicizie, nell’amena valle della vita, presso il ruscello dei piaceri terreni, dove spirano i soavi profumi; oppure fra le rocce, sulla rupe dei secoli? Costruiamo solo per i giorni sereni, o anche per le inondazioni e le tempeste? (D. A. Cojazzi). La beatitudine. - La sorella di san Tommaso d’Aquino gli domandò un giorno: «In che consiste la eterna beatitudine?». «Mia cara sorella, le rispose il Santo, non potrai saperlo se non in quel giorno in cui l’avrai guadagnata ed ottenuta. Essa è una cosa sì consolante e deliziosa, che tutta la sapienza umana è incapace ad esprimerla».

Che cosa è  il Paradiso? Chi merita il Paradiso? Dal Nuovo manuale del Catechista, mons. G. Perardi, L.I.C.E., Torino, 1939. SS n° 14, p. 6 - 7