«Come insegna la Scrittura […]. Contro le maligne invenzioni di taluni, i quali “con un parlare solenne e lusinghiero ingannano i cuori dei semplici” [Rm. 16,18], bisogna affermare che non solo con l’infedeltà [Can. 27], per cui si perde la stessa fede, ma anche con qualsiasi altro peccato mortale, si perde la grazia già ricevuta della giustificazione, anche se non si perde la fede [Can. 28]. Con ciò difendiamo l’insegnamento della legge divina, che esclude dal regno di Dio non soltanto gli infedeli, ma anche i fedeli immorali, adulteri, effeminati, sodomiti, concubini, ladri, avari, ubriaconi, malèdici, rapaci [cf. 1Cor. 6, 9 s], e tutti gli altri che commettono peccati mortali, da cui con l’aiuto della grazia potrebbero astenersi ed a causa dei quali vengono separati dalla grazia del Cristo [Cann. 27]». Cap. 15 del «Decreto sulla giustificazione», Concilio di Tento, Sessione VI, 13 gennaio 1547, in «Denzinger», 2009, numero 1544.

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