Comunicato numero 72. Storia della religione parte 2

Stimati Associati e gentili Sostenitori, proseguiamo nel breve studio di storia della nostra santa Religione. Stiamo usando il «Catechismo maggiore» di Papa san Pio X, «Sunto di storia dell’Antico Testamento». Seguiranno le altre parti - Dio volendolo - nei prossimi numeri. Inizio della citazione.

• Creazione del mondo. In principio Iddio creò il cielo e la terra, con tutto ciò che nel cielo e nella terra si contiene: e sebbene avesse potuto compiere la grand’opera in un solo istante, volle impiegarvi sei periodi di tempo, che la Scrittura Santa chiama giorni. Nel primo giorno disse: sia fatta la luce, e la luce fu; nel secondo fece il firmamento; nel terzo dì separò le acque dalla terra, a cui comandò di produrre erbe, fiori ed ogni sorta di frutti; nel quarto fece il sole, la luna e le stelle; nel quinto dì creò i pesci e gli uccelli; nel sesto creò tutti gli altri animali, e finalmente creò l’uomo. Nel settimo giorno Iddio cessò dal creare, e questo giorno, che chiamò sabato cioè riposo, comandò poi per mezzo di Mosè al popolo ebreo che fosse santificato e consacrato a Lui.

• Creazione dell’uomo e della donna. Iddio creò l’uomo a Sua immagine e somiglianza, e lo fece così: ne formò il corpo di terra; poi gli alitò in faccia, infondendogli un’anima immortale.  Iddio diede al primo uomo il nome di Adamo, che vuol dire formato di terra, e lo collocò in un luogo pieno di delizie, chiamato il Paradiso terrestre. Adamo però era solo. Volendo Iddio dargli una compagna e consorte, lo fece cadere in un profondo sonno e, mentre dormiva, gli tolse una costa, e di quella formò la donna, che presentò ad Adamo. Questi l’accolse con grato affetto e la chiamò Eva, che vuoi dire vita, perché sarebbe diventata la madre di tutti i viventi.

• Degli Angeli. Prima dell’uomo che è la creatura più perfetta di tutto il mondo sensibile, Iddio aveva pure creato una moltitudine infinita di altri esseri, di natura più elevata dell’uomo, chiamati Angeli. Gli Angeli, senza forma né figura alcuna sensibile, perché puri spiriti, creati per sussistere senza dover essere uniti a corpo alcuno, erano pure stati fatti da Dio ad immagine Sua, capaci di conoscerLo ed amarLo, e liberi di operare il bene ed il male.  Nel tempo della prova, moltissimi di questi spiriti restarono fedeli a Dio, ma molti altri di loro peccarono. Il loro peccato fu di superbia, volendo essere simili a Lui, e da Lui non dipendere. Gli spiriti fedeli, chiamati Angeli buoni, o Spiriti celesti, o semplicemente Angeli, furono premiati coll’eterna felicità in Paradiso. Gli spiriti infedeli, chiamati Diavoli o Demoni, col loro capo detto Lucifero o Satanasso, furono scacciati dal Paradiso e condannati all’Inferno per tutta l’eternità.

• Peccato di Adamo ed Eva, e loro castigo. Iddio aveva posto Adamo ed Eva in uno stato perfetto di innocenza, di grazia e di felicità, esenti perciò dalla morte e da ogni miseria di anima e di corpo. Egli aveva loro permesso, di mangiare di tutti i frutti del Paradiso terrestre, e solamente aveva loro vietato di gustare quelli di un albero, che era in mezzo al Paradiso, e che la Sacra Scrittura chiama l’albero della Scienza del bene e del male. Così fu chiamato, perché per mezzo di esso, in virtù dell’obbedienza, Adamo ed Eva avrebbero avuto bene, cioè aumento di grazia e di felicità; o in pena della disobbedienza sarebbero decaduti dalla loro perfezione essi ed i loro discendenti, ed avrebbero fatto esperienza del male, tanto spirituale, quanto corporale. Iddio voleva che Adamo ed Eva nell’omaggio di questa obbedienza lo riconoscessero per Signore e Padrone. Il demonio, invidioso della loro felicità, tentò Eva, parlandole per mezzo del serpente, ed istigandola a trasgredire il ricevuto comando. Eva spiccò del frutto vietato, ne gustò, indusse Adamo a gustarne egli pure, ed ambedue peccarono. Questo peccato produsse per loro e per tutto il genere umano i più disastrosi effetti. Adamo ed Eva perdettero la grazia santificante, l’amicizia di Dio, ed il diritto al Paradiso: diventarono schiavi del demonio, e meritevoli dell’Inferno. Il Signore pronunziò contro di essi la sentenza di morte: li sbandì da quel luogo di delizie, e li cacciò fuori a guadagnarsi il pane col sudore della loro fronte, fra innumerevoli stenti e fatiche.

