Stimati Associati e gentili Sostenitori, rispondiamo ad alcune obiezioni utilizzando il volumetto SOS «Brevi risposte a varie difficoltà», G. Monetti, imprimatur 1944.

Dicono i detrattori e finti propugnatori della libertà di espressione: «Tutta la Chiesa celebra la festa di Maria Immacolata come una delle principali solennità dell’anno né ho di che contestare. Però non so liberarmi da questo pensiero insinuante che mi tormenta, eccolo. La Madonna è santissima: però, se fu concepita e nacque immacolata, perciò senza fomite di peccato, non fu suo merito se in lei non si riscontrò mai neo di colpa! Perché dunque onorarla tanto per cosa in cui essa non c’entra affatto, né con uno sforzo qualsiasi, né con un atto personale vittorioso, conquistatore?». Rispondiamo: Certo la Madonna non ebbe alcun merito nell’essere stata concepita senza peccato, essendo ciò un puro privilegio della divina grazia; — è certo altresì che la sua Immacolata Concezione le valse l’altro privilegio d’andare immune perfettamente dal fomite della concupiscenza, conseguenza di quello. — Del pari è certo che quel cumulo incalcolabile di grazie, onde fu insignita nel primo suo istante — già superiore a quanto mai ebbero od avranno tutti gli Angeli e Santi insieme — fu anche esso per Lei privilegio, non merito. Ma che perciò? E quindi? — Quando si tratta di persone di grado ed a noi care, noi facciamo festa, e giustamente, non soltanto per quello che è frutto di loro forza e sagacia, onorandone così il merito; ma festeggiamo altresì ogni loro fortuna, quale il riacquisto della sanità, il felice compimento di un loro desiderio, il giorno del oro onomastico, il loro compleanno ... E perché mai, dunque, non festeggiare la bellezza Immacolata di Maria Santissima, alla quale inneggia perennemente tutto il Paradiso? — Siamo i beneficati di Maria SS., siamo suoi figli; perché non godere dei suoi privilegi, far festa nostra ciò che è una festa per Lei? — Il volerle bene non importa forse questo? — E che altro sarebbe la simpatia per Lei? Tuttavia subito dopo quelle prime, del tutto gratuite, effusioni della grazia divina in Lei, cominciarono per Lei meriti incalcolabili, cui ella vanno man mano accumulando, mercé la sua «libera corrispondenza» alla grazia ricevuta. Per tale corrispondenza, essa si confermò sempre meglio sia nell’innocenza sia nella santità, che — in rigore di termini — anch’essa poteva perdere, nonostante fosse immacolata e senza fomite, come di fatto le avevano perdute Adamo ed Eva, innocenti anch’essi  e senza concupiscenza. Diremo dunque che Maria Santissima non ebbe il merito d’interne vittorie, perché lotte interne mai non ebbe a sostenere: ebbe, invece, il merito immenso di sempre ulteriore volontaria ascesa nella santità per il continuo suo operare virtuoso. Né è da credere che il mancarle il merito della lotta interna sia un’ombra per lei: tutt’altro. Infatti ciò si riduce al non esservi mai stato in lei alcun disordine, neanche involontario, neanche passeggero; il che è somma lode, non biasimo. — Anche in questo il suo Divin Figliuolo Gesù la volle a sé somigliante! Né il merito si desume propriamente dall’entità di ostacoli superati, ma dall’intensità dell’atto di volontà che li superava; oltreché dallo stato di grazia e dagli aiuti soprannaturali che vivificarono soprannaturalmente tale atto. Orbene l’intensità di quell’atto, — com’è provocata dalla presenza degli ostacoli a modo di reazione contro di essi, — così può aversi, e ben più perfettamente, dall’intensità dell’abito virtuoso onde emana quell’atto, com’anche semplicemente dalla libera volontà, che, cooperando alla grazia, vi pone tutta la sua energia. Dobbiamo anzi notare che, anche dove sussiste la concupiscenza, lo sforzo nel compiere il bene va progressivamente facendosi meno necessario — per essere le contrarie passioni sempre meglio domate, — mentre l’intensità degli atti (e conseguentemente il loro merito) va crescendo in proporzione del progressivo rafforzarsi degli abiti virtuosi, della maggiore perfezione istrinseca agli atti e della maggiore grazia che li impreziosisce al divino cospetto. E così, quant’uno è più santo, tanto meno — normalmente e a parità di altre condizioni — ha da combattere contro se stesso; — viceversa egli merita assai più che non gli imperfetti ancora immortificati. Infatti, parte delle costoro energie virtuose deve ancora consumarsi in affrontare gli ostacoli — le tre fiere dantesche — ond’è loro conteso il bel salire «al dilettoso monte» della santità; il santo invece, già domate le dette fiere, attua tutte le sue energie nell’oggetto dell’atto virtuoso, aderendo pienamente ad esso ...

a cura di CdP