Il dramma della modernità contro la dignità della persona

La dignità della persona muove nella consapevolezza che l’uomo è ordinariamente «cosciente del suo destino trascendente» ed è «responsabile dei suoi atti e del suo destino», dicevamo. È la coscienza che ogni uomo ha dell’essere stato fatto ad immagine di Dio per imitarLo: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro» (san Matteo, V, 48), «Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro» (san Luca, VI, 36), etc. L’uomo può e deve utilizzare, dunque, le proprie facoltà di intelligenza e di volontà nella scoperta del vero significato del suo destino e del fine dei suoi atti (cf. Dei Filius, Concilio Vaticano, 24.4.1870), nella elevazione verso Dio e nella partecipazione - secondo il disegno d’amore gratuito di Dio - alla vita eterna, alla vita divina di Dio nella Sua natura (cf. Op. Cit., mons. Guerry, pag. 60). Ecco il destino trascendente dell’uomo!

Ai lavoratori della FIAT di Torino, il 31 ottobre 1948, Papa Pio XII insegna: «Dal luogo delle vostre indefesse fatiche voi siete venuti in pellegrinaggio al centro della Santa Chiesa Cattolica, perchè siete persuasi che nè il solo lavoro, nè la sua più perfetta organizzazione e il più potente attrezzamento valgono a formare ed assicurare la dignità del lavoratore, bensì la religione, e tutto ciò che da questa è nobilitato e santificato. L’uomo è immagine di Dio uno e trino, e quindi anch’egli persona, fratello dell’Uomo-Dio Gesù Cristo e con lui e per lui erede di una vita eterna: ecco qual è la sua vera dignità».

Tuttavia, contro le falsificazioni della modernità, noi sappiamo che non si è «fratelli dell’Uomo-Dio Gesù Cristo» per la sola Incarnazione, ma se da Lui non ci si separa con il peccato e non si rifiutano le Sue grazie. Non basta onorare Dio con le sole proprie labbra, bensì ci è richiesta la piena adesione dell’intelletto, della volontà, del cuore, alla Sua legge (cf. san Matteo, XV, 8). Contro coloro che si rifiutano di amare Dio, che perciò infangano la gratuita dignità trasgredendo i Comandamenti (cf. I san Giovanni, V, 3), è l’Uomo-Dio medesimo ad emettere la sentenza: «Via, lontani da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo …» (san Matteo, XXV, 41).

Il basamento della dignità della persona umana è, come abbiamo imparato, Dio stesso, è su Dio che essa poggia, dunque è incrollabile come Dio stesso. La dignità dipende da Dio: «ed è nella chiara coscienza e nell’amorevole accettazione di questa dipendenza filiale che si trovano la suprema dignità e la vera libertà dell’uomo» (Ivi., Guerry). Dunque la dignità non viene, insiste Papa Pacelli, «da quelle misure puramente terrene del progresso [che] sono un’illusione […], una irrisione dell’uomo in mezzo ad un mondo, che è sotto la legge del peccato originale e delle sue conseguenze, [prossimo a ] cadere in un abisso di miseria, d’ingiustizia e di egoismo» (Pio XII, 31.10.1948). No, «il Giudice supremo, che ci attende al termine della vita terrestre sulla soglia dell’eternità, ammonisce tutti, in alto ed in basso, di far uso coscienziosamente dei doni ricevuti da Dio, di evitare ogni ingiustizia e di trarre profitto da ogni occasione per opere di amore e di bene. Tale è l’unica misura di ogni vero progresso, perchè questo allora soltanto è genuino e non fittizio, se è anche avanzamento verso Dio e nella somiglianza con Lui». Se questa dipendenza nei confronti di Dio fa la grandezza dell’uomo è per il fatto che la sua dignità, non fondandosi che su Dio, non dipende da altri che da Dio (Ivi., Guerry).

L’uomo moderno, al contrario, reclama di fare senza Dio ed in questa maniera è egli stesso che respinge il fondamento divino della sua dignità. Infine, per lui, il valore supremo non è Dio, è sé medesimo: un antropocentrismo esasperato che è concausa di ogni egoismo, odio, fallimento, avvilimento, pervertimento, ingiustizia. Il risultato di questa negazione, difatti, è «il dramma dell’umanesimo ateo» che pretende, invero fallendo poiché sacrifica morale e giustizia, di risolvere il problema della dignità con un’infinità di leggi inique e moleste. Abominio che dilaga in ogni dove, ed anche se ben mascherato dal modernismo, prolifera persino «all’interno del cattolicesimo stesso» oramai snaturato, vuoto, noioso, inutile, che salva solo alcune apparenze di sentimento (cf. Pascendi Dominici gregis, san Pio X, 8.9.1907): insignificante per la vita eterna. Il Cattolicesimo, ovviamente, è altro!

Carlo Di Pietro da Il Roma