Nella prima metà del decimo secolo viveva in Inghilterra un giovane molto dotto nella filosofia, nella scienza religiosa, nella musica, nella pittura, e conosceva anche l’arte della fusione dei metalli. Poiché, all’epoca, in alcune nazioni correvano tempi di diffusa ignoranza, quel giovane per le sue conoscenze venne creduto addirittura un mago. Tale lo calunniavano gli sfaccendati!

I suoi ignoranti emuli e nemici lo accusarono presso il Re e gli fecero passare alcuni brutti momenti. Quel giovane, che si chiamava Dunstano, fuggito a morte del mondo e delle sue vanità, si volle ritirare nella solitudine del chiostro. Ma il re Edmondo lo convocava spesso alla corte per avere lumi e consigli nel governo del suo regno. Dunstano non ingannava mai il suo Re, non gli diceva altro che la verità, non l’adulava mai, sempre lo incoraggiava alla virtù.

Un giorno, però, i saggi consigli del monaco non andarono a genio ad Edmondo, ed il poveretto venne licenziato bruscamente dalla corte. Credete voi che Dunstano si fosse impensierito per la lavata di testa che si buscò dal Re? Neppure per ombra: egli aveva fatto il suo dovere, aveva detto al Re la pura e schietta verità, quindi, con coscienza tranquilla, ritornò al suo desiderato e diletto monastero.

Ad Edmondo però accadde un caso terribile. Egli, toltosi dinanzi agli occhi Dunstano, ed in quella maniera così brusca, ordinò una partita di caccia, tanto per dimenticare il malumore. Spronò con cieco furore un brioso cavallo e si incamminò per un bosco. Il cavallo gli guadagnava la briglia e si mise a correre all’impazzata, né il povero Edmondo ebbe modo di frenare in alcuna maniera l’infiammato e furente animale. Quel cavallo arriva davanti ad un precipizio orrendo e sta per traboccarvi col malcapitato cavaliere. Altri due salti, e giù nell’abisso...

Edmondo si vede perduto, irreparabilmente perduto. In un attimo gli viene alla mente che quel giorno ha contristato il santo monaco Dunstano, se ne pente sinceramente ed invoca l’aiuto di Dio, con la promessa di rinconciliarsi subito con Dunstano. Portento! Il cavallo, come fosse trattenuto da una mano invisibile, si ferma, s’arresta, ormai non fa anche il più lieve movimento. Edmondo, che non era nuovo alle cavalcate, fa fatica a credere ai suoi occhi.

Ritorna subito alla reggia, e, fatto chiamare Dunstano, gli si butta ai piedi piangendo, e gli domanda, per amor di Dio, perdono dell’offesa fattagli. «Entrando nella chiesa, il re prima si prostrò in preghiera davanti all’altare, quindi, prendendo per mano san Dunstano, gli diede il bacio della pace, lo condusse al seggio dell’abate e, facendovelo sedere, gli promise tutto l’aiuto possibile per restaurare il servizio religioso e l’osservanza delle regole monastiche» (cf. Catholic Encyclopedia, 1913, v. St. Dunstan).

Ecco come il Signore sa proteggere l’innocenza e la sincerità dei suoi veri e fedeli servitori. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Op. cit., 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 44 - 46).

A cura di Carlo Di Pietro

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