Nella vita del venerabile Padre Giuseppe Anchieta, grande missionario del Brasile, si racconta un fatto che pare quasi incredibile. Nella città di Tutti i Santi di quell’immenso Impero viveva un uomo di nome Diego. Nei primi anni della sua vita aveva assistito alle istruzioni che i missionari davano ai catecumeni, ma il suo battesimo, non si sa perchè, era stato differito, ed in seguito, senza nessuna malizia, non aveva pensato più a domandarlo (smettendo altresì di desiderarlo, ndR). Del resto, da tutti era considerato uomo di gran virtù e tale appariva veramente. Un certo Diaz, cavaliere portoghese, lo trovò degno della sua stima e lo prese al suo servizio. Ora, nell’anno 1570 il buon Diego morì. Il suo corpo venne portato nella chiesa e fu collocato in una bara allo sguardo di tutti. Ad un tratto il morto diede segni di vita, si mosse, aprì gli occhi e, alzandosi a sedere sulla bara, chiamò il Padre Anchieta. Pieni di sbalordimento e di paura, gli astanti risposero che il Padre era a San Vincenzo, lontano da Tutti i Santi circa due leghe. «No, disse Diego, egli è assai vicino, siamo venuti insieme... Di grazia, cercatemelo, poiché ho bisogno di lui per una cosa di grandissima importanza». Si corse in cerca del Padre Anchieta e si trovò, difatti, a pochissima distanza da quella chiesa. Quel santo missionario già sapeva che Diego era ritornato in vita e che cercava di lui, ed egli s’affrettava a gran passi verso la chiesa. Entrato in quella chiesa, in mezzo ad una folla tutta consapevole del portento, s’avvicinò alla bara, abbracciò il risuscitato, e poi, per la gloria di Dio e per istruzione dei fedeli, gli comandò di spiegare le ragioni della sua risurrezione. Diego allora parlò così: «Appena morto, l’anima mia aveva voluto prendere il volo verso il cielo, ma una voce la fermò dicendole essere tutto questo impossibile per la ragione che io non ero stato battezzato. A tal voce io mi sentii trafiggere di dolore, e non sapevo come fare. Io ero tutto malinconico. Iddio però, mosso a misericordia in vista della buona fede, in cui ho vissuto, (straordinariamente) mi permise di presentarmi al Padre Anchieta per chiedergli il battesimo. Ed Egli fece, quindi, che m’ingiunse d’unirmi al mio corpo di nuovo per ricevere questo sacramento». A questo racconto gli astanti non fiatavano per l’altissima meraviglia. Il P. Anchieta subito amministrò il battesimo a Diego, ed il risuscitato, dopo aver ringraziato ed abbracciato il suo insigne benefattore, si coricò da sé nuovamente nella bara, e immediatamente era morto. Ecco la riflessione che qui dobbiamo fare. Quel Diego, morto senza battesimo, non poteva entrare nel Paradiso e ci volle - per questo caso straordinario, alla maggior gloria di Dio e per istruzione dei fedeli - il ministero di un sacerdote per farlo entrare in quel beato regno. Intanto i piccoli increduli del secolo XIX - fra coloro che non negano l’immortalità dell’anima - affermano che le creature umane, tutte, possono andare al godimento di Dio senza ministero di sacerdote cattolico. Poveri piccoli increduli! (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pagine 507 - 509).

A cura di Carlo Di Pietro

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