Papa Leone XIII, di veneranda memoria, ci insegna nella Immortale Dei del 1° novembre 1890: «L’uomo è naturalmente ordinato alla società civile; poiché non potendo nell’isolamento (ordinariamente) procacciarsi da sé il necessario alla vita, né raggiungere la perfezione intellettuale e morale, per disposizione della divina Provvidenza nasce atto a congiungersi e a riunirsi con gli altri uomini, tanto nella società domestica quanto nella società civile, la quale sola può fornirgli tutto quanto basta perfettamente alla vita».

Poiché «non può reggersi alcuna società, senza qualcuno che sia a capo di tutti e che spinga ciascuno, con efficace e coerente impulso, verso un fine comune, ne consegue che alla convivenza civile è necessaria un’autorità che la governi: e questa, non diversamente dalla società, proviene dalla natura e perciò da Dio stesso». Per conseguenza: «Il potere pubblico per se stesso non può provenire che da Dio».

Il medesimo Pontefice, di imperitura memoria, asserisce nella Sapientiae Christianae del 10 gennaio 1890: «Tutta la natura sensibile, il possesso dell’energia e dell’agiatezza, (tutti quei i frutti del moderno progresso), se possono generare comodità e aumentare la dolcezza della vita, non possono soddisfare l’anima che è nata per destini più grandi e più alti. (…) Non si va a Dio con le tendenze e le esigenze del corpo, bensì con la conoscenza e l’affetto che sono atti dell’anima. È Dio, infatti, la prima e suprema verità, e la nostra mente non si pasce che di verità: alla santità perfetta e al sommo bene può aspirare e accedere soltanto la nostra volontà sotto la guida della virtù».

Ciò premesso: «Quanto (si è appena detto) dei singoli uomini, deve essere riferito anche alla società, sia domestica, sia civile. (La società non è stata creata) perché l’uomo la seguisse come un fine, ma affinché in essa e per essa trovasse gli aiuti adatti alla propria perfezione. Se la società civile persegue unicamente le comodità esteriori e il culto della vita nel lusso e nell’abbondanza; se ignora Dio nella vita amministrativa e non si cura delle leggi morali, essa devia terribilmente dal suo scopo e da quanto la natura prescrive: (allora) non può essere considerata società e comunità di uomini ma un ingannevole simulacro e parodia di società».

Ci avverte: «Germe della società è la famiglia e le sorti della società si formano in gran parte fra le pareti domestiche». Pertanto: «Coloro che vogliono strappare la società dal Cristianesimo, partono dalle radici e si affrettano a corrompere la famiglia».

Papa Pio XII, il 21 febbraio 1946, insegna al Sacro Collegio: «L’Apostolo dice dei Cristiani che non sono più “bambini vacillanti” dall’andatura incerta in mezzo alla società umana. Pio XI - nella sua Enciclica sull’ordine sociale Quadragesimo anno - ne traeva a conclusione che “ciò che gli uomini singoli possono fare da sé e con le proprie forze, non deve essere loro tolto e rimesso alla comunità; principio che vale ugualmente per le comunità minori e di ordine inferiore di fronte alle maggiori e più alte. Poiché ogni attività sociale è per sua natura sussidiaria; essa deve servire di sostegno per i membri del corpo sociale, e non mai distruggerli ed assorbirli”. Parole veramente luminose, che valgono per la vita sociale in tutti i suoi gradi, ed anche per la vita della Chiesa, senza pregiudizio della sua struttura gerarchica».

Papa Pio XII cita il suo predecessore, che nella Quadragesimo anno aggiunge: «È vero certamente e ben dimostrato dalla storia, che, per la mutazione delle circostanze, molte cose non si possono più compiere se non da grandi associazioni, laddove prima si eseguivano anche delle piccole». Tuttavia «deve restare saldo il principio importantissimo nella filosofa sociale: che siccome è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che dalle minori e inferiori comunità si può fare». Dunque insegna che «l’oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle» (15 maggio 1931).

Quindi il Pontefice usa Leone XIII: «Se un rimedio si vuole dare alla società umana, questo non sarà altro che il ritorno alla vita e alle istituzioni cristiane (dalla Enciclica Rerum novarum, n° 22, 15 maggio 1891). Giacché questo solo può distogliere gli occhi degli uomini affascinati e al tutto immersi nelle cose transitorie di questo mondo, e innalzarli al cielo: questo solo può portare efficace rimedio alla troppa sollecitudine per i beni caduchi, che è l’origine di tutti i vizi. Del quale rimedio chi può negare che la società umana non abbia al presente un sommo bisogno?».

[Cfr. anche Dizionarietto di Dottrina politica dei Papi (Ed. L’alleanza italiana, 1960, Vol. 1, pag. 176 segg.)].

Si è parlato brevemente della collettività naturale e civile, della sua natura e dei suoi fini: contro i conati del fu Socialismo, oggi spirito del cosiddetto “Catto-Comunismo” ossia Modernismo sociale.

Carlo Di Pietro da Il Roma