Comunicato numero 153. Il Pater Noster e la preghieraStimati Associati e gentili Sostenitori, oggi affronteremo tre vicende o argomenti: Marta e Maria; il «Pater noster»; le parabole sulla preghiera.

• § 441. Durante la sua peregrinazione, Gesù giunse alle immediate vicinanze di Gerusalemme; entrato in un villaggio, che San Luca non nomina, fu ospitato da due sorelle di nome Marta e Maria. Sono le sorelle di Lazaro, delle quali parla anche San Giovanni (IV Vangelo, 11, 1 seguenti), e perciò l’innominato villaggio deve essere Bethania; con l’insieme della narrazione concorda anche la situazione di Bethania che è sulla strada pericolosa da Gerusalemme a Gerico, e quindi, se la parabola del buon Samaritano fu recitata poco prima dell’arrivo a Bethania, occasione alla parabola fu fornita dai luoghi stessi ove Gesù era di passaggio. Nella casa ospitale, certamente già nota a Gesù, chi appare governante è Marta, probabilmente la più anziana delle due sorelle ch’erano forse orfane: e non per nulla si chiama Marta (in aramaico «signora»), giacché ella provvede a tutto, dispone tutto, per fare degna accoglienza all’ospite e amico venerato. Il fratello Lazaro non figura affatto in questo episodio e non è neppur nominato; era egli forse appartato e già in preda a quella malattia che pochi mesi più tardi l’avrebbe condotto alla sua quatriduana dimora nella tomba (§ 489)? Non è impossibile, ma non sappiamo nulla di preciso. Quanto a Maria, ella sfrutta l’incessante operosità di sua sorella per starsene tranquillamente vicino a Gesù; dal momento che la brava Marta bada a tutto, la sorella minore ha agio d’ascoltare dalla bocca di Gesù quelle parole che trascinano folle e tramutano cuori. Marta va e viene affaccendata, passando per la stanza dei due, e cerca di raccogliere anch’essa talune delle parole di Gesù: ma la spigolatura è scarsa, perché sono molte le faccende domestiche; cosicché ad un certo punto un’amorevole invidiuzza - o meglio emulazione - verso la sorella, nonché una certa dimestichezza con l’amico di casa Gesù, la rendono ardita ad accenti di confidenza; fattasi dappresso disse: «Signore, non t’importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che s’unisca ad aiutarmi!». In altre parole Marta, solerte massaia e devota ammiratrice di Gesù, fa notare che, sbrigando più presto in due le faccende domestiche, le sorelle unite insieme potranno più tranquillamente godere della parola del maestro. Senonché Gesù, con confidenza eguale ma animata da un’idea ben più alta, le risponde: «Marta, Marta! Ti preoccupi ed agiti per molte cose, mentre di poche c’è bisogno o d’una sola. Maria, in realtà, si scelse la porzione buona, la quale non le sarà tolta». Erano infatti molte le cose materiali a cui badava la buona Marta, ma queste molte si potevano ridurre a poche, data la frugalità di Gesù e dei suoi discepoli presenti; e anche queste poche cose materiali erano trascurabili davanti a quell’una sola, ma spirituale, a cui convergeva tutta l’operosità di Gesù. Non aveva egli ammonito, nel Discorso della montagna, di cercare in primo luogo il regno di Dio con la certezza che esso avrebbe portato con sé per soprappiù tutto il resto? Quella era la porzione buona che Maria si era scelta. [N.B. Non si tratta di un’esortazione a trascurare i doveri del proprio stato, per le donne ordinariamente la cura del focolare domestico. Assolutamente no! Gesù intende esplicitare alla donna quella priorità necessaria alla salvezza, ndR]

