Risolte cristianamente le disuguaglianze del primo gruppo (di natura) e quelle del secondo (di funzioni sociali e di professioni), veniamo alle disuguaglianze del terzo gruppo (di cultura, degli averi). Papa Pio XI insegna che «lo Stato può esigere e quindi procurare che tutti i cittadini abbiano la necessaria conoscenza dei loro doveri civili e nazionali, e un certo grado di cultura intellettuale, morale e fisica (…). Tuttavia, è chiaro che in tutti questi modi di promuovere l’educazione e l’istruzione lo Stato deve rispettare i diritti nativi della Chiesa e della famiglia sull’educazione cristiana, oltre che osservare la giustizia distributiva» (Divini Illus Magistri).E Papa Leone XIII esige la carità, regina delle virtù sociali: «Ciascuno faccia la parte che gli spetta e non indugi (…). I governi vi si adoperino con buone leggi e saggi provvedimenti; i capitalisti e padroni abbiano sempre presenti i loro doveri; i proletari, che vi sono direttamente interessati, facciano, nei limiti del giusto, quanto possono; e poiché il vero e radicale rimedio non può venire che dalla religione, si persuadano tutti quanti della necessità di tornare alla vita cristiana, senza la quale gli stessi argomenti stimati più efficaci, si dimostreranno scarsi al bisogno» (Rerum Novarum).

Le disuguaglianze del quarto gruppo (causate dal peccato) sono condannate con severità. Papa Pio XII denuncia il truce «spettacolo (che) offre uno Stato democratico lasciato all’arbitrio della massa! La libertà, in quanto dovere morale della persona, si trasforma in una pretensione tirannica di dare libero sfogo agl’impulsi e agli appetiti umani a danno degli altri. L’uguaglianza degenera in un livellamento meccanico, in una uniformità monocroma: sentimento del vero onore, attività personale, rispetto della tradizione, dignità, in una parola, tutto quanto dà alla vita il suo valore, a poco a poco, sprofonda e svanisce. E (spadroneggiano …) i profittatori più o meno numerosi che hanno saputo, mediante la forza del danaro o quella dell’organizzazione, assicurarsi sugli altri una condizione privilegiata e lo stesso potere» (Radiomessaggio di Natale del 1944).

Nell’Enciclica In Plurimis, Leone XIII descrive le conseguenze del peccato sulla comunità: «Dal contagio del primo peccato derivarono tutti gli altri mali e codesta mostruosa perversità: che vi fossero uomini i quali, respinto il ricordo della originaria fratellanza, non già coltivavano, secondo natura, la reciproca benevolenza e il mutuo rispetto, ma, succubi della loro cupidigia, cominciarono a considerare gli altri uomini al di sotto di sé e quindi a trattarli come giumenti (animali, ndR) nati per il giogo». Per concludere, le disuguaglianze del quinto gruppo vengono dalla cattiva distribuzione delle ricchezze.

Papa Leone XIII asserisce che è di «estrema necessità venir in aiuto senza indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si trovano in assai misere condizioni, indegne dell’uomo. Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balìa della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Il male accrebbe  un’usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa, continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori» (Rerum Novarum).

E Pio XII rileva «la sempre crescente schiera dei lavoratori che si trova sovente di fronte a quegli eccessivi concentramenti di beni economici che, nascosti spesso sotto forme anonime, riescono a sottrarsi ai loro doveri sociali e quasi mettono l’operaio nella impossibilità di formarsi una sua proprietà effettiva» (Radiomessaggio, 1.9.1944). Dunque «una più giusta distribuzione della ricchezza - senza bisogno di escogitare apparenti soluzioni o di conseguire ingannevoli risultati con facili e vuote frasi - è e rimane un punto programmatico della dottrina sociale cattolica» (Allocuzione, 7.9.1947). Prosegue … 

Carlo Di Pietro da Il Roma