Ecco qui un altro fatto bellamente sublime del Beato Angelo da Acri. Egli un giorno da Cosenza s’avvia con due suoi compagni per andare nel mio Belmonte Calabro. In sul mezzodì, arrivati quei santi religiosi in una montagna tra Cosenza e Belmonte, si vogliono fermare per consumare un po’ di cibo. Mentre stanno adagiati all’ombra di certi faggi, i compagni si guardano attorno e non vedono più Angelo. Si alzano, gettano gli occhi da per tutto, lo chiamano a nome; ma è inutile ogni cosa. Quei miserelli non sanno far altro che mandare giù pochi bocconi e poi tutti pieni di tristezza continuare il viaggio per Belmonte. Intanto cammin facendo s’abbattono ad un belmontese, il quale si reca in Cosenza per sue faccende, e gli domandano se per caso avesse mai veduto Angelo camminare alla volta di Belmonte. E il contadino: «Per alla volta di Belmonte, dite voi? Vi assicuro sull’anima mia che meglio di due ore fa io mi trovava dinanzi al convento di Belmonte ed ho veduto con questi due occhi il Padre Angelo con la mano alla cordicina del campanello della porta a suonare per essergli aperto». Quei religiosi sbalorditi compresero allora che Angelo era dinanzi alla porta del convento di Belmonte proprio in quel punto in cui spariva di dentro ai faggi. Nella vita del nostro Beato si raccontano molti di siffatti rapimenti, simili a quello che ebbe San Filippo Apostolo. Questi rapimenti istantanei da un luogo ad un altro sono una prova dell’agilità che avranno i corpi glorificati dopo l’universale risurrezione. Intanto certi grandi pensatori o, meglio, certi ristucchevoli parolai dicono che la risurrezione della nostra carne è assolutamente impossibile! [Da Racconti Miracolosi, P. Giacinto da Belmonte, 1887, Vol. II, pagine 304-305].

A cura di Carlo Di Pietro

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