Raccontiamo un altro fatto straordinario ed un miracolo attestati dalla storia. Frideburga, unica figlia d’un Duca della Svizzera, al tempo di san Gallo, era stata promessa per moglie a Sigeberto della dinastia dei merovingi, Re dei Franchi d’Austrasia. Per saggissimi progetti della divina Provvidenza, la giovane donna, poco tempo prima di sposarsi, fu colpita quasi a morte da infermità. Suo padre, il Duca, non trovava consolazioni e mise in opera tutti i mezzi umani per salvarle la vita. Mezzi che però non approdarono a nulla, e la povera Frideburga «picchiava ormai alle porte dell’eternità». Intanto era nota la grande virtù di san Gallo, la potenza concessagli da Dio d’operare miracoli, e venne chiamato subito alla casa del Duca. Quel padre spaventato, parlando quasi a sproposito, cominciò a dire a san Gallo che gli avrebbe fatto ricche donazioni, se subito avesse guarito la moribonda figliuola. L’uomo di Dio rise delle promesse economiche, e, portatosi alla sponda del letto di Frideburga, la benedisse nel nome del Signore. Appena ricevuta la benedizione, Frideburga fu sanata definitivamente. Dopo pochi giorni la fidanzata venne condotta a Metz per dare la sua mano al Re Sigiberto. Tutta la città era in festa per il fausto avvenimento e la promessa sposa fu accolta con onori solenni. Frideburga, però, «si vedeva santamente mesta e meditava di fare unbel tiro al suo promesso sposo». Chiese in grazia sette giorni di tempo per prepararsi cristianamente alle nozze. La mattina del settimo giorno venne condotta alla cattedrale, ove tutto era in ordine per la funzione nuziale. Volle una piccola camera vicino alla sagrestia, perchè lì, come ella diceva, amava indossare le vesti di sposa. Si vestì veramente da sposa d’uomo? No, Frideburga indossò gli abiti di monaca. Così vestita, manda per una serva a chiamare Sigeberto, il quale accorre. Misericordia! Il povero re dei Franchi, invece di vedere una principessa apparecchiata per legarsi ad uno sposo terreno, scorge una monaca preparata a legarsi allo Sposo celeste. È fuori di sè per lo sbalordimento, povero Sigeberto! Intanto la giovane gli dice che abbia «il coraggio di fare al Signore il dono d’una promessa sposa...». Sigeberto, sebbene di carattere bollente, risponde con generosità francese: «Ebbene, io faccio al Signore il dono della mia promessa sposa, però voglio adesso, o Frideburga, che sia compiuto un mio desiderio, ed è quello di recarci insieme alla chiesa, innanzi all’altare del tuo e mio Dio». La principessa non s’oppone. Si va in chiesa, si recano gli ornamenti delle nozze con la ricca corona regale, e Sigeberto vuole che Frideburga ne sia rivestita ed adornata. Egli dice, davanti al suo popolo e con voce alta, sebbene grandemente commosso: «O principessa, con questi stessi ornamenti, con cui dovevi essere mia sposa, io ti presento a Dio e ti dono io stesso in sposa a Gesù Cristo!». La moltitudine era in lacrime ed il Re, dopo il generoso sacrificio, si ritirò a piangere sconsolatamente. Dopo poco tempo fabbricò per Frideburga un convento, ove ella educò alla santità un gran numero di vergini e pregò sempre per il suo promesso sposo. Se noi vogliamo trovare la ragione di questi santi sacrifici, di questi miracoli di coraggio - oggi ordinariamente creduti pazzia o stupidità - dobbiamo cercarla nella gran fede che avevano quelle genti nei primi secoli (ns. es. il VI) del Cristianesimo. Noi abbiamo al presente una fede languida, e quindi ci spaventiamo dei sacrifici più piccoli. (Tratto da Giacinto Belmonte cappuccino, Racconti miracolosi, 1887, con permesso dei Superiori, vol. II, pag. 24-27).

A cura di Carlo Di Pietro da ControSenso Basilicata

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