• Il peccato di Adamo poi si propagò a tutti i loro discendenti, eccetto Maria Santissima; ed è quello con cui tutti nasciamo, e che si chiamò peccato originale. Il peccato originale macchia l’anima nostra fin dal primo istante di nostra esistenza, ci rende nemici di Dio, schiavi del demonio, esclusi per sempre dal Paradiso, soggetti alla morte ed a tutte le altre miserie.

• Promessa d’un Redentore. Iddio però non abbandonò Adamo e la sua discendenza a tale disgraziatissimo fine. Nella sua infinita misericordia gli promise tosto un Salvatore (il Messia), che sarebbe venuto a liberare il genere umano dalla servitù del demonio e dal peccato, ed a meritargli il Paradiso. Tale promessa Iddio ripeté in seguito, molte altre volte ai Patriarchi ed al popolo ebreo, per mezzo dei Profeti. I figliuoli di Adamo ed i Patriarchi. Adamo ed Eva, dopo che furono scacciati dal Paradiso terrestre, ebbero due figli, cui diedero i nomi di Caino ed Abele. Cresciuti in età, Caino si dedicò all’agricoltura, ed Abele alla pastorizia. Avendo Iddio dimostrato di gradire i sacrifizi di Abele, che pio ed innocente Gli offeriva il meglio del suo gregge, e di sdegnare quelli di Caino, il quale offeriva i frutti della terra, questi, pieno d’ira e d’invidia contro il fratello, lo condusse seco a diporto nei campi, gli si avventò contro e lo uccise. Per consolare Adamo ed Eva della morte di Abele, Iddio diede loro un altro figliuolo, che chiamarono Seth, il quale fu buono e timorato di Dio. Adamo, durante la sua lunga vita di 930 anni, ebbe ancora molti altri figliuoli e figliuole, i quali moltiplicandosi, a poco a poco popolarono la terra. Fra i discendenti di Seth e degli altri figli di Adamo, i vecchi padri di numerosa progenie restavano a capo delle tribù, formate dalle famiglie dei figli e dei nipoti; ne erano prìncipi, giudici e sacerdoti. - La Storia li onora del nome venerando di Patriarchi. - La Provvidenza li dotava di lunghissima vita, affinché insegnassero ai posteri la religione rivelata, e, vigilando sulla tradizione fedele delle divine promesse, perpetuassero la fede nel venturo Messia.

• Il Diluvio. Coll’andar dei secoli, i discendenti di Adamo si pervertirono, e tutta la terra fu piena di vizi e di disonestà. Iddio, per tanta corruzione dapprima minacciò, poi punì il genere umano con un diluvio universale. Allora fece piovere per quaranta giorni e per quaranta notti, fino a tanto che restarono coperte d’acqua le più alte montagne. Tutti quanti gli uomini morirono annegati; non si salvarono che Noè e la sua famiglia. Noè, per ordine ricevuto da Dio, cento anni prima del diluvio, aveva cominciato a fabbricare un’arca, cioè una specie di nave, in cui poi era entrato egli con la sua moglie, coi suoi figliuoli - Sem, Cam e Iafet - con le tre mogli loro, e con quegli animali, che Dio gli aveva indicato.

• La torre di Babele. I discendenti di Noè ben presto si moltiplicarono e crebbero in sì gran numero che, non potendo più stare insieme, dovettero pensare a dividersi. Essi però, prima di separarsi, stabilirono di fabbricare una torre così alta, che arrivasse fino al cielo. L’opera si avanzava a gran passi, quando Iddio, offeso di tanto orgoglio, discese e ne confuse le lingue, per modo che i superbi edificatori, più non intendendosi fra loro, si dovettero disperdere senza compiere l’ambizioso disegno. La torre ebbe il nome di Babele, che vuoi dire confusione.