• § 442. Subito dopo l’episodio di Bethania, San Luca colloca l’insegnamento del Pater noster, che San Matteo, invece, ha già riportato nel Discorso della montagna. La collocazione di Luca, come già rilevammo (§ 371), sembra più a suo posto storicamente, perché ha la seguente introduzione che dà ragione dell’insegnamento. «E avvenne che, mentre egli era in un certo luogo pregando, appena terminò, uno dei suoi discepoli gli disse: “Signore, insegnaci a pregare, come pure Giovanni (il Battista) insegnò ai discepoli suoi”. Disse quindi loro: “Quando preghiate, dite: Padre noster, ecc.”». Ma fu questa veramente la prima volta che Gesù insegnò a pregare ai suoi discepoli? Se si risponde in maniera affermativa resta da spiegare come mai Gesù, dopo tante norme di formazione spirituale impartite a quei suoi prediletti, non avesse mai toccato questo punto così importante relegandolo agli ultimi mesi di sua vita. Ovvero questa volta Gesù tornò sopra ad un argomento già trattato, spiegandolo e confermandolo sempre meglio? Ciò sembra più verosimile; e allora le collocazioni sia di Luca che di Matteo avrebbero ciascuna la sua parte di ragione. Se, pertanto, questo rinnovato insegnamento del Pater noster avvenne poco dopo l’episodio di Bethania, è anche naturale che avvenisse nei pressi di Bethania. Nel secolo IV si additava il vicino monte degli Olivi come luogo ove Gesù ammaestrò i discepoli, ma solo verso il secolo IX si hanno le prime affermazioni che ivi fosse insegnato il Pater noster. Nell’anno 1345 Nicolò da Poggibonsi scriveva: «(...) Vai a monte Uliveto; e a parte destra, sopra la via, si è un muro, insu una chiesa, ma ora si è  guasta, che non c’è se non l’amattonato. Di sotto si c’è una cisterna, e al ponente, in sul muro, si c’è una grande pietra, nella quale si vedea scritto tutto il Paternostro. E ivi il nobile Jesù Cristo fece il Paternostro, e diello agli Apostoli (Libro d’Oltramare, I, pag. 165). Oggi, nella rinnovata chiesa dell’Eleona, presso la vetta del monte degli Olivi, la prima preghiera cristiana è parimente scolpita in lingue d’ogni stirpe umana.

• § 443. Insegnata la formula, Gesù continuò l’insegnamento sulla preghiera illustrandone particolarmente le principali qualità, che erano la tenacia e la fiducia. La preghiera, secondo Gesù, doveva essere tanto insistente e tenace, da sembrare quasi petulante: la norma infatti viene illustrata con una breve parabola, che è un bell’esempio di petulanza palestinese. In un villaggio qualsiasi vi sono due amici, uno dei quali a notte inoltrata riceve la visita d’un suo conoscente che è in viaggio e desidera alloggiare quella notte presso di lui. Un giaciglio si fa presto a prepararglielo; ma il viandante ha pure fame, e come si fa a servirlo se tutto il pane disponibile in casa è stato consumato nella cena di quella sera? Non resta che andare a chiederne in prestito; ma dove andare, che l’ora è tarda e tutti dormono? Non c’è da tentare che presso l’amico; è già mezzanotte, ma avrà pazienza e farà questo favore. Difatti l’amico ospitante va all’uscio dell’altro e comincia a bussare a distesa: «Ehi! Ehi! Prestami tre pani. È capitato da me un conoscente in viaggio, e non ho che mettergli davanti?» - Quello di dentro, risvegliato bruscamente, pensa ch’è un’indiscrezione bell’e buona: «Non mi dar seccature! La porta è già inchiavata, e i miei figlioli stanno con me a letto! Non posso alzarmi! (...)». Ma se quello di fuori non si lascerà disanimare dalla prima ripulsa, e seguirà invece a bussare e strepitare, quello di dentro alla fine cederà, se non in forza dell’amicizia, certo in forza della seccatura. E Gesù concluse: «Anch’io dico a voi: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Ognuno infatti che chiede riceve, e che cerca trova, e che bussa gli sarà aperto”». Ciò valeva per la tenacia della preghiera. Ma da quale considerazione morale doveva essere alimentata quella tenacia? Donde proveniva la fiducia d’essere esauditi? Anche questo punto fu illustrato da Gesù con brevi esempi pratici. «A chi di voi, essendo padre, il figlio domanderà un pane, gli darà forse un sasso? Oppure anche un pesce, forse invece d’un pesce gli darà un serpente? Oppure chiederà un uovo, gli darà uno scorpione?» (Luca, 11, 11-12). (Infatti i grossi scorpioni palestinesi hanno il ventre ovale e biancastro, cosicché, visti rovesciati, dànno l’impressione d’un uovo). In questo modo, dunque, si comportano i padri terreni; ciò offre il terminus a minori alla comparazione che fa Gesù, il quale prosegue: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare doni buoni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, quello nei cieli, darà cose buone a quei che lo pregano?» (Matteo, 7, 11).

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Da «Vita di Gesù Cristo», Imprimatur 1940, Giuseppe Ricciotti (preghiamo l'Eterno riposo ...), 7a Edizione, 32° - 36° migliaio, Encomio solenne della Reale Accademia d’Italia, Rizzoli & C. Editori, Milano - Roma, 1941.