Comunicato numero 167. Gli operai della vigna del Signore

Stimati Associati e gentili Sostenitori, vi ringraziamo per le numerose condivisioni ed interazioni con le nostre pagine Facebook (Sursum Corda - Sant'Alfonso - San Francesco di Sales), azioni di lodevole proselitismo che la scorsa settimana sono notevolmente aumentate. Dice il Signore: «Quod in aure auditis, praedicate super tecta» - Quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. Facciamo in modo che i contenuti pubblicati sul nostro piccolo sito - uno fra miliardi, una voce sussurrata all'orecchio - raggiungano dunque il maggior numero di anime, tuttavia non dimentichiamo mai i doveri propri del nostro stato (siamo laici e NON predicatori), non eccediamo, siamo prudenti nel pensare e nell’agire e moderati nel parlare (oggi è più appropriato dire “nel postare”), sforziamoci sempre di conservare, grazie a Dio, quel contegno e quella dignità caratteristici del buon cristiano. Facciamo in modo che la nostra libertà non diventi occasione di scandalo e di caduta per i deboli, diceva l'Apostolo. Ed ancora, non diamo occasione al diavolo!

Veniamo alla consueta infarinatura di Sacra Scrittura ricorrendo al prezioso aiuto dell’Abate Giuseppe Ricciotti. § 488. Queste ricompense promesse da Gesù secondo quale criterio saranno distribuite ai suoi seguaci? Questo punto fu esposto da Gesù mediante una nuova parabola, presa anche questa dai costumi agricoli del paese. In Palestina, ai primi accenni della primavera, le vigne dànno molto da fare e i vari lavori di potatura, sarchiatura e altro, devono finirsi presto: prima che le viti si risveglino e comincino a gettare. Sono alcune settimane di lavoro intenso, nelle quali tutti i proprietari cercano braccia. Ora, il regno dei cieli è simile a un padrone di vigna, che al tempo di questi lavori uscì di buon mattino in cerca di braccianti. Recatosi sulla piazza del paese, ne trovò alcuni e, accordatosi con loro sulla paga, che sarebbe stata di un denaro d’argento al giorno (poco più d’una lira in oro), li inviò senz’altro alla sua vigna. Di nuovo verso l’ora terza di sole, cioè verso le nostre nove antimeridiane, quel padrone uscì sulla piazza e trovò altri braccianti inoperosi; disse perciò loro: «Andate anche voi nella mia vigna, e vi darò quello ch’è giusto». Uscì ancora verso l’ora sesta e l’ora nona, cioè verso mezzogiorno e le tre pomeridiane, e trovando altri braccianti inoperosi inviò anche questi promettendo il giusto. All’undicesima ora, cioè un’ora prima del tramonto, uscì nuovamente e, trovando ancora gente inoperosa, disse loro: «Ma perché state qui tutta la giornata oziosi?». E quelli: «Perché nessuno ci ha presi a giornata». Allora il padrone: «Ebbene, andate anche voi alla mia vigna». Calato il sole, il padrone disse al suo fattore: «Chiama i braccianti e pàgali, cominciando dagli ultimi arrivati per finire ai primi». Il fattore chiamò gli ultimi e consegnò loro un denaro d’argento a ciascuno; gli altri braccianti, che tenevano d’occhio il pagatore, vedendo che gli ultimi erano ricompensati così lautamente, speravano che la stessa lautezza sarebbe stata impiegata con loro: e invece, man mano che vennero quelli dell’ora nona e della sesta e della terza, ricevettero tutti lo stesso; perfino quelli impegnati al primo mattino ricevettero egualmente un denaro d’argento. Questi allora, nella loro delusione, cominciarono a brontolare contro il padrone dicendo: «Come? Gli ultimi venuti hanno lavorato appena un’ora e al fresco, e tu li hai trattati alla pari con noi che abbiamo sopportato tutto il peso della giornata e il caldo?». Ma il padrone rispose a uno dei brontolanti: «Amico, io non ti faccio torto. Non ci siamo messi d’accordo per un denaro al giorno? Te l’ho dato, e quindi va’ per i fatti tuoi. Se io voglio dare al bracciante giunto per ultimo quanto ho dato a te, non mi è forse lecito di fare della roba mia quel che mi pare? Oppure non mi è lecito mostrarmi liberale con i tuoi compagni, se l’occhio tuo diventa invidioso della mia liberalità?». Gesù infine chiuse la parabola dicendo: «Così gli ultimi saranno primi e i primi ultimi». Gli scritti rabbinici ci hanno trasmesso vari paragoni che mostrano notevoli analogie con questa parabola di Gesù [Si veda tutto lo Zwanzingter Exkursus di Strack e Billerberck, Op. cit., vol. IV, parte prima, pagine 484-500]; ma, oltre ad essere posteriori in ordine di tempo, mirano anche a insegnamenti diversi. L’insegnamento generico di questa parabola è che la liberalità di Dio si riversa su chi vuole e nella misura che vuole, e che la ricompensa finale per i seguaci di Gesù sarà nella sua parte essenziale eguale per tutti. I braccianti della vigna non adombrano, a rigore, i ricompensati del regno dei cieli, i quali certamente non brontolano né accusano di parzialità chi li ha ricompensati, né sentono invidia per altri: adombrano, invece, storicamente quei seguaci di Gesù che in vista del regno dei cieli si ritenevano per qualsiasi ragione più adorni di meriti che altri, e specialmente quei Giudei di spirito onesto ma di mentalità strettamente giudaica che si ritenevano tuttora più accetti a Dio per la loro appartenenza alla nazione eletta. Per costoro i pubblicani, le meretrici, e anche i pagani, potevano bensì essere ammessi nel regno dei cieli quando si fossero convertiti, tuttavia in quel regno sarebbero stati di gran lunga addietro ai fedeli e genuini Israeliti, pieni di millenari meriti al cospetto di Dio. Gesù invece insegna che siffatti primati scompariranno, e che la liberalità del Re dei cieli potrà far passare gli ultimi ai primi posti, cosicché coloro che già erano primi diverranno ultimi.

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Da Vita di Gesù Cristo, imprimatur 1940, Giuseppe Ricciotti (preghiamo l'Eterno riposo ...), 7a Edizione, 32° - 36° migliaio, Encomio solenne della Reale Accademia d’Italia, Rizzoli & C. Editori, Milano - Roma, 1941.