• Il popolo di Dio. Dopo il diluvio gli uomini non si conservarono per molto tempo fedeli a Dio, ma ricaddero ben presto nelle iniquità di prima, anzi giunsero al punto di perdere la cognizione del vero Dio, e di darsi all’idolatria, vale a dire, di riconoscere e adorare come divinità le cose create. Laonde Iddio per conservare la vera religione sopra la terra, si elesse un popolo e prese a governarlo con speciale provvidenza, preservandolo dalla generale corruzione.

• Esordi del popolo di Dio. Si rinnova con Abramo l’antico patto. A padre e stipite del suo popolo Iddio elesse un uomo della Caldea, chiamato Abramo, discendente dagli antichi Patriarchi per la linea di Eber. Il popolo, che da lui ebbe origine, fu chiamato Popolo Ebreo. Abramo si era conservato giusto in mezzo alla sua gente, datasi al culto degli idoli ed acciò perseverasse nella giustizia, Iddio gli ordinò di uscire dal suo paese e di trasferirsi nel paese di Canaan, detto pure Palestina, promettendogli che l’avrebbe fatto capo di un grande popolo, e che il Messia sarebbe nato dalla sua progenie. In conferma della parola di Dio, Abramo ebbe da Sara sua moglie, sebbene già avanzata in età, un figlio, che chiamò Isacco. Per provare la fedeltà ed obbedienza del Suo servo, Iddio gli ordinò di sacrificarGli questo suo unico figlio, che egli tanto amava, e sul quale riposavano le divine promesse. Abramo però, sicuro di queste promesse, non vacillò nella fede, e, come sta scritto nella Sacra Scrittura, sperò contro la stessa speranza; dispose tutto l’occorrente pel sacrificio, e l’avrebbe compito. Ma un angelo gli trattenne la mano; Iddio poi in premio della sua fedeltà lo benedisse, e gli annunziò che da quel figlio sarebbe venuto il Redentore del mondo. Isacco giunto all’età di quarant’anni, sposò Rebecca, sua cugina, madre poi ad un tempo di due figli, Esaù e Giacobbe. Ad Esaù, come primogenito sarebbe toccata la benedizione paterna; ma il Signore dispose che, per sollecitudine di Rebecca, Isacco benedicesse Giacobbe, al quale, per troppo meschino compenso, Esaù già aveva ceduto il diritto di primogenitura. Giacobbe allora, per sottrarsi all’ira di Esaù, dovette fuggire in Aran da suo zio Labano, che gli diede in ispose due sue figliuole - Lia e Rachele - e dopo venti anni tornò a casa ricchissimo, e con numerosa famiglia. Nel ritorno per via, prima che si riconciliasse col fratello, in una visione, che egli ebbe, gli fu cambiato il nome di Giacobbe in quello d’Israele.  Giacobbe fu padre di dodici figliuoli; i due ultimi dei quali, Giuseppe e Beniamino, erano figli di Rachele. Tra i figli di Giacobbe il più savio e costumato era Giuseppe, sopra tutti carissimo al padre. Per questo motivo i fratelli presero ad odiarlo, e l’odio li portò a meditarne prima la morte, e poscia a venderlo a certi mercatanti ismaeliti, che lo condussero in Egitto e lo rivendettero a Putifarre, ministro di Faraone.

• Giacobbe ed i suoi figli in Egitto. Giuseppe in Egitto con la sua virtù si guadagnò subito la stima e l’affezione del suo signore; ma poi, calunniato dalla padrona, venne cacciato in prigione. Ivi stette due anni, cioè fino a tanto che, per aver interpretato al Faraone, ossia re d’Egitto, due sogni e profetizzato che sette anni di abbondanza sarebbero seguiti da sette anni di carestia, fu liberato e creato viceré d’Egitto. Nel tempo dell’abbondanza Giuseppe fece grandi provvisioni, sicché quando la fame cominciò a desolare la terra, l’Egitto rigurgitava di viveri. Da tutte le parti si dovette accorrere colà per comprarvi del grano; Giacobbe fu pure costretto a mandarvi i suoi figliuoli, i quali a prima giunta non riconobbero Giuseppe; riconosciuti però da lui, e dopo che egli loro si manifestò, ebbero l’incarico di condurre in Egitto il padre con tutta la sua famiglia. Giacobbe desideroso di abbracciare il figlio diletto, vi andò, e dal re gli fu assegnata per dimora sua e dei suoi la terra di Gessen. Dopo 17 anni di dimora in Egitto, Giacobbe vicino a morte, radunò intorno a sé i suoi dodici figli, in un con i due figli di Giuseppe, per nome Efraim e Manasse; raccomandò loro di ritornarsene nella terra di Canaan senza però dimenticare le sue ossa in Egitto, li benedisse tutti in particolare, predicendo a Giuda che lo scettro, ossia la sovrana potestà, non sarebbe uscito dalla sua discendenza fino alla venuta del Messia.

• Schiavitù degli Ebrei in Egitto. I discendenti di Giacobbe chiamati ebrei o israeliti, per alcun tempo furono rispettati e tollerati dagli Egiziani. Ma, essendo poi essi cresciuti in grandissimo numero, tanto da formare un gran popolo, da un altro Faraone, che regnò più tardi, vennero oppressi sotto il giogo della più dura schiavitù, e condannati persino a gettare nel fiume Nilo tutti i figli maschi appena nati.

• Liberazione degli ebrei per mezzo di Mosè. Sotto l’orrenda schiavitù d’Egitto, il popolo ebreo sarebbe perito tutto intero, né avrebbe rivedutola terra di Canaan, se Iddio non veniva a strappano prodigiosamente dalle mani dei barbari oppressori. Un bambino ebreo di nome Mosè era stato provvidenzialmente salvato dalle acque del Nilo dalla stessa figlia di Faraone, e da lei fatto istruire ed educare nella reggia di suo padre. Di lui si servì Iddio per liberare il Suo popolo, e adempiere in esso le promesse fatte ad Abramo. A Mosè adunque, fatto adulto, comandò Iddio che, in compagnia di suo fratello Aronne, andasse da Faraone, e gli ordinasse di lasciare partire gli ebrei dall’Egitto. Faraone si rifiutò. - Allora Mosè, per vincere il cuore indurito di lui, armato di una verga, percosse l’Egitto con dieci prodigiosi e terribili castighi, detti poi le Piaghe d’Egitto, ultimo dei quali fu che un Angelo in sulla mezzanotte, incominciando dal figlio del re, uccise tutti i primogeniti egiziani, sia degli uomini che degli animali. La notte in cui avvenne quell’eccidio, gli ebrei per comando di Dio, celebrarono la prima volta la festa di Pasqua, che vuol dire passaggio del Signore. - Questo fu il rito prescritto da Dio: che ogni famiglia uccidesse un agnello senza macchia, e segnasse col sangue di esso la porta di casa, la quale resterebbe così salva nel passaggio dell’Angelo; che ne arrostisse le carni, e poscia le mangiasse in veste da viaggio e col bastone in mano, come gente preparata per la partenza. Quell’agnello era figura dell’Agnello immacolato Gesù, il quale col Suo sangue avrebbe salvato dalla morte eterna tutti gli uomini. Faraone e tutti gli egiziani, alla vista dei loro figli morti, senza più, scongiurarono gli ebrei a mettersi in cammino, e loro diedero tutto l’oro e l’argento ed ogni cosa che domandarono. Gli ebrei partirono, e dopo tre giorni si trovarono alle sponde del mar Rosso.

• Passaggio del mar Rosso. Ben presto Faraone si penti di aver lasciato andare gli ebrei; si pose tosto ad inseguirli col suo esercito, e li raggiunse presso al mare. Mosè, confortato il popolo, che era intimorito alla vista degli egiziani, stese la sua verga sul mare, e le acque si divisero da riva a riva fino al fondo, lasciando una lunga via agli ebrei, che passarono a piede asciutto. Faraone ostinato nella perversità, si cacciò anche esso per quella via; ma, appena fu dentro, giù caddero le acque, e quanti erano, uomini e cavalli, perirono annegati.  Prosegue ...